Il presente documento analizza, in tutti i molteplici aspetti, il significativo ritrovamento di un manufatto in terracotta, prodotto nell’anno 1916, dai prigionieri austro – ungarici, ritrovamento avvenuto nell’anno 1977 sull’Isola dell’Asinara.
In particolare, si tratta di una piccola pipa di terracotta.
La pipa, come diversi altri manufatti, rappresenta un prezioso pezzo di storia ed insieme, la testimonianza della creatività dei prigionieri austro-ungarici, durante il periodo della Prima Guerra Mondiale.
Un significativo attestato di gradimento deve essere riconosciuto al contributo di Antonio Maria Sanna, Appuntato degli Agenti di Custodia in servizio all’Asinara dal 1973 che, dopo aver rinvenuto l’oggetto, ne ha gelosamente curato per ben 47 anni, la conservazione.
Introduzione
L’Isola dell’Asinara, è ormai risaputo, divenne luogo di reclusione per circa 25.000 prigionieri austro-ungarici nel 1916, un periodo estremamente complicato per la vita dell’isola che ha comportato importanti stravolgimenti per il numero esagerato di persone che vi hanno soggiornato e per le modifiche apportate all’ambiente da questa massiccia presenza antropica.
La stessa vita dell’isola, in questo periodo di pochi anni, è stata stravolta dall’evento con l’avvio di funzioni fino allora sconosciute (sbarchi di natanti di varia stazza, sepolture di massa, attività di modifica del territorio, sistemi di comunicazione e di trasporto) e il trascorrere del tempo sta via, via, rivelando una ampia collezione di manufatti in terracotta, tra cui pipe, tabacchiere e portacalamai che testimoniano alcune attività di quel periodo.
Tali reperti, che separati potrebbero apparire come piccoli manufatti di scarso valore, se organicamente catalogati e mostrati in una esposizione nell’isola, avranno modo di mostrare il loro autentico valore di documenti storici.
Pervenuta nell’anno 2023 la “Pipa austro-ungarica” è stata oggetto di un accurato lavoro di ricerca e di documentazione, analogamente a ciò che è avvenuto in occasione del rinvenimento del 28 novembre 2020, da parte di Ivan Chelo, di un piccolo, suggestivo bassorilievo in terracotta lasciato, da mani ignote sulla grata di chiusura dell’Ossario.
Il ritrovamento
A dispetto del tempo trascorso Antonio Maria Sanna ha esplicitamente voluto fornire notizie, il più possibile accurate, sul ritrovamento e la sua localizzazione. Si è potuto apprendere quindi che la scoperta dell’Appuntato fu del tutto casuale ed avvenne durante l’attività di raccolta legna da ardere, eseguita quotidianamente nella Diramazione di Campo Perdu, dove l’Appuntato era comandato nel servizio di “squadra”, un servizio che comprendeva varie attività, tra cui quella di condurre al lavoro un gruppo consistente di detenuti comuni ristretti nella Casa di Reclusione dell’Asinara.
La localizzazione del punto di ritrovamento del reperto, indica, con buona approssimazione, l’adiacenza del locale dove, nel 1916, si lavorava l’argilla, ubicato alle spalle dei locali che, successivamente, saranno adibiti a ricovero dei suini della Casa di Reclusione.
Descrizione del manufatto
La pipa, risalente all’anno 1916, presenta segni ed incisioni che narrano storie di prigionia e testimoniano la discreta manualità artigianale espressa dai prigionieri austro-ungarici.
La pipa, con le sue precise dimensioni di 44,7 mm x 50,4 mm ed un fornello della circonferenza esterna di 30 mm, è stata oggetto, nel 2024, di misurazioni accurate ed appositamente corredata da dettagliata documentazione fotografica. L’esame ha fornito dettagli essenziali sulle tipologie costruttive e sull’utilizzo dell’oggetto.
L’ingrandimento del piccolo manufatto ha rivelato ulteriori particolari sulla sua costruzione.
Il rinvenimento fortuito dei frammenti del manufatto, nel 1977, è stato seguito, nel tempo, da una “ricostruzione artigianale” per lo più finalizzata a non disperdere le parti della pipa, purtuttavia la pipa risulta priva di alcuni frammenti, adeguatamente individuati nella seguente fig. 2.
Le lacune
Una porzione mancante è individuabile sul lato destro della pipa, all’imbocco del camino” (Fig. 2).
Nella stessa immagine è stata evidenziata la porzione di ceramica fuoriuscita dallo stampo. La porzione, contraddistinta da tratteggio continuo orizzontale, di colore bianco, inizia dal naso del soggetto rappresentato, comprende la bocca ed il mento e termina all’inizio del primo fregio sottogola.
Tale particolarità conferma che nella costruzione dei manufatti, i prigionieri austro ungarici, utilizzassero calchi in gesso, materiale notoriamente friabile, per cui l’utilizzo ripetuto provocava evidentemente leggere abrasioni dei “semi-calchi” in gesso e di conseguenza, la imperfetta chiusura delle due parti che lasciava fuoriuscire la terracotta. Il manufatto andava rettificato, dopo aver subito una essiccatura all’aria e prima della cottura al forno.
Il lato sinistro della pipa:
– è privo di una porzione triangolare, con ipotenusa di mm 14,2, (nella fig. 4 è contraddistinta da un pallino rosso) collocata in corrispondenza dell’orecchio;
– mostra una linea di frattura verticale, sul copricapo, di 20,45 mm (ricomposta con adesivo non specifico) evidenziata nella fig. 4 da una leggera linea tratteggiata di colore giallo;
– è significativamente visibile, un’impurità dell’argilla di colore bianco-giallastro (materiale siliceo), riconoscibile sul dorso del naso, una evidente imperfezione che, con molta probabilità, ha condotto l’artigiano a scartare l’oggetto.
