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Trebbiatura all'Asinara (per gentile concessione della Sig.ra Luisa Deiana)
Trebbiatura all'Asinara (per gentile concessione della Sig.ra Luisa Deiana)

Un cornuto di razza.

 

Che all’Asinara vi fosse più d’un cornuto è cosa ormai risaputa, ma che ce ne fossero due speciali, uno a Campo Perdu ed uno a Trabuccato pochi lo sanno ed in questa pagina, vi sveliamo l’arcano.
Il riferimento è a Robur (foto allegata) il toro di Campo Perdu, che per qualche anno ha interpretato, molto bene, il segnale di cambiamento e di attenzione della Direzione della C.R. dell’Asinara rispetto alla valutazione ambientale del valore dell’isola, con tutto quello che ne è conseguito. Penso che a molti intrigherà venire a conoscenza, un pochino più approfonditamente, delle notizie relative alle attività, in campo agricolo e zootecnico, che si svolgevano sull’isola.

Iniziamo col dire che l’azienda della Casa di Reclusione dell’Asinara è stata, per qualche anno, la più grande Azienda Agrozootecnica della Repubblica italiana (sia in estensione che in quintali di capi allevati) ed è accaduto dopo che fu smembrata l’Azienda  “Maccarese” (nel Lazio) e trasformata in S.p.A. una azienda che fù la prima in estensione dal dopoguerra con i suoi 3.200 ettari pianeggianti. Con questo voglio solo riaffermare che l’Asinara è stata, per decenni e stabilmente la seconda azienda agrozootecnica nazionale.

Bovina con prole in spiaggia. (Foto A.Canu)

Splendide bovina in spiaggia. (Foto A.Canu)

La struttura organizzativa

Organizzativamente l’azienda della Casa di Reclusione dell’Asinara era strutturata con queste modalità:
– la Direzione era collocata in Cala d’Oliva, località in cui insistevano le lavorazioni più impegnative per tutta l’azienda; su tutte il caseificio di cui parleremo però in altra parte del sito ed in modo più approfondito, poi c’erano le Diramazioni.

Le Diramazioni, per lunghissimo tempo, hanno costituito veri e propri agglomerati urbani di differente grandezza, dimensione ed importanza. Esse erano e sono ancora disposte lungo la dorsale stradale che collega, da nord a sud tutta l’isola dell’Asinara ed erano genericamente costituite:

  • dalla struttura penitenziaria vera e propria con gli alloggi per i detenuti, la mensa etc.
  • dalle strutture residenziali, i locali di alloggio e mensa del personale di polizia penitenziaria in servizio, gli alloggi delle famiglie residenti nell’isola,
  • i fabbricati di servizio tecnico, i serbatoi idrici, le stazioni di pompaggio, i depuratori, le cabine elettriche etc.
  • i fabbricati destinati alle attività agrozootecniche;
  • gli invasi artificiali di raccolta dell’acqua meteorica;
  • i terreni necessari allo svolgimento delle attività agrozootecniche.

Anche oggi partendo dal Faro di Punta Scorno e percorrendo idealmente tutta la dorsale stradale che attraversa longitudinalmente l’intera isola, troviamo:

  • Case Bianche
  • Cala d’Oliva
  • Trabuccato
  • Campo Perdu
  • Tumbarinu
  • Santa Maria
  • Fornelli

Il lettore attento noterà certamente l’assenza del complesso di fabbricati di Cala Reale che, essendo giurisdizione della Stazione Sanitaria Marittima ricadeva (dal punto di vista agricolo) nel territorio di competenza della Diramazione di Campo Perdu.
In aggiunta alle Diramazioni avremmo poi trovato un numero di località come Campo Faro, Punta Scorno, Elighe Mannu, Stretti, Case Bruciate, Sa Zonca ed altre minori, che non avevano una funzione definita. Qualcuna, come Elighe Mannu, era costituita inizialmente solo dalle stalle per suini e caprini, qualcun’altra come Campo Faro raggruppava una serie di fabbricati ad uso abitativo assegnati al personale con famiglia residente sull’isola.

