Bella immersione nell’isola più bella del mondo!
Eh si perché il primo tentativo, esperito nel 2015, di impostare un modo nuovo di avvicinarsi alla visita turistica dell’isola dell’Asinara, facendo compiere al visitatore un percorso che lo accompagni gradualmente alla riscoperta di bellezze naturali, alla visita integrata ai luoghi storici dell’Asinara ed alla restituzione delle emozioni attraverso i racconti di coloro che, negli anni trascorsi vi avevano vissuto, era fallito, miseramente spiaccicato contro il muro di una minuscola presidenza del Parco che, nell’occasione, aveva dato libero sfogo alla sua inutile protervia.
Noi del gruppo degli “ammalati dal mal d’Asinara” siamo come le caretta caretta, un guscio coriaceo ci ricopre completamente ed opponiamo la nostra gentile e ferma costanza ad ogni azione contraria.
Anche questa volta, come sempre facciamo da anni, abbiamo ripetuto l’azione centrando perfettamente l’obiettivo.
Nel 2016, il 27 giugno abbiamo organizzato la nostra “Seconda giornata di Risarcimento”.
La nutrita compagnia di quest’anno era capitanata dal decano dell’isola, il nostro splendido, quasi ottantatreenne, Gianfranco Massidda al quale abbiamo pensato di dedicare un giro particolare “La visita al Faro di Punta Scorno”.
La Direzione del Parco, che ringraziamo, ci ha dotato di un permesso speciale poiché la strada per raggiungere il sito è, in alcuni punti, decisamente sconnessa ed il transito è interdetto ai fuoristrada.
Gianfranco Massidda, fino a pochissime ore prima del viaggio, mi aveva esternato il legittimo timore di voler rivedere il faro di Punta Scorno, talmente grande era il bagaglio di ricordi che temeva lo sopraffacessero. Poi non appena posto il piede sull’isola ogni dubbio è svanito come la bruna mattutina che si forma sul mare immobile nel mese di luglio.
Lo vedete nella bellissima immagine, scattata da Enzo Cossu, che, riflette dinnanzi al “suo faro” facendosi largo tra l’affetto e l’affollarsi dei tanti affettuosi ricordi …..
Carichi di aspettative ci siamo imbarcati a Stintino, dopo aver preso accordi precisi con Pier Paolo Peddio e Fiorella Caria preparatissime guide autorizzate del Parco dell’Asinara e siamo sbarcati a Fornelli.
Con Enzo Cossu ci siamo staccati momentaneamente dal gruppo e, acccolti dall’ombra secolare di un albero nel cortile di Fornelli, abbiamo avuto un rapidissimo incontro di conoscenza informale con nuova Presidenza, ad interim, del Parco nazionale isola dell’Asinara, il sindaco di Stintino, Antonio Diana, unitamente al Direttore del Parco Pier Paolo Congiatu e al Direttore dell’Area Marina Protetta Vittorio Gazale.
Nel riconoscere al nostro gruppo la importante funzione di stimolo e di documentazione storica degli avvenimenti trascorsi, tutti hanno mostrato, oltre alla loro profonda conoscenza del contesto, anche la disponibilità di collaborazione dell’intero Consiglio Direttivo, con il gruppo degli Ammalati da “mal d’Asinara”, per la realizzazione di iniziative comuni volte allo sviluppo delle attività del Parco.
Ringraziando ci siamo rapidamente congedati dagli impegni istituzionali ed è iniziata la dura marcia di avvicinamento al faro di Punta Scorno.
I nostri occhi sono stati subito inesorabilmente trafitti dalle immagini dei luoghi più belli dell’isola.
Dopo il complesso penitenziario di Fornelli, si sono succedute la pudica spiaggia di S.Andrea, con il suo splendido stagno retrodunale, la minuscola Tumbarinu, il maestoso fabbricato dell’Ossario, poi le diramazioni quasi gemelle di Campo Perdu e Trabuccato… infine, come un primo colpo allo stomaco, ci è apparsa la bellissima Cala d’Oliva…..
Che dire, penso proprio che le mie semplici parole non siano in grado di descrivere compiutamente le sensazioni che il gruppo ha attraversato; i due fuoristrada hanno macinato i chilometri di strada sterrata, insieme al fiume di parole di Gianfranco Massidda e di Leonardo Delogu che hanno interpretato in modo perfetto, la finalità dell’escursione.
