Affiancare le parole “Asinara” ed “Emozioni” è esercizio estremamente agevole, il binomio è magnetico ed i due termini, una volta congiunti, difficilmente si riescono a separare.
La primavera dell’anno 2023, appena trascorso, ha visto il Parco Nazionale dell’Asinara assumere l’iniziativa di organizzare un incontro da trasmettere, in diretta, sui suoi canali “social”.
IL PROGETTO
Un programma ambizioso, quello proposto dal Parco, per iniziare a definire gli ambiti di quel patrimonio immateriale di esperienze; un percorso che intende far emergere le storie più significative di persone che hanno avuto la fortuna di poter vivere stabilmente sull’isola, per un periodo della loro vita.
L’accettazione dell’incarico è stata comunicata dopo aver avuto rassicurazione che l’intero progetto si sarebbe tenuto lontano dall’idea, trita e ritrita, del “reduce”, quello con il capo rivolto all’indietro, colui che ormai confronta periodi differenti e conclude il suo pensiero con la frase “una volta si che …….“
Ne è scaturita la ricerca di sensazioni, aneddoti e condizioni particolari, provati in prima persona, che attendevano, con ansia di essere raccontati in pubblico, per non disperdere questa importante parte della storia dell’Asinara.
Gli aspetti di conoscenza, le argomentazioni scientifiche, insieme all’ambiente magnifico e alle particolari condizioni storiografiche, oggi sono gli obiettivi privilegiati del Parco Nazionale dell’Asinara, non certo quelli dei primi vent’anni di attività, poiché in quella fase di avvio, la massa di informazioni, tutte molto attese ed appetibili dal visitatore, hanno preso il sopravvento sulle emozioni di qualsiasi tipo degli antichi residenti, sia quelli che dovevano permanerci obbligatoriamente, ovvero i detenuti, che tutti coloro che hanno vissuto la quotidianità isolana.
– Gianfranco Massidda, Francesco Massidda, Marta Chergia, Leonardo Delogu, Lorenzo Spanu, Lina Di Stefano, Giampaolo Cassitta, Rosi Rassu, Ida e Ferdinando Falato, Loredana De Marco;
– Velia Puddu, Giovanni Chessa, Salvatore Merola, Liliana Pirisi, Gian Piero Silvetti, Ireneo Pisanu, Ludovico Insalaco, Marco Porcheddu, Piera Denofrio, Enzo Cossu;
– Piera Bitti, Domenico Piras, Pina Franca Griecco, Elisabetta Chighini, Andrea Quattrocchi, Enrico Mereu, Angela Cozzolino, Gianna Rassu, Luigi Pagano, Daniela Zaccaro;
– Valery Bissi, Carlo Giannotti, Giovanni Caron, Luigi Esposito, Renzo Mirti Mancinelli, Michele Spirito, Nando Serra, Arnaldo Schirru, Ottavio Algisi, Margherita Silvetti;
– Antonietta Toria, Marina Massidda, Fausto Muru ….
e poi e poi…..potremmo continuare a lungo, aggiungendo all’elenco decine e centinaia di nomi, che avrebbero avuto titolo a partecipare.
Per calare il progetto ideale nel concreto, insieme al team appena costituito, abbiamo pensato di immaginarci catapultati in un atelier di sartoria, ove operano artigiani del “bello” che, attraverso la loro vena artistica e le contestuali capacità artigianali sopraffine, modellano l’abito, ogni volta nuovo, sul corpo sinuoso dell’isola.
I PARTECIPANTI
Ogni persona, che ha accettato di partecipare, ha prodotto un elaborato testuale con i temi da toccare nel suo intervento.
Vista l’esiguità dei tempi concessi, abbiamo dovuto procedere ad una sommaria sintesi degli argomenti:
RITA LIMBANIA VALLEBELLA
Apprezzata Sindaca del Comune di Stintino, Rita Limbania stata concepita all’Asinara (Cala Reale) dalla giovane coppia di sposi Francesco Vallebella (capoguardia della Sanità) e Tina Desole (casalinga). Dopo sette giorni, fu portata a Stintino, dove trascorse la sua infanzia, fino a dodici anni, insieme alle sue tre sorelle.