O.d.S. 516 del 1967 del Direttore Catello Napodano che istituisce la Diramazione di S. Maria

O.d.S. 516 del 1967 Direttore Catello Napodano che istituisce la Diramazione di S. Maria (arch. Leonardo Delogu)

Ogni Diramazione era autonoma dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico per uso domestico, l’acqua proveniva da sorgenti e da invasi artificiali (Fornelli – Campo Perdu e Cala D’oliva con l’invaso di Maria Rosaria dal nome della proprietaria dell’orto che era coltivato prima dell’esproprio, in qualche caso, l’acqua era potabilizzata con impianti appositi (ancora visibili quelli di Fornelli e Cala D’oliva) e per la distribuzione dell’energia elettrica ci si serviva di un elettrodotto su cavo che, per lunghi tratti, correva a fianco della strada “Fornelli – Cala D’Oliva”. Purtroppo durante l’inverno, il maestrale e l’accumulo della salsedine sui fili elettrici, causavano frequenti interruzioni  dell’erogazione dell’energia elettrica con gravi disagi per tutti i residenti.

Ovviamente quando in questa sede si parla di “residenti” il riferimento è al personale in  servizio, alle loro famiglie e alle persone detenute, senza distinzione di sorta.

Agrozootecnia – Un poco di storia.

Dopo la guerra e fino al 1965 l’allevamento del bestiame, in particolare quello bovino, all’Asinara era esclusivamente basato sul tipo “brado” e l’attività agricola sempre finalizzata all’allevamento zootecnico.
I ricoveri per il  bestiame, stalle, fienili etc. scarseggiavano e quindi i bovini permanevano, estate ed inverno al pascolo libero, i parti dei bovini erano lasciati allo svolgersi naturale degli eventi per cui in momenti siccitosi e di scarsa produzione foraggera la natura adottava strategie di “riduzione” delle nascite automatiche, praticamente quello che, ancora oggi, accade in africa con gli animali selvatici.

La “battaglia del grano”  fu una iniziativa del regime fascista promossa nel 1925, che prevedeva l’aumento della superficie coltivata e l’utilizzo di tecniche più avanzate quali la meccanizzazione e la diffusione di nuove varietà di grano, come le “Sementi Elette”, realizzate da Nazareno Strampelli.
In questo quadro di riferimento nazionale ho già riferito che nel 1927 la Casa di Lavoro all’Aperto fu insignita del Diploma di benemerenza per la buona riuscita del raccolto (nel successivo anno 1937 si ha notizia di una produzione di 13,70 q.li di granturco e 9,23 q.li di ricino coltivati solo nella piana di Fornelli ancora sprovvista di sistemi d’irrigazione).

Le vere leggende dell’Asinara.

Ho sempre sentito parlare del toro di Campo Perdu, (non quello della fotografia sottostante), ma di un suo predecessore che, mi raccontavano le guardie a cavallo, aveva incastrato la persona che lo accudiva tra la sua testa e la parete procurando al poveruomo lesioni che lo avevano condotto a morte.
Addirittura nella stalla di Campo Perdu dovrebbero ancora persistere i segni sul muro in alto, lasciati dalle corna del toro.

Nel bellissimo testo di Gazale e Tedde “le Carte Liberate” editore C. Delfino 2016 non solo si conferma il fatto, ma si aggiunge che il detenuto, giunto sull’isola il 5.11.1911 si chiamava Marziano Seghesio matr. 2097, ed era un siciliano che doveva scontare una pena a 19 anni. Morì per commozione viscerale e peritonite il 4 aprile 1914 in seguito a “cozzata di un toro” così recita il rapporto stilato.

Dopo il 1965 si passò decisamente all’allevamento semibrado e furono costruite le stalle di Campo e di Santa Maria.

