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Cala d'oliva 1895

Il periodo sabaudo

La storia della Città di Porto Torres viene spesso riferita senza considerare le vicende che la legano all’Isola dell’Asinara che rappresenta quasi la metà dell’intero territorio comunale.

Per questo ho pensato di riassumere brevemente il periodo per riferire le vicende relative all’epoca Sabauda quando accaddero avvenimenti che segnarono una svolta importante per la nascita del Comune di Porto Torres.

Veniamo ai fatti.

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Torre aragonese (Porto Torres)

PORTO TORRES nel 1700

La Sardegna dal 1720 passa alla casa Savoia entrando a far parte del Regno di Sardegna che comprendeva i territori del Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, parte della Lombardia oltre alla Contea di Nizza e al Ducato di Savoia. A “Portotorre” (così era denominata la Città in periodo Sabaudo quando veniva amministrata dal Comune di Sassari), con l’arrivo dei Savoia si promossero lavori per migliorare la disastrosa situazione dei fondali del porto, ed interventi di recupero e ammodernamento dello scalo.

Le opere necessarie furono oggetto di mille vicissitudini che determinarono lungaggini burocratiche e vistosi ritardi.

Nel 1725 si procedette al restauro della torre del porto così come documentato dalla lapide di marmo posta nel lato sud-ovest dell’edificio. L’imponente struttura militare, che presenta un originale pianta ottagonale, fu costruita nel luglio 1325 per ordine dell’ammiraglio Carroz.

Per la sua forma ha una configurazione unica nel suo genere, l’opera, costruita a protezione del porto, fu inserita nella rete di osservazione costiera realizzata per difendere l’abitato e lo scalo marittimo dalle incursioni dei pirati barbareschi. L’ammiraglio aragonese, dopo essere giunto nel porto di Torres con la sua flotta, oltre alla torre fece realizzare altre strutture di difesa.

ASINARA nel 1700

In epoca Sabauda non solo a “Portotorre”, ma anche sull’isola dell’Asinara ci furono dei mutamenti. Dopo l’insediamento dei Savoia essa fu interessata da un tentativo di colonizzazione che fallì miseramente, però nel 1775 una nuova campagna feudale di stanziamento fu promossa dal Marchese Manca di Mores con riscontri positivi.

Questa nuova iniziativa contribuì a creare le condizioni per lo sviluppo economico e l’incremento della popolazione dell’isola.

Sempre sull’isola dell’Asinara, tra gli ultimi anni del settecento ed i primi dell’ottocento, si registra un aumento notevole di abitanti determinato principalmente dagli avvenimenti politici nella penisola Italiana.

In questo periodo le famiglie di pescatori liguri vi si stabilirono definitivamente, probabilmente per sfuggire all’arruolamento militare obbligatorio imposto ai giovani per servire le armate napoleoniche.

È in questa fase (ultimo 700 – primi 800) che le precarie strutture stagionali dei pescatori vengono demolite per essere sostituite dalle case che formarono il primo centro urbano del borgo di Cala d’Oliva.

Il piccolo borgo nasce e si sviluppa protetto dalla torre senzillas, già presente in prossimità del villaggio (Torre di Cala d’Oliva), e intorno al modesto approdo che accoglie le barche da lavoro.

Dal censimento effettuato in quegli anni risulta che nel 1821, “Portotorre” contava seicento abitanti, nel contempo alla metà dell’ottocento il borgo dei pescatori di Cala d’Oliva diventa un piccolo e ordinato agglomerato urbano, costituito dalle tipiche case, molte imbiancate con la calce, conta circa settanta anime, ed ha una chiesa dedicata all’Immacolata Concezione.

CLASSIFICAZIONE 1

PORTO TORRES nel 1800

All’epoca Portotorre era formata da due quartieri, il più sviluppato era situato nel cosiddetto Monte Angellu, tutt’intorno alla imponente Basilica di San Gavino, che è la chiesa romanico-pisana più antica e più grande della Sardegna, dedicata ai Santi Martiri Proto, Gavino e Gianuario.