Il suo mondo incantato ruotava attorno alla Stazione Sanitaria Marittima Internazionale di Cala Reale, tra gli scogli del Costituto e le colline rocciose dietro casa. Era una bambina felice, credeva che tutti nel suo mondo le volessero bene, compresi i detenuti che lavoravano nella stazione, ai suoi occhi dotati di dignità non dissimile da quella di suo padre.
La Sindaca riflette sull’importanza del rispetto per gli altri, insegnatole, dai genitori, fin dall’infanzia. Solo in seguito capisce il significato del termine “detenuto” e si rende conto che la distinzione tra bene e male non è sempre chiaramente definita. Un uomo, che scontava l’ergastolo per omicidio era incaricato di vigilare sulla sua sicurezza di bambina e viene ricordato da Rita, per la sua gentilezza e l’affetto, sfidando stereotipi comuni.
Questa esperienza, insieme alle riflessioni postume, ha influenzato la scelta della Sindaca per la scelta del suo percorso professionale. Il suo intervento nel webinar si concentra sul racconto delle emozioni di una bambina cresciuta felicemente in un’isola incantata come l’Asinara.
ANTONELLO FLUMENE
(il medico dell’Isola)
Al Dr. Vindice Silvetti, che dopo 33 anni di servizio sull’Isola andò in pensione, subentrò, nel 1983, un giovanissimo sostituto.
Il Dott. Antonello Flumene espletò la sua attività sanitaria per 15 anni dal 1983 al 1998 collocandosi al secondo posto per anzianità di permanenza sull’isola.
Durante questo lungo periodo, ha accumulato ricordi significativi che intende condividere, tra cui spicca il suo primo giorno di lavoro, un vero “battesimo”, nella diramazione Fornelli.
Gli agenti di servizio in considerazione della giovanissima età del medico organizzarono uno scherzo con la complicità di alcuni detenuti.
Nel corridoio della sezione il medico fu fatto passare nel pressi dei cancelli delle celle finchè un detenuto sconsegnato (addetto alle pulizie) lo agguanta con un braccio al collo e dopo essersi accertato della sua qualifica, gli chiede: “Quale squadra tifa!”
Sudando letteralmente freddo, Antonello Flumene, con un filo di voce, rispose: inter! sperando, in cuor suo, che fosse quella la squadra preferita dal proprietario del muscoloso braccio.
“Non ho sentito, grida forte!” sentì dire alle sue spalle.
Allora ripetè a voce alta ” INTER!” ed il braccio si allentò per lasciare la nuca di Antonello libera di ricevere una “passata di baci” fino a sciogliersi in un “Ben arrivato Dr. Flumene” accompagnato dagli applausi dei vicini di cella e degli agenti.
Il dottor Flumene ha sottolineato, in ogni passo, che in 15 anni di servizio sull’isola, ha vissuto moltissime emozioni.
In conclusione del suo intervento ha ritenuto di dover ricordare l’incredibile esperienza della esecuzione di un parto cesareo su una bovina destinata al macello, con la collaborazione dell’Agronomo dell’epoca, Carlo Hendel e della Guardia a Cavallo della Diramazione di Campo Perdu.
L’animale, in procinto di partorire, era caduto da una certa altezza, nel cortile della Famiglia Denofrio a Cala d’Oliva, procurandosi danni tanto gravi da indirizzare il Veterinario Dr. Monti di Alghero, che emise la certificazione per l’abbattimento che avrebbe comportato la perdita del vitellino.
Il parto cesareo fu regolarmente eseguito, ma il vitellino nacque in arresto cardiaco. Mentre il Dr. Flumene eseguiva il massaggio cardiaco, l’Agronomo praticò la respirazione forzata fintanto che l’animale non si fu ripreso.
