Chi ha vissuto, dall’interno delle strutture l’esperienza della detenzione, come tutti coloro che operano ogni giorno nelle strutture penitenziarie, e si accinge ad un esame del suo vissuto, forse si accosta più facilmente alle parole giuste da utilizzare per esprimere concetti che sono sicuramente difficili da ascoltare e ancor più complicati da comprendere.
Ne scrivo in questa parte conclusiva del resoconto sulla presentazione del libro di Gazale e Tedde “Le carte liberate” del 30 novembre 2016 che ha visto, tra gli altri, la partecipazione appassionata dell’Editore Carlo Delfino.
Quelle che si incontrano percorrendo i corridoi e le celle delle strutture chiamate carceri sono sensazioni che non lasciano certo indifferenti.
Il rimorso per il dolore provocato
La privazione della libertà fisica
L’impatto con una istituzione che non possiede differenti coniugazioni
…. e mi fermo quì, che già è sufficiente.
Piero Marras il famoso cantautore sardo interpreta, secondo la propria sensibilità artistica, l’idea di “Carcere” ed la rende percepibile filtrandola attraverso la musica, cosa che gli è estremamente congeniale.
Ascoltandolo con molta attenzione si evidenzia però facilmente che il tono, la vibrazione profonda della voce di Pietro Marras vuole comunicare qualcosa in più, il suo coinvolgimento emotivo, la partecipazione empatica, allora è proprio per questo che possiamo azzardare che la musica pare esprimere appieno tutta la sua potenzialità di facilitatrice dell’incontro tra l’arte e la pena, in tutte le sue implicazioni fino a giungere ai concetti più duri, che un ambiente così rigidamente connotato e codificato, certo non maschera.
Le indigeste parole, filtrate dalla poesia e rese fluide dalla musica, forse divengono così più facili da comprendere.
Se fosse il carcere
un campo da arare,
se il sole fosse sempre fatto entrare.
Se l’aria che respiri
fosse aria dal cielo,
se queste sbarre fossero uno stelo
e se il silenzio fosse
silenzio d’ascoltare
e la mattina fosse, mattina da odorare
tu non saresti più
un numero.
Tu non saresti più
un numero.
Le parole e la musica di Piero Marras toccano temi controversi e argomenti che la società tende a rimuovere sempre più spesso, a respingere da se quasi esprimendo il bisogno viscerale di eradicazione, per stendere un velo d’oblio su tutta la complessa realtà penitenziaria.
Allora prendere in mano un testo equivale ad aprire un mondo e quello pensato da Vittorio Gazale e Stefano Tedde ci presenta, in modo efficace, prelevandolo dai documenti reali, lo spaccato della vita di una persona, di un individuo che ha sbagliato, che è stato giudicato e che deve pagare il suo pegno per poter tornare in possesso del diritto fondamentale di ogni persona: la libertà.
La registrazione che segue, come tutte quelle dell’evento è stata realizzata dal carissimo amico Fabio Bruzzichini che ringrazio, in modo particolare.
In questa parte finale della manifestazione il Musicista Piero Marras ha eseguito il brano inedito dal titolo “Un numero” ispirato, come afferma l’artista, dal testo del libro “Le carte liberate”.
E’ necessario avvicinare i temi proposti con il rispetto dovuto per coloro che in queste vicende sono stati coinvolti, per le vittime del reato, per coloro che hanno commesso il delitto, per tutti quelli che professionalmente esercitano la propria funzione o il proprio servizio affinché leggi ed regolamenti possano essere correttamente applicati.