L’altro quartiere era invece prospicente al porto.

Il primo quartiere era abitato prevalentemente da contadini e pastori, il secondo era formato da famiglie di pescatori, lavoratori del porto e spedizionieri. Tra le prime opere collegate al processo di rinnovamento dell’agglomerato urbano turritano occorre ricordare la costruzione di nuovi edifici amministrativi, tra i quali la sede degli uffici doganali, edificata nel 1820 in seguito ad un editto reale. Nel 1826, sempre nel quartiere del porto fu costruita la Chiesa della Beata Vergine della Consolata, consacrata il 30 dicembre 1827 dall’arcivescovo Carlo Tommaso Arnosio.

Tutto ciò, insieme alla realizzazione della Carlo Felice, l’arteria stradale che attraversa tutta la Sardegna collegando Cagliari con Portotorre, che fu ultimata nel 1828, e con il successivo completamento della tratta ferroviaria Sassari-Portotorre, si crearono condizioni per la ripresa economica della città.

Durante il primo breve soggiorno del Re nella cittadina turritana, i notabili di Portotorre lamentarono di essere salassati, impoveriti dalle tasse e prevaricati dai sassaresi, pertanto tentarono di convincere il Re a concedere l’autonomia da Sassari, senza comunque ottenere il risultato sperato.

Però durante la seconda visita, riuscirono a persuaderlo, fu infatti, nel 1842 che il Re concesse l’autonomia e nacque il Comune di Porto Torres.
Nella monarchia i sindaci erano nominati con decreto del Re che li sceglieva tra i consiglieri comunali eletti e duravano in carica un anno.

Il primo sindaco della neonata Amministrazione Turritana fu Michele Masala, 1845, il secondo Angelo Francesco Sirigu, 1846.

Giovanni Battista Vistoso fu il terzo sindaco.

CLASSIFICAZIONE 2

ASINARA nel 1800

Quando nel 1838 fu abolito il feudalesimo (complessivamente i feudi in Sardegna erano 40) la nuova legge stabilì le modalità del riscatto dei terreni, pertanto nel 1836 l’Asinara tornò sotto il controllo dello Stato e nel 1842 lo divennero anche tutte le isolette presenti in prossimità dell’Asinara e, al momento dell’istituzione del Comune, entrarono a far parte dell’Amministrazione di Porto Torres.

Nel 1883 con i suoi 300 abitanti, sull’isola dell’Asinara era attiva una discreta economia basata sull’agricoltura, l’allevamento del bestiame e sulla pesca, ed è proprio a partire da questo periodo che si può già parlare di comunità sinarischa, che includeva e caratterizzava tutti gli abitanti dell’isola.

Se Porto Torres nel 1846 contava 1177 abitanti, dal censimento del 1861 risulta che i residenti erano diventati 2225.

Secondo le valutazioni fatte allora, grazie ad un progressivo incremento dell’economia essi erano destinati ad aumentare progressivamente. Nel 1885 si verificò tuttavia un fatto grave che sconvolse la comunità turritana e la vita di tutti gli abitanti dell’Isola dell’Asinara, e fu quando il governo Sabaudo decretò l’istituzione di una colonia agricola e di un lazzaretto, perciò gli abitanti dell’isola furono costretti forzatamente a lasciarla.

Alcune famiglie della comunità Sinarischa si spostarono nelle campagne della Nurra, qualcuna a Sassari, ma i nuclei familiari più grossi si trasferirono in parte a Porto Torres, ed in parte fondarono il borgo di Stintino.

Pertanto Porto Torres e Stintino sono tradizionalmente e saldamente legate da fattori culturali, ma soprattutto da interessi comuni che devono essere esaminati in maniera costruttiva per una fattiva collaborazione tra due comunità legate tra loro dagli eventi della storia.

CLASSIFICAZIONE 3

Riporto, di seguito, alcuni brani estratti da testi pubblicati nell’ottocento.
La prima testimonianza, carica di retorica monarchica proviene da un libro edito a Torino nel 1841.