All’Asinara il medico ha affrontato episodi piacevoli e spiacevoli. Ha scelto di condividere quelli che ha ritenuto potessero interessare di più, offrendo così uno sguardo personale sulla sua esperienza lavorativa all’Asinara.
LUCIA AMATO
(donazione mobilio)
Ha vissuto in Asinara una parte importante e formativa della sua infanzia, dai 6 ai 13 anni, dal ’71 al ’77. I suoi genitori si sono conosciuti all’Asinara e si sposarono nel ’64.
Gli eredi Amato (Lucia assieme ai due fratelli) hanno effettuato una donazione di mobili dell’epoca relativi alla camera da letto “Amato” (foto dell’elaborato prodotto) che il Parco ha voluto ricomporre all’interno della cella n°6 della ex Diramazione Centrale.
Lucia è l’autrice del testo del filmato “il Barattolo dei bottoni”.
La storia della sua famiglia è intrecciata con l’Asinara, poiché suo padre, nato a Napoli, si arruolò nel corpo degli Agenti di Custodia, e la sua prima sede di servizio fu proprio all’Asinara. Lì incontrò sua madre, proveniente da una delle famiglie che fondarono Stintino a seguito dell’esodo forzato nel 1885.
Lucia riflette sul lungo filo di vita che l’isola ha cucito nella sua storia familiare. La sua permanenza all’Asinara ha insegnato importanti lezioni di convivenza, tolleranza e rispetto reciproco. Nonostante fosse un luogo isolato, chiuso e distante, l’isola era un prezioso contenitore di persone diverse per provenienza, ruoli e condizione. Lucia ha imparato fin da piccola che il mondo è ricco di mille colori, ognuno contribuendo in modo unico all’arricchimento delle vite, soprattutto per la formazione e la crescita di un bambino.
Lucia Amato parla dell’Asinara con amore, con l’intenzione di condividere alcuni esempi concreti della sua vita quotidiana di allora. La sua testimonianza offre uno sguardo personale sulla bellezza della diversità e sulla preziosa lezione di vita appresa, durante quegli anni, sull’isola.
RITA VONA
(la fotografia)
Nel 1982 Rita effettua uno dei primi reportage fotografici dell’isola documentando l’uscita di strada di un furgone del carcere, adibito al trasporto di persone per gli spostamenti all’interno dell’isola.
Rita è, insieme a Lucia Amato e ad altre, coautrice del video “il Barattolo dei bottoni” di cui abbiamo ampiamente trattato nella pagina linkata. Un delicatissimo video che vuole mostrare, in modo inusuale, uno dei tanti insegnamenti appresi sull’Isola, “sul valore di ogni oggetto“. (https://www.isola-asinara.it/i-dobloni-dellasinara/ testo scritto da Lucia Amato, accostato alle toccanti immagini di Rita Vona, con l’ausilio essenziale della vibrante voce di Alessandra Rozzo.)
Rita, come tanti bimbi, arrivò sull’isola a soli sette giorni di vita, portata da sua madre Concetta Damigella, sposata con Giuseppe Vona, un giovane Agente di Custodia in servizio all’Asinara nel maggio del 1964. La loro casa a Cala d’Oliva ospitava sette persone, i genitori e i quattro fratelli di Rita.
In un vecchio baule, il padre conservava una macchina fotografica Ferrania, con la quale Rita sviluppò la prima passione per la fotografia, trasformandola successivamente nella sua professione. Le sue immagini avevano, come soggetti, le farfalle, albe, tramonti sul mare, il bosco di Elighe Mannu, il faro di Punta Scorno e gli immancabili asinelli bianchi.
A 18 anni, i genitori di Rita le regalarono una reflex, con la quale realizzò il suo primo reportage fotografico. Era la documentazione di un incidente che coinvolse un furgone del carcere utilizzato per il trasporto di detenuti e Agenti di Custodia all’interno dell’isola.
Le quattro immagini inedite di questo incidente costituiscono un importanti documenti visuali che ha catturato le operazioni di recupero del mezzo incidentato che divenne per molto tempo argomento di discussione in tutta l’isola dell’Asinara.