Robur C.Perdu (foto Hendel 1984)

I numeri

Qualche numero è necessario farlo, e non è difficile poichè il conteggio del bestiame era richiesto anche dalla Contabilità Generale dello Stato e si metteva praticamente in atto attraverso la compilazione mensile di un registro (Reg. 88)  comunemente conosciuto come “l’ottantotto”.
In ogni Diramazione il personale addetto ai lavori agricoli e all’allevamento del bestiame compilava un resoconto giornaliero dei movimenti di bestiame e dei prodotti agricoli.
Con il termine “capi” qui vengono intesi esclusivamente il numero degli animali in allevamento cioè bovini, ovicaprini, suini ed equini (i mufloni, gli asini grigi e bianchi erano fuori conta, e vennero introdotti, solo gli asini bianchi, in tempi relativamente recenti 1982-1983).

carretto (L.Spanu)

Detenuto impiegato in attività agricola Diramazione Fornelli (arch. L. Spanu)

Nel 1931 erano in conta 2.355 capi, ma la massima pressione antropica sull’isola si ebbe nel 1984 con 5.287 capi allevati (bovini, equini ed ovicaprini) a questo numero occorre sommare il numero di mufloni che ondeggiava tra i 600 e i mille capi, oltre agli asinelli grigi ed ai cinghiali che però non erano in numero elevato.

Da quell’anno (1984) iniziò la discesa del numero ed in più vennero nettamente divise le linee genetiche bovine introducendo, accanto alla linea tradizionale (prod. latte in Campo Perdu), anche una linea vacca vitello (da carne ubicata nella diramazione di Trabuccato).
Fu necessario questo innesto di nuove linee genetiche sopratutto per contrastare una problematica che si presentava nell’allevamento bovino, ovverosia la nascita di vitelli con la testa leggermente più grande rispetto alla media.
Questo tipo di problema denunciava uno scarso “rinsanguamento” e si traduceva in una serie di problematiche dovute dalle condizioni logistiche (parti in campagna) condizionati negativamente dalla assenza del veterinario (il veterinario era in convenzione) sull’isola e dal suo mancato o ritardato intervento, causato dal mare grosso, per cui i parti delle primipare presentavano elevate difficoltà di regolare espletamento.

Nello stesso periodo (1984), nell’allevamento ovino furono acquistati una decina di esemplari di arieti Merinos (da carne) al fine di ottimizzare le rese carnee dell’allevamento, già attestate a buoni livelli per la produzione di latte.
nel 1941 diventano          4287 capi di bestiame
1960 sono                      5366 capi di bestiame

Dopo il 1965 si passò all’allevamento semibrado.
Nel 1970 i capi     sono    4448 e negli anni che seguono si avvia anche all’allevamento di animali da cortile.

Dieci anni dopo, nel 1980, si arriva a contare un numero di capi pari a 4034 che comprendeva anche un residuo di 5-600 animali da cortile (tacchini galline e conigli) allevamento che l’anno successivo (1981) fu definitivamente dismesso.

Torello figlio di Robur (Foto A.Canu 1997)

Torello uno dei figli di Robur (Foto A.Canu 1997)

Le superfici utilizzate a fini agricoli

Molte persone chiedono sovente di precisare le entità delle superfici agricole utilizzate durante il periodo penitenziario. Notevoli porzioni di territorio erano destinate all’utilizzo del pascolo di ogni specie in allevamento e queste superfici erano notevolmente superiori a quelle coltivate.

Tra Fornelli e S. Maria si calcolavano più di 700 – 800 ettari coltivati a foraggi ed erbai autunno-vernini (rotazione agraria), sul punto appare importante precisare che ogni tipo di coltivazione prescindeva dall’utilizzo di diserbanti e di fitofarmaci.
In ordine di grandezza decrescente si collocava Trabuccato con circa 450 ettari coltivati e 300 – 350 erano gli ettari dediti all’agricoltura della Diramazione di Campo Perdu.

Anni 40 la falciatura. (foto L.Delogu)

Anni 40 la falciatura. (foto L.Delogu)

Bisogna sempre tenere presente che i “confini” tra le Diramazioni non erano stabilmente definiti per cui, nei differenti periodi storici gli appezzamenti, sopratutto quelli ubicati ai confini delle Diramazioni contigue, venivano coltivati a volte da una Diramazione e a volte dall’altra, ciò in relazione alle variate possibilità di utilizzare il personale di servizio secondo le attitudini dimostrate, nonché al numero di bestiame che, min quel momento, gravava sulla diramazione.

