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S. Andrea IChelo2022

Il Monastero dei monaci Camaldolesi

Abbiamo già ampiamente descritto le meraviglie del luogo dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, ma come sempre più spesso ci troviamo atutela integrale ripetere, l’Asinara non è solo spiagge, perciò continueremo a parlarvi di queste meraviglie, osservando i luoghi attraverso le lenti della storia.

Se vi avviate per la strada che conduce a Fornelli, e sostate circa cento metri dopo il magnifico panorama immortalato dalla foto di Ivan Chelo nel 2022, scelta per l’immagine in evidenza di questo articolo, ed aguzzate la vista, potreste scorgere dei ruderi sparsi, cumuli di pietre che, a malapena, affiorano sopra i cespugli rigogliosi di euforbia e sovrastano le montagne di cisto.
Poi, più in basso, in una zona pianeggiante, si può osservare il fontanile in cui, ancor oggi, si abbevera il bestiame selvatico che transita nella zona.

Mi riferisco alla famosa spiaggia, collocata in zona A (in cui è totalmente impedito l’accesso), denominata Cala di S. Andrea, il bellissimo luogo che prende il nome dal Cenobio dei Monaci Camaldolesi di S. Andrea all’Asinara, la cui fondazione risale tra il 1216 e il 1227.
La struttura, dedicata al culto religioso, viveva delle fatiche dei frati che vi operavano e delle elemosine che gli abitanti dell’isola erano soliti elargire ai frati.

Pietro IV il Cerimonioso (Monast. di S. M di Poblet, 1400)

Pietro IV il Cerimonioso

La raccolta delle offerte era però estremamente difficoltosa a causa delle lunghe distanze da percorrere e della scarsità numerica della popolazione residente all’Asinara, perciò nel 1351 Pietro D’Aragona, nel tentativo di evitare la chiusura del Cenobio, concesse a Pietro l’eremita, un’imbarcazione per poter raggiungere le località più popolate della costa sarda.
Le condizioni di isolamento non mutarono. Il regale dono non fu sufficiente a scongiurare la chiusura del monastero. Anche il ricambio generazionale dei confratelli stentava a causa del diffuso timore delle incursioni piratesche (cfr. il sito di Punta Barbarossa è molto probabile che sia stato utilizzato come punto di approdo delle navi corsare).
Questa lenta agonia si protrasse per molti anni finché,
 con la morte degli ultimi frati, la struttura fu definitivamente abbandonata e decadde rapidamente.1)

Nel periodo post medievale, i ruderi furono riutilizzati come cava di materiali da costruzione e sui resti del Monastero fu edificato un piccolo agglomerato rurale, un cuile (ce ne sono sparsi in tutta l’isola) evidentemente destinato ad una o più famiglie, dedite all’agricoltura e all’allevamento degli animali. (ingrandimento mappa google n°1).
Questi nuclei familiari, sicuramente dediti all’allevamento di bestiame, furono attratti dall’esistenza della vicina sorgente d’acqua che, oltre a dissetare gli abitanti, riforniva d’acqua l’abbeveratoio posto più a valle del complesso di ruderi (evidenziato nell’immagine n°2). Dopo la costruzione dell’alloggio si dedicarono alla sistemazione del sito con la fortificazione relativa del complesso e la costruzione delle tanche ove ricoverare e far pascolare, con sicurezza, il bestiame.

Ingrandimento mappale della zona di S. Andrea

Immagine n°1 – Ingrandimento della mappa google nella zona di S. Andrea

localizzazione manufatti S. Andrea

Immagine n°2 – Ubicazione dei manufatti

Esaurite le domande di coloro che conoscono i luoghi di cui abbiamo trattato, ora alleggeriamo il racconto, concludendolo con uno degli “strafalcioni” che valuteremo se riportarlo nell’apposito aggiornamento dell’articolo dedicato a questa diffusissima attività isolana.
Il fatto di riguardare, comunque, la sfera dell’esercizio religioso ci ha indotto ad allocare in questa porzione  l’articolo e lo abbiamo chiamato:  

 

 

Di seguito allego l’immagine contenuta nel testo di Nino Giglio “Asinara” riferita al testo di A. Giordo “Asinara vicende storiche del suo popolamento”

S. Andrea

Il mistero dell’EREMO di “risulta”

Per illustrare la criptica titolazione di questa parte di articolo, dovremo però spostarci sull’isola dell’Asinara, dalla zona di S.Andrea e raggiungere la amena Località di Elighe Mannu.

