Qualora ve ne fosse la possibilità proporrei, per Vincenzo, il titolo “ad honorem” di “Casaro”.
Il “casaro” moderno lavora il latte per ottenerne formaggio, nel rispetto delle antiche tradizioni, o con l’utilizzo di nuove tecnologie, usando coadiuvanti come i fermenti lattici ed il caglio, occupandosi anche della preparazione dei prodotti “freschi” come lo yogurt e la ricotta.
Nel profilo professionale del casaro rientra la pesatura del latte, l’aggiunta del caglio, la messa in forma, la scrematura, la produzione del burro, la cura dorante la stagionatura del formaggio.
Una volta, chi occupava questa qualifica professionale, costituiva un riferimento autorevole per tutto il paese poiché era ritenuto quasi uno stregone, era ciè colui che riusciva a trasformare un liquido (il latte) in un solido commestibile e squisito come il formaggio.
Ma Vincenzo Denofrio, l’ex Appuntato di Polizia Penitenziaria, (n. Sassari 04.01.45) oggi felicemente pensionato è qualcosa di più. Egli è rimasto profondamente appassionato per il suo lavoro ed è stato (ed è ancora) in grado di svolgere al meglio ogni attività in cui si applica.
Si tenga presente che l’attività di Agronomo occupava totalmente la mia giornata e restava pochissimo tempo, che era insufficiente per spiegare a chicchessia le tecnologie casearie.
A volte appena mi recavo in ufficio c’era qualche evenienza imprevista che mi obbligava a cambiare programma, allora avevo preso l’abitudine di recarmi al caseificio ogni mattina, all’inizio della giornata ed in quelle occasioni, verificavo che non mancasse nulla sopratutto nell’igiene e nella pulizia dei locali e delle persone, si controllavano tutte le procedure e, se si presentava un problema, consigliavo le modifiche per raggiungere il risultato ottimale, poi ogni tanto, quando il tempo si riduceva ulteriormente allora un biglietto ricordava, a tutti, i passi necessari da eseguire, ma nulla di più.
Faccio queste affermazioni perchè sia Vincenzo Denofrio, che le persone che con lui lavoravano nel Caseificio di cui ricordo ancora i nomi, Puggioni G, Mereu F., Fania A, Mereu. P, hanno sempre dovuto aguzzare l’ingegno e le orecchie per captare le informazioni loro necessarie, ma riuscivano a svolgere il lavoro in modo egregio
ed erano veramente bravi!
ognuno nel proprio ruolo differente.
Purtroppo, per la fretta che era una costante della mia attività, non ebbi mai l’occasione di dirlo agli interessati, compreso Vincenzo ed oggi, a distanza di tantissimi anni, mi permetto di scriverlo per ringraziarli tutti, in modo sincero e perché resti a futura memoria.
Ve lo mostro, Vincenzo, in una foto del dicembre 1985 dopo una battuta per la cattura dei mufloni, animali che vennero catturati più volte per diminuire il carico sulle zone di pascolo e che furono rilasciati in varie zone della Sardegna ad opera dell’Azienda Foreste Demaniali (ora Forestas).
Vincenzo partecipava, ad esempio, alle battute per la cattura degli ungulati ed in quel caso lo si poteva veder correre, con l’agilità di un muflone, sugli impervii graniti di Stretti, per “alzare” il branco più consistente ed indirizzare il più alto numero di capi verso il punto ove erano state piazzate le reti di cattura.
Ricordo ancora che si partiva da Cala d’Oliva, molto prima del sorgere del sole, alle 04,30 perchè alle 5,30, ancora con il buio, bisognava essere già in posizione per dare inizio alla battuta.
Partecipavano alla cattura circa quindici – venti detenuti, una decina di agenti quasi tutte le guardie a cavallo in servizio nell’isola.
Quando i mufloni, precedendo i battitori, impegnavano il recinto era necessario rapidamente entrarvi, in gran numero, per immobilizzare tutti gli animali, prima che si potessero fare del male, urtando contro i paletti di sostegno delle reti alte 3 metri.
Gli animali catturati venivano portati a Cala d’Oliva “all’orto di Paonessa” in una stalla appositamente predisposta in cui, successivamente, erano accuratamente visitati dal veterinario convenzionato il Dr. Antonio Monti di Alghero e mantenuti, fino al carico nelle casse apposite dell’Azienda Foreste Demaniali, per il viaggio sulla Motonave Gennaro Cantiello, verso la destinazione di ripopolamento.
Mufloni (Ovis Musimon)
Nell’arco degli anni di servizio all’Asinara la Direzione predisposte, con cadenza biennale, tre catture di mufloni ottenendo numeri consistenti, il prelievo, purtroppo fu in misura sempre decrescente, in ragione della complessità delle operazioni.