Il totale dei terreni coltivati era quindi pari 1550 ettari circa.
Si aggiungono a questa cifra le superfici degli orti, presenti in ogni diramazione, superfici che erano di differente estensione e che complessivamente sommavano a circa 100 ettari. La Diramazione di Case Bianche aveva dei fazzoletti di terreno, ma le pecore e le capre si spostavano, con i pastori, a seconda del pascolo e della stagione giungendo sino alle spalle di Campo Perdu.

 

Il personale addetto all’Azienda Agraria

La Guardia a Cavallo costituiva l’ossatura portante della struttura produttiva, ma a chi corrispondeva questa figura singolare nel panorama della vita all’Asinara?

Era personale di Polizia Penitenziaria, (una volta Corpo del Agenti di Custodia) figura prevista dalla Legge e dai Regolamenti, dotato di spiccata esperienza in campo agrozootecnico che volontariamente decideva di dedicarsi alla cura del bestiame e alla gestione delle più svariate pratiche agrozootecniche.

L’Amministrazione Penitenziaria non ha mai dato lustro a questa, come a tante altre figure professionali, (d’altronde la assoluta assenza nella difesa della memoria del trascorso penitenziario dell’Asinara costituisce una testimonianza palese del disinteresse) né ha mai riconosciuto loro economicamente il “di più” professionale che, senza investimenti aggiuntivi, veniva utilizzato per il buon andamento del complesso.
Il trattamento sopra descritto non era riservato solo al personale di Polizia Penitenziaria, ma anche ad altre figure professionali misconosciute e poco considerate dall’amministrazione pubblica.
Forse non tutti ricorderanno che, ad esempio, il Comandante della Motonave Gennaro Cantiello era stato assunto in servizio, attraverso un concorso per Operatore di IV livello, quindi con retribuzioni consone al livello posseduto, ma con il bagaglio e le abilitazioni necessarie alla conduzione del mezzo navale, non certo una barchetta, ma una bellissima Motonave che era in grado di traghettare merci per decine di tonnellate e persone in numeri a due zeri. Con tutta la responsabilità e le competenze per il trasporto quotidiano ed il collegamento con Cala d’Oliva.

 

Guardie a cavallo - Fornelli - In primo piano il Brig. Francesco Argiolas.

                        Guardie a cavallo – Fornelli – In primo piano l’allora Ag.te Francesco Argiolas.

Ma torniamo al tema, la Guardia a cavallo doveva quindi espletare il regolare servizio a turno e poi, nell’ambito del suo orario, effettuava quelle non certo leggere mansioni cui era destinato, la cura del bestiame, la conta, le pratiche agronomiche, le semine, la trebbiatura, etc. etc.
Tanti sono nomi di Guardie a cavallo che si affollano nella mia mente e per non dispiacere nessuno citerò per tutti un paio:
– quello dell’Ag.te Francesco Argiolas (n. 22.01.1948 a Noragugume), successivamente promosso Brigadiere, una persona di raro spessore umano, che resterà sempre impressa nel mio ricordo per la serietà e competenza nella gestione degli animali, per la perizia e l’eleganza nella conduzione del cavallo e per il suo grande carisma presso la Direzione, nei confronti dei colleghi e verso tutto il personale.
– Ricordo anche il nome dell’Ag.te  Vincenzo Denofrio, profondo conoscitore dell’isola ed esperto in ogni attività svolta a contatto del territorio che avrete modo di vedere nel filmato.
Alla Guardia a Cavallo Ag.te Vincenzo Denofrio era affidato, come sentirete anche dalla sua voce, il Caseificio e la produzione di formaggio nonché il mattatoio di Cala d’Oliva, oltre alla conduzione pratica delle battute per la cattura dei mufloni per il ripopolamento.
Le mie semplici parole vogliono attestare la stima sincera e l’affetto profondo per tutte le Guardie a cavallo dell’Asinara per l’impegno da loro sempre profuso a piene mani per il buon andamento della struttura.