Le due ottime guide del parco, Fiorella e Pier Paolo, hanno svolto la loro professionale illustrazione con una intelligenza fuori dal comune, lasciando sempre volentieri lo spazio necessario agli interventi dei due ex abitanti dell’isola.
E’ stata talmente poderosa la massa delle emozioni che Gianfranco e Leonardo hanno restituito a tutti i fortunati partecipanti alla gita che, anche chi scrive, ha ritenuto di non dover aggiungere nulla per l’intero percorso.
Intorno alle dodici il gruppo ha iniziato la faticosa salita a Case Bianche e i due mezzi fuoristrada impiegati non hanno mostrato la sia pur minima difficoltà nell’aggredire i tornanti, in qualche caso perigliosi, finchè non si è svelata, ai nostri occhi, la visione paradisiaca della spiaggia di Cala D’Arena.
Che meraviglia!
Le reflex a quel punto sono silenziosamente impazzite e la ripresa del percorso si è fatta problematica, ma siamo ripartiti finchè dopo aver fiancheggiato il fabbricato cadente dell’aereonautica, siamo entrati nella discesa che porta al faro di Punta Scorno dove le land rover hanno finalmente ottenuto un momentaneo riposo. Il maestralotto allegro che ci ha accolto, flagellava senza pietà la banchina di ponente e nelle mie orecchie il silenzio più assoluto.
Ognuno ha scattato innumerevoli immagini sotto l’ombra protettrice del faro.
Gianfranco è passato dalla riflessione profonda ad una frenesia che lo ha portato, come un muflone in cerca del riparo, ad andare su e giù, inerpicandosi tra rocce e tronchi arsi dalla salsedine, per controllare gli effetti dei marosi sulla banchina in cui era aduso tirare a riva la sua barca e accoratamente ripeteva a tutti: “Mii, che il mare ha divelto anche i massi di granito… io, come il mare lo permetteva, andavo a controllare le lastre una per una e se vedevo un piccolo foro, subito lo riempivo di cemento ….. che peccato”.
Poi è seguito il veloce pasto ed i richiami prolungati a coloro che si erano avventurati ad immortalare, dall’alto del piazzale del Faro, il panorama indicibile.
Zavorrati di emozioni e con le memorie delle fotocamere ormai sature, abbiamo ripreso il percorso a ritroso, con una breve sosta a Cala d’Oliva per salutare lo scultore dell’Asinara Enrico Mereu e poi dirigerci velocemente a Fornelli per l’imbarco.
Un grande grazie all’Asinara!
quello che io ho definito una “reliquia naturalistica” appare, a prima vista, molto debilitato da un attacco poderoso di “ Lymantria dispar L.“ Classe: Insetti – Ordine: Lepidotteri – Sottordine: Eteroneuri – Famiglia: Limantridi – Genere: Lymantria Piante ospiti: Latifoglie in genere, Conifere forestali e di interesse paesaggistico, piante da frutto arboree ed arbustive. Identificazione e danno La Limantria è un fitofago defogliatore estremamente polifago; è in grado di defogliare qualsiasi essenza vegetale. Il danno è determinato dagli stadi larvali che sono defogliatori totali; il danno è valutabile sia dal punto di vista estetico, per le piante di interesse ornamentale e paesaggistico, sia dal punto di vista fisiologico; infatti la pianta subisce notevole stress, conseguente al forzato ricaccio vegetativo. Nel complesso il danno si può configurare in pericolosi deperimenti ed indebolimenti delle piante colpite che saranno sicuramente più sensibili alle patologie, specialmente fungine (funghi lignicoli). —– La rilevazione di numerosi soggetti del fitofago sulla corteccia dei lecci ha destato forti preoccupazioni nel nostro gruppo sino ad arrivare a far temere per la sopravvivenza stessa della lecceta, che è qua e la punteggiata da esemplari di pino, preoccupazioni quindi dovute in misura minore anche a problemi di ordine sanitario che potrebbero interessare le persone che incautamente vengono a contatto con le caratteristiche processioni larvali. Già vari autori tra cui il Prof. Emanuele Bocchieri (nel volume Asinara sotto riprodotto – C. Delfino Editore 1993) hanno sottolineato l’importanza della lecceta di Elighe Mannu definita “molto ben conservata” sia pure con presenza di “essenze di pino originate da un errato rimboschimento”. Abbiamo tutti avuto percezione di un depauperamento importante delle chiome dei lecci con defoliazioni apprezzabili ad occhio, sicuramente siamo in grado di dimostrare, con immagini fotografiche, il danno già prodotto dal lepidottero. Nel frattempo si potrà, senza tergiversare ulteriormente, procedere all’attivazione delle procedure di lotta meccanica con l’individuazione del periodo maggiormente proficuo per l’asportazione dei nidi di Lymantria .