I volti dei detenuti sono stati resi irriconoscibili.
L’incidente, pur serio, non ebbe conseguenze pratiche, tranne lo spavento. Nell’ultima immagine sono visibili le figure del Brig. Bitti e del il Brig. Marco Porcheddu.
Da quel momento in poi la fotografia diventò quindi una parte importante del lavoro di Rita che ha continuato a documentare e condividere, con gli altri, la sua esperienza unica sull’isola.
La storia di Rita Vona riflette la sua esperienza di crescita sull’Asinara, evidenziando come l’isola abbia influenzato la sua passione per la fotografia e la percezione del valore intrinseco delle cose.
MARILENA VITALONE
(Rincomincio … dall’Asinara)
Marilena Vitalone è nata a Caserta una mattina di ottobre di fine anni ’60 ed all’età di sette anni conobbe per la prima volta l’isola quando il padre, Maresciallo del Corpo degli Agenti di Custodia, fu assegnato al ruolo di Comandante del Carcere dell’Isola dell’Asinara.
Il trasferimento sull’isola sarda fu improvviso, in un luogo sconosciuto quasi una sfida, ma Marilena ricorda con affetto i viaggi in barca con suo padre, che all’epoca sembravano tutte avventure.
L’Asinara ben presto divenne la casa di Marilena. Nonostante le difficoltà iniziali, come la scuola in una pluriclasse con bambini di tutte le età, Marilena ricorda la libertà e la solidarietà che l’isola offriva. Giocare con gli altri bambini, costruire case sugli alberi e fare merenda nell’orto erano momenti speciali.
Il padre di Marilena coinvolgeva la famiglia nelle attività quotidiane, come il recupero delle reti da pesca al mattino. Questi momenti evocano, ancora oggi, per Marilena, i profumi del mare e le folate di vento che le scompigliavano i capelli, richiamano, ancora oggi, ricordi indelebili.
Marilena condivide il suo approccio unico alla vita sull’isola, guarda i detenuti con gli occhi di una bambina, senza etichettarli come persone pericolose. Questo approccio ha influenzato profondamente la sua crescita personale e il suo impegno nei temi dell’inclusione.
L’Asinara per Marilena non è solo un luogo del passato, ma una parte di sé che continua a indossare quasi una borsa che conserva con cura con tutti gli oggetti che contiene. Questo luogo unico le ha insegnato un forte senso di appartenenza e aggregazione, principi che continua a promuovere nella sua vita, diventando un esempio e una guida per la creazione di una società più inclusiva e aperta.
GIANMARIA DERIU
(per gli amici “San Pietro”, oppure “Lo sconosciuto”)
La prima definizione, bonariamente ironica, collocata tra le parentesi del paragrafo, è dovuta al fatto che Gianmaria nella sua attuale veste di collaboratore volontario del Parco Nazionale dell’Asinara, conserva le chiavi della maggior parte dei fabbricati dell’isola, ove attualmente abita, sin dal lontano luglio del 1980.
Oggi Gianmaria è Ispettore in congedo della Polizia Penitenziaria e custode volontario del Parco dell’Isola dell’Asinara, condivide il suo impatto iniziale e il suo percorso di vita sull’isola durante il webinar.
Nel luglio del 1980, all’età di 20 anni, giunge per la prima volta sull’Asinara per iniziare il suo servizio. Indossa un abito “Facis bianco vela“, scelto da sua madre per l’occasione, e il viaggio in barca da Stintino a Fornelli offre il primo impatto “traumatico” con l’isola, scopre un luogo idealmente distante dall’immaginario della Sardegna.
Gianmaria ricorda il caldo asfissiante e il percorso polveroso verso Cala d’Oliva, a bordo di un furgone con i vetri pressochè oscurati dalla polvere. Il suo primo incarico di servizio è nella Diramazione di Trabuccato, un’esperienza resa ancora più difficoltosa dalla malinconia che si fa sentire.