 

Il lavoratore dell’Asinara e la sua mercede

All’Asinara vi hanno soggiornato obbligatoriamente personaggi di tutti i tipi, dal piccolo spacciatore africano al potente capobastone camorrista.
Quest’ultima figura non aveva certo bisogno di lavorare, anzi per ragioni le più disparate spesso si trovava in condizioni di non poter uscire dalla sua cella oltre il periodo concessogli dalla legge.
Invece altri, molti altri traevano, da queste attività lavorative agricole, un reddito minimo per poter aiutare le famiglie che subivano tutti i disagi della carcerazione, senza aver commesso reati di alcun tipo.
L’importo giornaliero con la quale la Direzione remunerava, per legge, il lavoro svolto all’interno della struttura penitenziaria, in ogni settore (compreso quello agricolo), corrispondeva ai due terzi della paga sindacale minima del momento.
Non per tutte le posizioni lavorative era possibile corrispondere la remunerazione (tecnicamente definita “mercede” per periodi prolungati poiché, con la insufficiente copertura dei capitoli di spesa relativi alle retribuzioni, la Direzione era costretta, attraverso la rotazione, ad ampliare la platea dei fruitori.
La maggior parte di coloro che prestavano la propria opera nell’Azienda agraria erano pastori sardi per cui io ero uso dire che le strutture penitenziarie consentivano di vivere la propria esistenza e scontare la pena che il Giudice aveva assegnato loro, con una modalità molto simile a quella rintracciabile nei luoghi d’origine.

Per supportare questa mia affermazione, che ai più potrebbe suonare fuori posto, ho accluso un pregevole filmato edito da Carlo Delfino Editore del 1994 dal titolo “ASINARA, L’ISOLA PROIBITA” girato sull’isola nel 1993 dai registi di Daniele Cini e Maurizio Felli con la splendida fotografia di Maurizio Felli.

Soggiorno “non obbligato” per una troupe televisiva all’isola-carcere dell’Asinara, un paradiso protetto da un secolo di isolamento. Una natura incontaminata dove gli animali si sentono liberi perché gli uomini sono prigionieri! É la prima volta che una troupe italiana riesce a realizzare un documentario su quest’isola sconosciuta.

Quello che precede è il testo della presentazione di lancio del filmato dell’epoca che, forzatamente, sono stato costretto a ridurre del 50% circa, ma che è possibile visionare integralmente nella nostra pagina fb degli “affetti da mal d’Asinara”.

E’ il caso di Paolo Picchedda la cui voce ascolterete, tra le altre, nel filmato che precede. Si tratta di una persona ora libera, che ho espressamente contattato con la richiesta, accordatami, di citare integralmente il suo nome.

Paolo Picchedda - Pastore a Case Bianche

Paolo Picchedda – Pastore a Punta della Scomunica – il punto più alto dell’isola. (fermo imm.ne)

E’ interessante soffermarsi un poco su ciò che Picchedda afferma nel filmato e, per comprenderlo fino in fondo, ho deciso di “sottotitolarlo”….

Leggete cosa dice:

“Eh io esco al mattino, alle cinque, dalla Diramazione dove dormo e vengo con questa mula.
Qui, dove c’ho il caprile, si chiama Elighe Mannu …. mi “radunisco” le capre e le porto al caprile, di là dò il latte ai capretti e faccio la mungitura e poi le faccio uscire di nuovo a pascolare, no!

Di sera, rientro verso le nove alla diramazione, per dormire e la giornata mi passa così.

Qui, dove siamo noi, si chiama Punta Scomunica, questa è la punta più alta di tutta l’isola, qui ci sono capre, cinghiali, mufloni, c’è la poiana, ci sono cinque o sei tipi di falchi…..  gli animali qui è il fiore dell’isola!

Eh la volta là c’era proprio un bel mucchio di vari animali, tutti insieme, erano una cinquantina di mufloni, tutti a un branco… pascolando, e un cinquanta o sessanta capre, erano tutte unite, pascolando serie loro, …. un paradiso.  Mi sono trattenuto qualche due ore, bene, a guardare la bellezza di questi animali….

…  uniti,

… era proprio una bellezza.

E’ un bel posto, di fronte a stare nei carceri chiusi, sempre facendo là il detenuto, come si deve tenere, con le regole, con tutte queste cose … mi

Eh!… ci debbo rimanere ancora una….. quindicina d’anni ….

Eh Eh Eh….. però per me è un bel posto!