Gli altri brani sono brevi estratti dalle memorie redatte dai visitatori che giunsero a Porto Torres, in quegli anni.

Cenni sulla Sardegna – Torino 1841

Misero e deserto or s’innalza e fiorisce il villaggio di Porto-Torres protetto e favorito dalla creazione della nuova strada centrale e dallo stabilimento della dogana. Poco innante disabitato, contempla ora cresce ogni giorno la sua popolazione, che ai mille abitanti sopravanza. Due tra i più agiati e sicuri “pachetti” a vapore, che salpino il Mediterraneo, la Gulnara, e l’Icnusa costrutto nei cantieri di Genova, vi approdano ogni quindici giorni in ventiquattro ore, alternando il tragitto con Cagliari ove provengono in quarantadue ore.

Ad agevolare inoltre i mezzi di viaggi si è stabilita una pubblica vettura a Porto-Torres, la quale partendo per Cagliari due volte per ciascuna settimana, vi trasporta i viaggiatori in un giorno e mezzo. Sepolte nei dintorni rintracciasi antiche rovine, tra le quali il tempio della Fortuna, ed i resti di un estesissimo acquedotto. Sorge vicino al porto la Chiesa della Consolata fregiata di varie vecchie dipinture, e del quadro della Vergine della Consolazione, opera del Torinese Vacca, e là inviato dalla munificenza del Re Carlo.”

 

Alcade

Alcade

William Henry Smyth, ammiraglio della Royal Navy che prestava servizio nell’area del Mediterraneo, nel 1824 ebbe modo di visitare Porto Torres. Egli racconta come, al suo arrivo, la sua presenza fu considerata un evento importante e che: «dal capitano generale fino al più umile contadino, tutti hanno visitato la nave».

  1. H. Smyth nel libro delle sue memorie scrive «Porto Torres è un piccolo porto a due moli, difeso da una solida torre ottagonale. Può accogliere poche piccole navi, mentre quelle più grandi sono obbligate a rimanere alla fonda a quasi un miglio, dove, peraltro l’ancoraggio è abbastanza buono».

Gaston Vuillier compie un viaggio nelle Baleari, in Corsica e in Sardegna, scrivendo un libro, intitolato “Impressions de voyage” edito a Parigi nel 1893.
«La Sardegna fu una visione abbacinante: in questa terra sconosciuta agli Italiani medesimi, dove i costumi d’altri tempi hanno conservato la loro originale bellezza conobbi da vicino, familiarmente, il farsetto di velluto, ed il medioevo trascorse ogni giorno al mio fianco, come se il mondo non avesse ruotato per quattro o cinque secoli». Egli giunge a Porto Torres e, quando vede per la prima volta le coste isolane, affida le sue sensazioni a un acquerello: «Il cielo si colorò di rosa pallido e sagome di montagne si dipinsero davanti a noi. Questa è la Sardegna». Poi però annota che il primo paese che visita, Porto Torres: «è triste e povero, con case basse, dove si vedono errare bambini smunti, e il suo porto pare uno stagno».

Quella delle acque morte è una vera ossessione per il francese, che vede nella malaria la causa della cappa di povertà che opprime l’isola,

Soldato in fase di difesa

Soldato torriero in fase di difesa

devastando la salute dei suoi abitanti e divenendo il simbolo di un oblio antico, che gli antichi dominatori hanno tra loro perpetrato e che ora continua con lo Stato unitario, che nei mesi del suo viaggio, ha vita ormai trentennale.

Emanuel Domenech, il libro di questo autore è stato pubblicato a Parigi nel 1867 col titolo “Bergers et Bandits. Souvenirs d’un voyage en Sardaigne” (Pastori e Banditi. Ricordi di un viaggio in Sardegna). Imbarcatosi da Marsiglia su un brigantino noleggiato dal padre e dopo ventisette giorni di traversata giunse a Porto Torres e scrisse: «piccolo misero villaggio, gaio come un cimitero abbandonato».