Le catture erano finalizzate:
– al controllo dello stato di salute dei mufloni,
– a diminuire il numero di capi dei branchi,
– a ridurre le periodiche morie che regolavano naturalmente le consistenze,
– a procedere nell’intento di rendere accettabile la pressione del carico di bestiame dell’azienda agrozootecnica sul territorio isolano.
Battute al muflone
data femmine maschi totale
12.12.1985 30 19 49
02.02.1987 28 12 40
27.09.1989 01 00 01
per un totale di 90 capi ceduti, tramite una Convenzione stipulata con l’Azienda Foreste Demaniali di Sassari che procedette al ripopolamento di varie zone della Sardegna (Su Filigosu – Monte Limbara – Monte Olia).
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Ricordo che, successivamente alla cessione, le famiglie dei detenuti provenienti dai territori dove erano stati liberati riferivano, ai parenti in visita, lo stato di salute degli animali. Quando poi mi incontravano mi riportavano le notizie ricevute, non senza una punta d’orgoglio e con dovizia di particolari. Questo per dimostrare il loro attaccamento alla terra d’origine e al lavoro che erano chiamati a svolgere.
Una volta terminata l’attività di servizio, Vincenzo potevi trovarlo con Filippo e Piera al porto di Cala d’Oliva, intento a sistemare i palamiti da gettare a mare, oppure lo scorgevi fra le onde, navigando al largo per catturare, a traina, qualche dentice o orata.
Dedico questo pezzo al carissimo amico Vincenzo Denofrio ed alla sua famiglia.
So che sarà contentissimo di leggere questo articolo, spero ardentemente di aver interpretato correttamente quello che la sua bocca non ha mai detto, ma che i suoi occhi mi raccontano sempre ogni volta che ci incontriamo.
Carlo Hendel
02 maggio 2017
UN COLPO ALLO STOMACO.
Questa sera, molto tardi, sono stato colpito da un violentissimo colpo allo stomaco. La comunicazione di un amico che mi ha informato della scomparsa di VINCENZO DENOFRIO, amico personale ed ammiratore dell’Asinara e di tutti coloro che la amano.
Moltissimi, tra cui chi scrive, sinceramente addolorati, piangeranno calde lacrime per la sua improvvisa scomparsa.
In questo momento non ho a disposizione molte parole per descrivere il vuoto che lascia la figura di VINCENZO DENOFRIO, per parlarvi dell’affetto che il mio amico VINCENZO ha sempre dimostrato in ogni occasione, ogni qualvolta sia stato possibile.
Riesce sempre più difficile, in questo periodo della mia vita, sfogliare un album da cui mancano parti importanti come VINCENZO. Penso con sgomento all’immenso dolore della moglie Rossana, alla disperazione dei figli Piera e Filippo delle rispettive famiglie e di tutti i nipoti che stravedevano per il nonno ed avevano Vincenzo come importantissimo riferimento di affetto e di vita.
Molto ho scritto su VINCENZO e sul “Casaro dell’Asinara” e sono stato contentissimo quando nel 2018 l’ho visto, accompagnato da Gianmaria, nuovamente risalire i gradini del Caseificio di Cala D’Oliva, insieme alla moglie Rosanna, a Piera e al nipote, in occasione della manifestazione “Musei Aperti”.
Vorrei ricordare VINCENZO DENOFRIO in questo modo.
Questo post è stato inserito nella pagina fb degli “affetti dal mal d’Asinara” il 04 giugno 2020
I ricordi hanno vita propria.
Ogni tanto sperimentiamo il fatto che un ritornelllo di una vecchia canzone ci “ingombra” i pensieri e nonostante non ci siano motivi contingenti, torna e ritorna impeterrito alla nostra mente, e la voce lo canticchia davanti allo specchio, la mattina quando il sole fa capolino
Anche le figure delle persone che ci sono state più vicine, con il loro affetto, la stima o semplicemente la simpatia, ci esprimono, attraverso i ricordi, la loro presenza costante. Guardate questo biglietto che Piera ci ha voluto regalare, evidentemente fà parte di quel bagaglio che ognuno si porta dietro…….
Si tratta della “tessera” che veniva rilasciata ad ogni appartenente all’Amministrazione Penitenziaria per accedere alla sala cinematografica dell’Asinara. Ed è intestato a Vincenzo Denofrio, il padre recentemente scomparso.
E’ un documento su cui non posso non spendere qualche parola, sicuramente non di circostanza, poichè il semplice foglietto di carta è intriso di una “dolcezza” unica, per due semplici ragioni.
– La prima e più importante è che mi hanno attraversato la mente i pensieri di Piera quando ha trovato il tesserino e di Filippo quando lo rivedrà .
– La seconda ragione è che all’Asinara, tutti gli abitanti e coloro che vi lavoravano, si conoscevano perfettamente tanto da rendere quasi superfluo quel “tesserino”.
Però resta ciò di cui ho parlato in premessa!
Carlo