Raccontare una parte della storia di questa Stufa dal nome singolare è uno degli argomenti che appassiona, e insieme instilla angoscia a piene mani in considerazione dell’elevato numero delle vittime e del carico di sofferenze inenarrabili che queste persone sopportarono. Appassiona perché è finalizzato a esaltare il valore culturale della memoria storica dell’Asinara, nel suo complesso.
Mi riferisco precisamente alla stufa Giannolli che ha superato ormai i 100 anni (al 04.03.2017) e che ha visto svolgersi il rullino fotografico di un pezzo importantissimo e poco conosciuto di storia dell’Asinara.
Per cercarla torniamo indietro nel tempo ed arriviamo nel Campo “Jonio” di Stretti, era il 28 gennaio 1916 e troviamo finalmente la Stufa inviata dalla Prefettura di Sassari.
In quel triste periodo i campi di Prigionieri austro – ungarici prendevano il nome, mutuandolo da quello dei piroscafi da cui sbarcavano e il campo di Stretti fu allestito per ospitare, per primi, i prigionieri sbarcati dal piroscafo Ionio.
Poi diventerà un campo sterminato di tende.
C’è da dire che all’Asinara erano presenti diverse stufe, collocate nei campi già in funzione ed in grado di sterilizzare gli indumenti, ma questo tipo di stufa, la Stufa Giannolli, aveva la capacità di trattare con il vapore un gran numero di indumenti, arrivando a contenere anche i materassi o, per meglio dire “i giacigli”.
Con questi strumenti nel campo di Stretti ed in quello di Fornelli ogni giorno si riuscivano a lavare, disinfettare e vestire oltre mille prigionieri.
LO SVOLGERSI DEGLI ACCADIMENTI
Da poco più di un mese (18 dicembre 1915) aveva attraccato al molo di Cala Reale il Piroscafo “Dante Alighieri” con i primi 1.995 prigionieri austro – ungarici provenienti da Valona, il natante viaggiava assieme al Piroscafo America con 1.721 prigionieri ed un Cacciatorpediniere di scorta. In un giorno 3.716 persone giunsero in rada, ma non sbarcarono immediatamente. Come accadeva sempre, i prigionieri furono ripuliti, lavati, vennero tagliati loro i capelli e le barbe, e dopo la disinfestazione si rivestirono con indumenti puliti ed infine sbarcati.
I primi prigionieri dei serbi trovarono ad attenderli 15 ufficiali e 290 soldati italiani.
Con innumerevoli viaggi, in poco più di un anno, le circa venti navi italiane trasportarono sull’isola sarda ben 24.000 prigionieri consegnati dai Serbi agli alleati italiani.
Dopo la partenza da Valona sulle navi, sia in viaggio che in rada, morirono ben 1500 persone e buona parte di queste ebbero sepoltura in mare.
Circa 5000 prigionieri morirono dopo lo sbarco sull’isola dell’Asinara e trovarono sepoltura in fosse comuni, scavate dove possibile e successivamente ricoperte di calce onde evitare il contagio ed accelerare la decomposizione dei corpi.
Sui numeri c’è più di un dubbio e deriva dal fatto che nel porto di Valona i prigionieri venivano fatti salire sulle imbarcazioni in modo tumultuoso e spesso, durante il tragitto, coloro che morivano, venivano sepolti in mare.
Già a Valona ed a causa della lunghissima traversata, svolta a piedi, senza cibo ed in condizioni disumane, i prigionieri erano giunti avendo contratto il colera, ma la maggioranza dei decessi sui piroscafi e nell’isola avvennero per differenti cause, come riporta puntigliosamente la “Relazione del Campo di prigionieri colerosi all’isola dell’Asinara” del Generale Ferrari, inizialmente i decessi furono dovuti a forme di infezioni intestinali, nefriti, malattie cardiache e dell’apparato respiratorio, nonché al grave esaurimento organico dovuto alla traversata da Nish (Serbia) a Valona.
ANCHE IL COLERA ERA SBARCATO ALL’ASINARA
Era il 31.12.1915 quando i primi esami dettero esito positivo per ciò che riguarda l’epidemia di colera ed il picco massimo di intensità della malattia fu rapidamente raggiunto, il 10 gennaio 1916, dopo dieci giorni!
Le strutture pubbliche si mossero all’unisono predisponendo un piano accurato per isolare e circoscrivere l’infezione, fu curata l’igiene dei prigionieri e particolare attenzione fù dedicata all’alimentazione, immediatamente si stabilirono le norme per la sepoltura dei corpi ed il controllo delle fosse settiche in cui venivano convogliati i liquami.

Vista frontale della Stufa Giannolli nella sua attuale collocazione in Loc. Campo Perdu – Asinara
(photo F. Bruzzichini 2016)
UOMINI FANTASMA
Per tutto il periodo giunsero sull’isola persone che avevano perso tutte le caratteristiche umane, i prigionieri erano “in uno stato deplorevole, causa di stenti, le privazioni, le sofferenze e le malattie di ogni genere cui andarono soggetti nella lunga prigionia in Serbia e durante la ritirata disastrosa”.
Sbarcavano “male vestiti, molti di loro ignudi o quasi, miseramente coperti di abiti laceri e sudici, che cadevano a brandelli: coi visi sparuti e macilenti, con occhiaie profonde, stralunati, barbe lunghe ed incolte come le capigliature, nel cui folto brulicavano schifosi insetti, che pure invaso avevano i miserandi cenci di cui malamente erano coperti.”
Da queste considerazioni discende l’importanza del cimelio storico, l’essenzialità della Stufa Giannolli deriva dalla sua muta presenza in questo teatro infernale, nei gironi danteschi in cui bisognava immergersi prima di ritrovare nuovamente sembianze umane.
La sofferenza è stata sterilizzata dalla Stufa Giannolli, la sua importante testimonianza non può non essere conservata a futura memoria.
27 febbraio 2017
Il Comando Marittimo della Sardegna, alla Maddalena, chiese ai sindaci della zona di interdire la pesca per motivi sanitari.
Comunicazione riservatissima.
Il documento è stato gentilmente pubblicato il 08.11.2017 da Lucia Amato nella pagina fb degli “affetti dal mal d’Asinara”.
L’isola di Abbatoggia è un isolotto del mar Tirreno situato in prossimità dell’isola di La Maddalena – a cui appartiene amministrativamente – posto nella Sardegna nord-orientale.
Progetto culturale di tutela.
Quando si rintracciano concetti che corrispondono alle nostre aspirazioni profonde, credo si debbano condividere.
Penso sia anche opportuno ricomprendere, tra i diritti inalienabili, anche il diritto al valore storico-culturale delle origini.