La sua sensibilità impatta in un ambiente granitico che lo rende particolarmente vulnerabile fino a quando, dopo una breve assenza concessa dal medico dell’isola, il compianto Dottor Silvetti, giunge sull’isola un nuovo Direttore che cambia il corso delle cose. Viene collocato in mansioni di ufficio nella Segreteria della Direzione di Cala d’Oliva e inizia a comprendere che la vita sull’isola può essere apprezzata.
Gianmaria così riferisce dell’inizio del periodo più positivo della sua vita all’Asinara, con il nuovo direttore che si dimostra paterno con lui e lo invita occasionalmente a pescare sulla sua barca. Nel 1985, Gianmaria porta anche la sua famiglia a vivere sull’isola.
Deriu, raggiunti i suoi obiettivi, anche oggi esprime amore per l’isola e il mare che la circonda, navigandolo con assoluto rispetto, senza più timori di sorta. La sua dedizione all’Asinara lo vede impegnato nel recupero di manufatti dei periodi trascorsi da collocare nel Museo penitenziario e collabora con il Museo della Sanità e il Museo della Prima Guerra Mondiale e dei Prigionieri Austro Ungarici.
Conclude affermando che questa è divenuta la sua casa e che ha trascorso 43 anni intensi a disposizione dell’amata isola.
CONCLUSIONI
Questo Evento ha costituito una delle rare occasioni di incontro. Dopo moltissimi anni abbiamo potuto reincontrarci anche con Rosanna e Piera Denofrio, con le sorelle Rassu ed il padre ex Brigadiere della Diramazione di Campo Perdu, con Giovanni Chessa e con tantissimi altri.
E’ del tutto comprensibile che questo tipo di iniziativa, con tutte le difficoltà incontrate nella sua ideazione, composizione ed esecuzione, abbia incontrato l’entusiastica approvazione del pubblico presente nella sede del Parco, in quello collegato attraverso il web e, nei giorni successivi, in tutti coloro che hanno visionato la registrazione dell’evento.
Un importantissimo obiettivo, centrato dall’Evento, è stato quello di mostrare l’esistenza di un ampio “serbatoio emozionale” da cui attingere con criterio, per fornire al visitatore una corretta rappresentazione della vita quotidiana sull’isola dell’Asinara.
Il Parco Nazionale dell’Asinara, dall’evento, ha ottenuto ampi riscontri sulla stampa locale, nonostante qualche difficoltà nel far comprendere e rispettare l’intento complessivo dello stesso webmeeting e dei singoli partecipanti che è stato unanimemente quello di mostrare la complessità positiva dei collegamenti umani scaturiti durante il periodo, non certo facile, dall’insieme della struttura penitenziaria e le prerogative realizzate nell’ambito dell’educazione ambientale e nella strutturazione educativa e formativa di personalità che, ancora oggi, rifuggono dagli stereotipi del “Detenuto”, che tanto affascinano coloro che intendono vellicare la curiosità del visitatore dell’isola dell’Asinara, utilizzando “effetti speciali”.
Certo che durante lo svolgimento del webmeeting si è menzionata anche della figura del “detenuto” che, in questo contesto ha conquistato un ruolo equilibrato.
Appare doveroso esprimere, anche in questa sede, un sentito ringraziamento a Gianni Bazzoni e al quotidiano “La Nuova Sardegna”.
Ho avuto occasione di seguire in diretta l’avvenimento e già allora sono rimasta affascinata dai racconti dei protagonisti Ora questo bell’articolo di Carlo li completa e arricchisce di emozioni ! Grazie
Grazie Rosanna,
cerco di fare il possibile per rendere al meglio l’impegno di tante persone!
carlo
Ciao Carlo,
purtroppo ho perso questo evento, ho cercato eventuale comunicazione ma non ne ho trovata nessuna, è possibile recuperarlo e dove? Ti ringrazio per il tuo lavoro immenso, è sempre emozionante leggerti.
Valeria