E’ di tutta evidenza il rimbombo, nelle orecchie del redattore dell’articolo, del proverbio che recita: “In questo mondo, non si finisce mai d’imparare” poichè esso corrisponde alla realtà delle cose.

All’Asinara, come nel resto dell’Isola e della Penisola, questo è il tempo di funghi, ed oggi è il 18 settembre 2022.
Se vi accingete a fare una passeggiata per l’isola di Ercole, dopo una pioggia copiosa e rinfrescante, potreste assistere alla comparsa dei funghi di Antunna (Pleurotus eryngii var. ferulae) che hanno la singolare caratteristica di crescere nei pressi della famigerata Ferula (Ferula communis L.) di cui abbiamo ampiamente trattato in altra parte di questo sito (quando si è parlato approfonditamente dell’asino bianco dell’Asinara).

Le zone in cui questo fungo proliferava erano distribuite omogeneamente particolarmente nelle vallate fresche ed ombrose dove l’umidità si raccoglieva fino a tarda mattina.
La diramazione di Case Bianche e la zona di Elighe Mannu non facevano eccezione e, negli anni piovosi, le raccolte, si protraevano fino al mese di novembre.

Nell’immagine che segue, dell’Archivio micologico (www.funghiitaliani.it), si può osservare il fusto della Ferula ormai secco, con due funghi ben sviluppati.

Pleurotus eryngii var. ferulae

Pleurotus eryngii var. ferulae

In tutta l’isola è pacifica la presenza dei funghi nei giusti periodi, ma che, insieme ai funghi, spuntassero anche gli “eremi a Elighe Mannu”, sinceramente era cosa, finora inedita, quasi come l’esistenza di una Cala Murighessa (trasfigurata).

E’ di tutta evidenza che la nascita dell’Eremo di Elighe Mannu si è “rivelata” dopo un’acqua piovana miracolosa, incessantemente caduta……

Il post che ha dato origine all’aggiornamento  (allegato di seguito) è stato opportunamente “schermato” per impedire di risalire facilmente all’autore che può benissimo averlo pubblicato,  in assoluta buona fede, il 12 settembre 2022.

ll Post su fb del 17 sett. 22

ll Post su fb del 17 sett. 22

Non contento del post del tutto esaustivo, ho proceduto a individuare il complesso sulla cartina di Googlemaps, che allego con l’indicazione del fabbricato.

L'immagine satellitare della zona di Elighe Mannu

L’immagine satellitare della zona di Elighe Mannu

La porcilaia di Elighe Mannu

A parte ogni battuta, messa in campo solo al fine di stemperare le affermazioni, mi permetto qualche ricordo sparso che mi porta a descrivere brevemente la conformazione dell’agglomerato (diramazione di Case  Bianche) sotto la cui “giurisdizione” territoriale ricadeva la “porcilaia” di Elighe Mannu.

La porcilaia nel 1983 era ormai cadente e le murature avrebbero retto ancora per poco, non c’era un locale da adibire a magazzino perciò la Direzione conferì all’Agronomo dell’epoca l’incarico di redigere il progetto della ristrutturazione.
Oltre al magazzino furono realizzati diversi box in cui le scrofe avrebbero potuto partorire con tranquillità, dotati delle relative protezioni per suinetti ed altri locali coperti dove poter raccogliere i suini per fasce d’età.

I lavori furono seguiti dall’allora Brig. Lorenzo Spanu e  per la mano d’opera, furono impiegati i detenuti di Case Bianche, selezionati tra quelli che dimostravano conoscenze pratiche di “arte muraria”.