La lecceta di Elighe Mannu
Specie: L. dispar L.
La Limantria è specie originaria dell’Europa, dell’Asia e del Medio oriente; nel secolo scorso si è casualmente diffusa nell’America settentrionale dove ha creato notevoli problemi per il suo contenimento.
A nostro avviso sarebbe intanto opportuno predisporre una mappatura dei pini nella lecceta e l’individuazione e circoscrizione dei focolai d’infestazione, richiedendo l’inserimento del bosco di Elighe Mannu nel Programma di tutela della regione Sardegna.
Fabio Bruzzichini (30 giugno 2016 )
il 1° luglio 2016 Gabriele Delogu scrive: ….da queste parti la terra è viva, respira, sente tutto e tutti e ne assorbe i pensieri, quasi parla, e se solo questa isola potesse parlare non basterebbero 1 milione di libri per trascriverne le storie. Non sarà così per chi non l’ha vissuta o per chi non vive qua in Sardegna, ma noi questi luoghi li viviamo in punta di piedi, in modo discreto e rispettoso, sentendoci piccoli piccoli di fronte a questa maestosa bellezza che è l’Asinara. ps Gabriele Delogu è del 1995
Ritornare qua è stato un tuffo nell’infanzia, per quel poco che l’ho vissuta mi ha lasciato un segno e rivederla a distanza di anni, assieme a persone che l’hanno vissuta mi fa capire quanto sia stata importante per loro. Per chi era con me il giorno bastava vedere i loro occhi, quasi luccicavano, un grazie a tutti, è stata una bellissima esperienza!!😊😊
Il risarcimento parte 2° Isola dell’Asinara …… Il luogo natio nei componimenti dei poeti Ogni uomo porta sempre con sé, nell’arco della sua vita, le bellezze, i sapori, l’aria del luogo in cui è nato o ha lavorato per tanti anni. Se si trova lontano dalla sua terra, ripensa con nostalgia ai luoghi in cui ha trascorso la sua infanzia e ripercorre, nella sua memoria, tutte quelle cose (natura, casa, persone , mare …) che rendevano speciale quel posto. Il tema del paesaggio natio è caro soprattutto ai poeti, in modo particolare a quelli che sono stati costretti ad allontanarsi dalla propria terra. Si pensi al grande Ugo Foscolo che, nel sonetto “A Zacinto” si rivolge proprio alla sua terra che lo vide crescere, cantandone le bellezze naturali (il mare Ionio e le coste feconde) e mettendone in risalto l’importanza letteraria (l’isola, infatti, ha dato i natali a Venere ed è stata anche menzionata nella celebre Odissea di Omero). È fallito il tentativo di Renzo e Lucia di unirsi in matrimonio con un inganno ai danni di don Abbondio. I due giovani, insieme ad Agnese, sono costretti a scappare, in fretta e furia, dal loro paese per raggiungere, con una barca, l’altra parte della riva del lago. Anche Carducci, nella poesia tratta dalle Rime Nuove intitolata “Traversando la Maremma toscana”, esalta la bellezza del luogo in cui è cresciuto. Il poeta, ormai divenuto un uomo maturo, sta compiendo un viaggio in treno attraverso la sua dolce Maremma e, nel rivedere quei luoghi, prova delle forti sensazioni. Alcuni poeti, invece, hanno difficoltà a lasciare la propria terra. È il caso di Gabriele D’Annunzio che, in una lirica contenuta nella raccolta Alcyone intitolata “I pastori” vuole essere proprio come i pastori abruzzesi che, ogni settembre, lasciano la loro terra per condurre il gregge verso il mare. Saba, invece, nella poesia Trieste e una donna, canta Trieste non solo come sua città natia, ma anche come essa è realmente. Ogni ambiente di Trieste (la chiesa, la spiaggia, la collina) appartiene al poeta e vive in lui. Infine, anche Sbarbaro, nella poesia “Liguria” tratta dalla raccolta “Rimanenze,” celebra la bellezza della sua terra, appunto la Liguria. Di essa viene celebrata soprattutto la natura: il cielo invernale che è simile a quello primaverile, il sole che brilla anche quando piove finemente, i versi del gabbiano e il rumore del mare sugli scogli. Insomma, ogni persona non può dimenticare la terra in cui è nato. Ha con essa un particolare rapporto: la porterà sempre nel suo cuore e ne canterà le bellezze per non dimenticarsi mai, nei momenti più difficili della vita, di quanto è stato contento e spensierato durante la fanciullezza.