Il cannello della pipa non era presente ed è stato apposto nel 2024 (foto 1 precedente) formato da una canna di bambù di piccolissime dimensioni, modellata al calore, per mostrare la pipa nella sua completezza funzionale.
Il contesto Storico
(Una piccola, graziosa tenda di color rosso-bruno.)
I prigionieri avevano iniziato dal 1916 l’attività di costruzione dell’oggettistica di terracotta, in primis, forgiando contenitori di varia natura, come specificato nella Relazione del Gen. Carmine Ferrari.
La lavorazione dell’argilla avvenne in un contesto particolare e per le esigenze urgenti del Comando Militare, preoccupato della scarsità di recipienti per i prigionieri, gravemente malati di dissenteria.
Osservando le terre argillose di Stretti e di Tumbarinu ” un antico operaio di una fabbrica di ceramiche di Budapest” di nome Károly Gay aveva immediatamente intuito il possibile utilizzo di questo materiale e, raccolta la terra rossa, l’aveva impastata con acqua, ed aveva realizzato una minuscola tenda da campo.[2].
L’ufficiale medico ungherese prigioniero di guerra, Robert Schatz indicherà nei suoi scritti i nominativi dei prigionieri di guerra che si dedicarono all’attività di preparazione dei manufatti d’argilla e della cottura, essi sono:
György Nemess
Károly Gay
János Arpád
István Szász
Tibor De Bottlik
per ognuno di questi prigionieri, in differente lavoro, è stata mostrata l’immagine di un’opera in terracotta, firmata e realizzata sull’isola.
Scrive ancora l’Ufficiale medico ungherese:
“Con il decreto emesso il 15 maggio 1916 dal comando fu costituito il “Museo dei Prigionieri di guerra” (Museo dei Lavori, in it. nel testo), il quale andò ad occupare più tardi una sala intera nell’edificio del comando stesso: il maggior decoro del museo è rappresentato dal vasellame in ceramica, le cosiddette “terrecotte”.
La creazione di un’attività artigianale del genere all’Asinara fu merito di un magiaro, il ceramista di Budapest Károly Gay, prigioniero a Stretti.
In qualche viaggio “ufficiale” – forse trasportò di peso un albero intero dalla montagna – con occhio allenato in un luogo tra Tumbarino e Stretti scoprì un’argilla che sembrava adatta. La sua mano abituata all’opera non poteva rimaner tranquilla. Raccolse, plasmò l’argilla, anzi la cosse persino in un focolare del tutto improvvisato, preparando in tal modo la prima terracotta dell’Asinara: una piccola, graziosa tenda di color rosso-bruno.
I medici prigionieri e gli italiani videro la cosa, e presto nacque l’idea di far costruire sul posto il vasellame mancante degli ospedali (erano molti i malati di enterite).
Il Comando fornì il materiale necessario all’abbisogna, in particolare i setacci per passare l’argilla, il gesso (non reperibile all’Asinara) con cui predisporre i calchi dei manufatti da modellare ed assegnò a Gay un locale ove impiantare l’attività.
Fecero perciò costruire per Gay una piccola fornace, probabilmente egli stesso arrangiò alla meglio una ruota del pentolaio; ricevette dagli italiani attrezzi, uno staccio [3], gesso e altro materiale necessario, si trovarono anche degli aiutanti, tra i quali un altro ungherese, János Arpád: il laboratorio entrò così in funzione.
Subito dopo, anche a Tumbarino fu impiantato un laboratorio ceramico.
Dalle fornaci dell’Asinara uscirono, uno dopo l’altro, piatti bruno-rossastri, tazze, portauova, catini, padelle, altro vasellame necessario.
Quando ormai gli ospedali ebbero avuto, in gran numero, la loro dotazione, si diede il via alla produzione di oggetti di fattura più raffinata, più artistica, come candelieri, portacenere, calamai, targhe commemorative e, perfino, statuine.
Gli ornamenti rappresentati nella pipa in terracotta
Il volto riprodotto nella pipa” (Fig. 7) è indubbiamente il volto di un antico soldato ungherese con folti baffi che mostra i suoi orecchini dotati di un vistoso pendaglio (quello del lato di sinistra del soldato non è visibile poiché ricompreso nella porzione triangolare mancante.
Il copricapo appare assimilabile a un turbante con il fregio laterale costituito da una mezzaluna, il che suggerisce plausibili indicazioni sulle origini delle guarnigioni austro – ungariche.
I fregi della stoffa del sottogola del soldato, si possono vagamente ravvisare in alcune immagini dei soldati prigionieri dell’Asinara.
La pipa diventa un simbolo tangibile della resistenza e della creatività in un contesto difficile.
Implicazioni Culturali e Museali: La donazione della pipa al Museo del Parco Nazionale dell’Asinara, grazie al contributo di Antonio Maria Sanna, potrà arricchire le collezioni esistenti, fornendo ai visitatori un’autentica testimonianza della vita dei prigionieri austro – ungarici, durante la Grande Guerra.
Ringraziamenti
Si rinnova la gratitudine a Antonio Maria Sanna per il suo contributo essenziale nella scoperta e nella conservazione di questo straordinario reperto storico, auspico che il suo gesto sia di sollecito a coloro che detengono interessante materiale storico ed archeologico, necessario all’Isola dell’Asinara per riannodare i fili della sua storia.
01 maggio 2024 carlo hendel
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Bassorilievo in terracotta