L’amministrazione penitenziaria remunerava, per legge, il lavoro, con i due terzi della paga sindacale del corrispondente profilo di appartenenza e l’opera fu realizzata nel giro di quattro mesi, a cavallo degli anni 1983-84.

Dopo la cessione dell’isola al Demanio regionale (1997), i locali della diramazione di Case Bianche subirono l’abbandono, i suini erano stati trasferiti in altre colonie, così anche la Porcilaia di Elighe Mannu cadde in disuso.
Negli anni successivi, forse in relazione alla considerazione che il luogo fosse privilegiato dagli studiosi naturalisti che si avvicinavano all’isola dell’Asinara, il Parco pensò di farne un Osservatorio Botanico-forestale, dotato di aule didattiche e laboratori per lo studio e l’osservazione della flora.
La struttura è accessibile ai disabili e l’immobile fu ristrutturato con l’impiego di ingenti fondi pubblici (Ras).

L’attuale difficoltà di raggiungimento del sito è dovuta alle precarie condizioni della strada che, da Cala d’Oliva, conduce prima a Case Bianche e poi alla ex Diramazione di Elighe Mannu.
Di seguito allego due immagini del 2008, pubblicate nel sito regionale SardegnaDigitalLibrary – autore Chiaramida Antonello a cura di Nudda Graziano che contengono la seguente descrizione: “Elighe Mannu. Restauro di Vecchie strutture Asinara” da cui risulta evidente la magnifica esposizione del luogo.

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Orbene le ricerche personalmente effettuate non hanno offerto riscontri sulla notizia dell’esistenza di un “eremo” di qualsiasi “ordine monastico” in zona Elighe Mannu, in qualsiasi periodo storico.

L’istituzione, ex novo, di un eremo, se finalizzato ad utilizzare un fabbricato (porcilaia) trasformato con risorse pubbliche, non può che far piacere.
Che quel fabbricato possa essere denominato “chiesetta” non appare però azione consentita, se non in un post riservato e personale, non certo in un post pubblico.
La definizione “chiesa” o “chiesetta” che dir si voglia, presuppone tutta una serie di operazioni di tipo amministrativo e liturgico pubbliche che non sono riscontrabili in documenti ufficiali, in nessuna comunicazione, anche ufficiosa, del Parco Nazionale dell’Asinara, del Comune di Porto Torres o della Curia Arcivescovile di Sassari.

l'articolo sulla chiusura del Santuario

Articolo sulla chiusura del Santuario genovese

Certo che la singolare concomitanza con la notizia diffusa nei giorni scorsi (laRepubblica 18.09.2022) che sulle alture di San Fruttuoso, a Genova, sta chiudendo il famoso Santuario di Nostra Signora del Monte poiché sono rimasti solo quattro frati, potrebbe lasciare interdetti i nostri attenti lettori.

Ma in questa sede abbiamo deciso di riservare la nostra attenzione agli “strafalcioni” e altri criteri, come la coerenza, esulano……..

 

 

 


1)  Tesi di laurea magistrale in Archeologia di Marta Diana dell’A.A. 2016 – 2017 avente titolo “Ricognizioni Archeologiche nell’isola dell’Asinara”.