Purtroppo, però, Foscolo non può più farvi ritorno, nemmeno da morto, in quanto si trova in esilio. A Zacinto, dunque, resterà soltanto il canto nostalgico del suo figlio che si trova in esilio.
Quanto dolore provoca nell’animo umano il dover abbandonare per forza la propria terra. Un esempio di ciò che si può provare nell’allontanamento forzato è costituito dallo splendido passo “Addio ai monti” contenuto alla fine dell’ottavo capitolo de “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni.
Ecco che Manzoni scrive una delle pagine più belle della sua opera. Con tono di poesia, Lucia, nella sua mente, rievoca la bellezza della terra in cui è nata e nella quale si era sempre sentita al sicuro prima di ricevere le minacce di don Rodrigo.
In questi pensieri, viene messa in risalto anche la paura che si prova nel dover abbandonare per la prima volta la propria terra: Lucia ha sempre vissuto nel suo piccolo paese, non si è mai allontana da esso e ora prova timore nell’andare in un luogo che le è estraneo, in cui non ha nessun appoggio e non sa cosa troverà.
Si rifugia, perciò, in Dio, sicura che la accompagnerà in questa esperienza e che la farà, un giorno, ritornare a casa.
Ricorda i pensieri e i sogni che aveva fatto da giovane e arriva all’amara conclusione che non c’è nemmeno più il tempo di raggiungere quanto si era prefissato di fare pochè è vicino il momento di morire. Queste tristi riflessioni, però, sono alleviate proprio grazie alla vista delle colline e delle verdeggianti pianure tipiche del paesaggio maremmano.
Prima di partire, però, essi bevono alle fonti alpestri affinché il sapore dell’acqua natia rimanga nel loro cuore durante il periodo di allontanamento.
L’occasione era ghiotta; non potevo lasciarla scappare.
Non questa volta dove era presente un pilastro portante dell’isola di Ercole. Non lo conoscevo il Sig. Massidda, se non per sentito dire. Ho avuto modo di stringergli la mano (che fortuna!) e di sentire dalla sua voce squillante tanti aneddoti sconosciuti successi durante la sua permanenza sull’isola. I suoi momenti di silenzio hanno fatto trasparire sentimenti forti e di amore verso quel luogo che lo ha ospitato per tanto tempo.
Ci ha raccontato della barca sotterrata presso il molo di cala d’oliva e della motoretta mantenuta in equilibrio con delle sacche piene di sabbia di Cala Arena… (sih), dei detenuti nascosti al Castellaccio, della vita al Faro e del dispiacere nel vedere il molo di Punta Scorno praticamente distrutto dalle mareggiate….
Racconta: “io stesso, quando il mare lo permetteva, mettevo del cemento tra un basamento e l’altro per sopperire alla forza distruttrice del moto ondoso....” Un concentrato di notizie da assaporare molto lentamente il Sig. Gianfranco.
E’ stato un vero piacere averlo “a portata di mano” per un intera giornata, cosi come le altre due colonne di questo gruppo, Leonardo Delogu e Carlo Hendel che mi hanno coinvolto in questo ennesimo tuffo nel paradiso terrestre e che ringrazio tanto!
In questa pagina posto solitamente fotografie che ritraggono ciò che di meraviglioso offre l’Asinara, oggi ho voluto inserire quella che segue.
E’ il gruppo di amici ritrovati che si ristora ai piedi del Faro di Punta Scorno, con il sottofondo dei racconti del Sig. Gianfranco Massidda, grande memoria storica di questa terra magica.
Grazie a tutti e, a presto per le altre immagini inedite di quella grandiosa giornata!!