Bovine al bagno. Campo Perdu (foto Enzo Cossu)

Bovine al bagno. Campo Perdu (foto Enzo Cossu)

Nella carrellata finale del filmato (il piccolo concerto a Cala d’Oliva) si possono facilmente riconoscere tantissime persone, tra cui il Direttore dell’epoca Gianfranco Pala ed anche, di sfuggita, l’ultimo Agronomo dell’Isola Antonello Mulas, ma vi sono molte persone che, purtroppo, non sono più tra noi.

Per cui questo raro documento assume, per noi “ammalati storici dell’Asinara“,  ancor più valore.
Chi, e ormai sono molte centinaia di persone osserva, sia pure solo superficialmente, questo articolo, potrebbe pensare che, nelle frasi, si possa  intravvedere un “rimpianto per la passata gestione”  e  il “desiderio di un impossibile ritorno“.

Ma non è così!

E solo voglia di testimonianza da tramandare, potrei  arrivare a dire che è voglia di “cristallizzare”, una situazione che,
– pur avendo avuto indubbiamente anche i suoi lati negativi, (isolamento, difficoltà di collegamento, etc etc),
– pur avendo affidate istituzionalmente differenti funzioni,
ha avuto il grande merito di AVER RICEVUTO e sopratutto di “AVER LASCIATO” alle future generazioni un patrimonio storico – naturalistico unico al mondo.
Per anni il nostro orizzonte si è aperto nel “paradiso”!

e noi tutti siamo convintamente orgogliosi di aver fatto la nostra piccola parte per contribuire a mantenerlo tale.

Carlo Hendel
24 maggio 2016

Visto l’enorme interesse suscitato dall’immagine in testa all’articolo ho privatamente contattato la gentilissima proprietaria, la Signora Luisa Deiana ed ella mi ha subito inviato anche la parte retrostante.
E’ stato, per me, come tornare indietro nel tempo di moltissimi anni.
Innanzi tutto posso riferire che è una cartolina inviata da un prigioniero di guerra che scrive evidentemente alla famiglia in Ungheria indirizzandola a Frau Josef Nagy .
La cartolina è, in termine tecnico, una cartolina “viaggiata” cioè spedita e ricevuta. Reca una grafia maschile scritta con matita in lingua ungherese per cui non è perfettamente leggibile e conserva anche i timbri della CROCE ROSSA ITALIANA, nonché della “Censura dei Prigionieri di Guerra”.
Senz’ombra di dubbio l’età della cartolina risale al 1915 -1916.

Retro della Cartolina spedita dall'Asinara (Coll. Luisa Deiana)

Retro della Cartolina spedita dall’Asinara (Coll. Luisa Deiana)

La diga di Maria Rosaria volgarmente detta “del Pecorile”

Asinara - Cala D'Oliva - Invaso di Maria Rosaria

Asinara – Cala D’Oliva – Invaso di Maria Rosaria

L’immagine di Gianni Piano, pubblicata il 28 luglio 2020 nella pagina degli Affetti dal Mal d’Asinara, ci offre lo spunto per scrivere di una importante struttura dell’Isola dell’Asinara, un impianto che ha contribuito notevolmente ad alleviare i disagi della popolazione ivi residente fino alla chiusura del Carcere.

L’invaso di Maria Rosaria, è comunemente  denominato del “Pecorile” ed è ubicato sulla “testa” di Cala d’Oliva, lungo la strada che conduce alla Diramazione di Case Bianche.
 
L’invaso fu originariamente denominato di “Maria Rosaria” a causa della preesistente presenza, nel sito di costruzione, di un grande orto di proprietà di “Maria Rosaria” un’antica abitante dell’isola pre-esprorio (1885).
 
La discreta raccolta d’acqua meteorica, accuratamente recintata, era in grado di fornire il prezioso liquido al paesello di Cala d’Oliva.
L’acqua “grezza” veniva potabilizzata e resa idonea per gli usi civili, dall’impianto di potabilizzazione ubicato appena sopra la diramazione “Centrale”.
 
Inizialmente lo sbarramento era semplicemente realizzato in terra battuta (sistema costruttivo antico) ed era privo di “sistema di sfioro”.