Julius Heuting studioso tedesco orientalista e dotto bibliotecario dell’Università di Tubinga venne in Sardegna nell’ottobre 1869, dopo aver studiato e copiato con cura le iscrizioni fenicie rinvenute nell’isola, intraprese il viaggio di ritorno. Partito da Sassari diretto verso Porto Torres per imbarcarsi su un bastimento diretto a Marsiglia ebbe modo di ammirare il paesaggio e notare qualcosa che lo sconcertò. Qualche tempo dopo scrisse una lettera allo Spano raccontando di aver assistito “con dolore” alla demolizione dell’acquedotto di Turris Libisonis. La missiva, scritta in latino la lingua ufficiale del mondo culturale di allora, in un brano riferisce «quum ex urbe Sassari discenderum, juxta viam viros vidi qui anticuum aquae doctum romanorum, barbarorum more in latomiarum modum despoliantes, ferro et igne saxula deprompserunt, non sine dolore».

Stintino e, sullo sfondo l'isola dell'Asinara

Stintino e, sullo sfondo, l’isola dell’Asinara

Si rivolge un caloroso ringraziamento all’autore Franco Satta, che ha inserito il presente contributo nel suo profilo fb del 1.04.2022 poi integrato dalle immagini e pubblicato, in data odierna 06.04 2022.


Precedenti articoli sul tema:

L’alcaide dell’isola Piana Torre Trabucato Barbarossa
Legenda:
sinarisco = desueta definizione di persona nativa dell’Asinara

carlo hendel

Carlo nasce nei primi mesi del '50 e trascorre la sua infanzia a Roma, nella zona centrale della capitale, a “due minuti a piedi” da Piazza di Spagna. Di padre polacco e con la mamma abruzzese, Carlo aveva un fratello in Polonia, ed ha tre sorelle: una in Polonia e due in Italia. All'età di 22 anni si trasferisce nel paesino abruzzese di Barete e vi svolge attività libero-professionale per circa dieci anni. Consegue la nomina, da parte del Ministero di Grazia e Giustizia, alla Direzione Agrozootecnica della Casa di Reclusione dell'Asinara, evento che lo farà incontrare con l'isola e con la Sardegna. Vive e lavora con passione all’Asinara, per circa cinque anni, dal 1982. Alla vigilia della trasformazione dell’isola in Parco, partecipa come coautore, al volume “ASINARA” Storia, natura, mare e tutela dell’ambiente (Delfino Editore 1993) curato da A. Cossu, V. Gazale, X. Monbaillu e A. Torre, per la parte riguardante la Storia agricola e l’ordinamento carcerario. ------------------------------------------------------------------------------ L'Asinara non sarà più dimenticata. Blogger dal 2000 sotto vari pseudonimi, e con svariati blog. Nel 2007 pubblica una nota "L'Asinara - La storia scritta dai vincitori" con la quale, per la prima volta, rivendica per l'isola il suo "diritto inalienabile alla storia". Nel 2016 pubblica questo portale personale investendo notevoli energie e risorse solo con l'intento divulgativo e per testimoniare la storia dell'isola senza preconcetti o preferenze, per tutti i periodi e le vicissitudini attraversati dall'Asinara. Prosegue la sua attività lavorativa prima a Castelfranco Emilia (MO), poi a Roma (D.A.P.) ed infine a Viterbo ove maturerà il tempo della agognata quiescenza. All'età di 59 anni la sua vita cambia in modo importante, ma non è questa la sede propria di siffatta narrazione. -------------------------------------------------------------------------------------- Si definisce, da sempre, un ecoagricoltore e ancora oggi, produce olio biologico extravergine di oliva per autoconsumo, coltiva il suo orto con metodi esclusivamente naturali ed alleva animali da cortile. Carlo spesso ama dichiarare di aver avuto cinque o sei vite, ora ha due splendidi nipotini ed un diavolo per capello! Il resto lo lasciamo ai posteri......

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