carlo hendel

Carlo nasce nei primi mesi del '50 e trascorre la sua infanzia a Roma, nella zona centrale della capitale, a “due minuti a piedi” da Piazza di Spagna. Di padre polacco e con la mamma abruzzese, Carlo aveva un fratello in Polonia, ed ha tre sorelle: una in Polonia e due in Italia. All'età di 22 anni si trasferisce nel paesino abruzzese di Barete e vi svolge attività libero-professionale per circa dieci anni. Consegue la nomina, da parte del Ministero di Grazia e Giustizia, alla Direzione Agrozootecnica della Casa di Reclusione dell'Asinara, evento che lo farà incontrare con l'isola e con la Sardegna. Vive e lavora con passione all’Asinara, per circa cinque anni, dal 1982. Alla vigilia della trasformazione dell’isola in Parco, partecipa come coautore, al volume “ASINARA” Storia, natura, mare e tutela dell’ambiente (Delfino Editore 1993) curato da A. Cossu, V. Gazale, X. Monbaillu e A. Torre, per la parte riguardante la Storia agricola e l’ordinamento carcerario. ------------------------------------------------------------------------------ L'Asinara non sarà più dimenticata. Blogger dal 2000 sotto vari pseudonimi, e con svariati blog. Nel 2007 pubblica una nota "L'Asinara - La storia scritta dai vincitori" con la quale, per la prima volta, rivendica per l'isola il suo "diritto inalienabile alla storia". Nel 2016 pubblica questo portale personale investendo notevoli energie e risorse solo con l'intento divulgativo e per testimoniare la storia dell'isola senza preconcetti o preferenze, per tutti i periodi e le vicissitudini attraversati dall'Asinara. Prosegue la sua attività lavorativa prima a Castelfranco Emilia (MO), poi a Roma (D.A.P.) ed infine a Viterbo ove maturerà il tempo della agognata quiescenza. All'età di 59 anni la sua vita cambia in modo importante, ma non è questa la sede propria di siffatta narrazione. -------------------------------------------------------------------------------------- Si definisce, da sempre, un ecoagricoltore e ancora oggi, produce olio biologico extravergine di oliva per autoconsumo, coltiva il suo orto con metodi esclusivamente naturali ed alleva animali da cortile. Carlo spesso ama dichiarare di aver avuto cinque o sei vite, ora ha due splendidi nipotini ed un diavolo per capello! Il resto lo lasciamo ai posteri......

4 commenti

  1. È davvero incredibile come un”isola così piccola possa racchiiudere tante storie di epoca diversa ma forse è solo….merito dello scrittore!!

    • Grazie Rosanna,
      no, o almeno non credo che sia merito di chi scrive.
      Il fatto è che l’Asinara ha un trascorso storico ragguardevole ed ogni luogo potrebbe raccontare mille storie.
      Un caro saluto
      Carlo

  2. Gent.mo Carlo,
    ho letto l’articolo con molto interesse anche perché mi occupo, per passione, di ricerche sulle chiese campestri. Vorrei capire il motivo per cui la fondazione del monastero viene riportata tra il 1216 e il 1277. Ti ringrazio

    • Gentilissimo Maurizio,
      ti ringrazio di aver posto la domanda, mi hai dato modo di rilevare un “refuso” che sarà corretto non appena avrò terminato di rispondere.
      Infatti il periodo in cui far ricadere la Fondazione del Monastero di S. Andrea è quello compreso tra il 1216 e il 1227 (e non 1277).

      Uno dei pochissimi storici che si è avventurato a “stabilire” la data, in cui collocare la fondazione del Convento dei Camaldolesi in Loc.S. Andrea all’Asinara, fu’ Nino Giglio nel suo libro “Asinara” (ediz. II 1974).
      Nino Giglio (pag 67) esprime la sua doglianza in merito alla assenza di date nel testo “Historia camaldulense” di Fortunio, poi del Martini nella sua “Storia ecclesiastica della Sardegna” ed infine l’Aleo in un manoscritto “Successos generales de la isla y regno de Cardena”.
      Poi però si sbilancia azzardando un anno, “la metà del 1100”, prendendo come spunto un elenco di monasteri camaldolesi della Sardegna, in cui si legge “Sancti Andreae insulae Asinariae” preso da un’ordinanza di Papa Onorio III (pontificato 1216 – 1227) che io ho preso, come riferimento. nell’articolo.
      Evidentemente (ma questa è solo una mia considerazione) Nino Giglio ha pensato che per essere elencato nel novero dei Monasteri Camaldolesi, il Monastero dovesse avere una data di fondazione precedente.
      Le ricerche (non solo mie) continuano poichè l’Asinara costituisce, per gli appassionati, una fonte inesauribile di interessantissime scoperte.
      Aggiunto una immagine dell’agglomerato rurale edificato sui ruderi del Monastero di S. Andrea.

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