Dopo la rovinosa distruzione, per tracimazione, della prima diga, questa fu ricostruita nel 1967 con criteri moderni, ed è giunta fino ai giorni nostri (luglio 2020).
Quello sottoriportato è l’ordine di servizio con cui il Direttore Catello Napodano comunica l’affidamento della direzione dei lavori per la costruzione delle dighe di Cala D’Oliva e Trabuccato al Cavaliere Domenico Agnelli nonchè il completamento di quella di Campo Perdu.
Il Cav. Domenico Agnelli aveva svolto servizio all’Asinara in qualità di Brigadiere e, successivamente alla pensione, aveva accettato incarichi di direzione dei lavori edili all’Asinara.

L'ordine di servizio rintracciato da Leonardo Delogu.

L’ordine di servizio rintracciato da Leonardo Delogu.

 

Ecco, di seguito, le immagini d’epoca relative alla “ricostruzione” della Diga.
Maria Rosaria 1Maria Rosaria 2

 

 

Nella seconda foto sono visibili scritte originali apposte a matita di pugno dall’Agronomo dell’epoca, che aveva progettato l’opera e doveva essere De Siervo.

Le scritte indicano i tre sbarramenti costruiti appositamente per sostenere la spinta dell’acqua ed impedire lo “scivolamento, a valle, della struttura.
Le immagini non sono datate.
Maria Rosaria 3Maria Rosaria 4La tracimazione della prima diga fu conseguenza di un’annata di abbondanti precipitazioni e la mancanza di un “sistema di sfioro”, causò la distruzione della prima diga.
Ciò accadde di notte e la massa d’acqua si riversò violentemente a valle raggiungendo il mare a Cala della Murighessa disabitata per via dell’ora.
Il percorso distruttivo della massa d’acqua è evidente nella planimetria allegata.

maria rosaria hendel 2020

carlo hendel

Carlo nasce nei primi mesi del '50 e trascorre la sua infanzia a Roma, nella zona centrale della capitale, a “due minuti a piedi” da Piazza di Spagna. Di padre polacco e con la mamma abruzzese, Carlo aveva un fratello in Polonia, ed ha tre sorelle: una in Polonia e due in Italia. All'età di 22 anni si trasferisce nel paesino abruzzese di Barete e vi svolge attività libero-professionale per circa dieci anni. Consegue la nomina, da parte del Ministero di Grazia e Giustizia, alla Direzione Agrozootecnica della Casa di Reclusione dell'Asinara, evento che lo farà incontrare con l'isola e con la Sardegna. Vive e lavora con passione all’Asinara, per circa cinque anni, dal 1982. Alla vigilia della trasformazione dell’isola in Parco, partecipa come coautore, al volume “ASINARA” Storia, natura, mare e tutela dell’ambiente (Delfino Editore 1993) curato da A. Cossu, V. Gazale, X. Monbaillu e A. Torre, per la parte riguardante la Storia agricola e l’ordinamento carcerario. ------------------------------------------------------------------------------ L'Asinara non sarà più dimenticata. Blogger dal 2000 sotto vari pseudonimi, e con svariati blog. Nel 2007 pubblica una nota "L'Asinara - La storia scritta dai vincitori" con la quale, per la prima volta, rivendica per l'isola il suo "diritto inalienabile alla storia". Nel 2016 pubblica questo portale personale investendo notevoli energie e risorse solo con l'intento divulgativo e per testimoniare la storia dell'isola senza preconcetti o preferenze, per tutti i periodi e le vicissitudini attraversati dall'Asinara. Prosegue la sua attività lavorativa prima a Castelfranco Emilia (MO), poi a Roma (D.A.P.) ed infine a Viterbo ove maturerà il tempo della agognata quiescenza. All'età di 59 anni la sua vita cambia in modo importante, ma non è questa la sede propria di siffatta narrazione. -------------------------------------------------------------------------------------- Si definisce, da sempre, un ecoagricoltore e ancora oggi, produce olio biologico extravergine di oliva per autoconsumo, coltiva il suo orto con metodi esclusivamente naturali ed alleva animali da cortile. Carlo spesso ama dichiarare di aver avuto cinque o sei vite, ora ha due splendidi nipotini ed un diavolo per capello! Il resto lo lasciamo ai posteri......