Forse i Montecchi ed i Capuleti hanno visitato l’isola dell’Asinara?
Ogni tanto m’imbizzarrisco, tentando di risollevare lo spirito dei lettori che, con encomiabile costanza, cercano di seguire seriamente le lunghissime terapie imposte dal mal d’Asinara, nel disperato tentativo di guarire.
Ma siamo proprio sicuri di voler guarire?
In fondo penso che nessuno voglia farsi dimettere da questo speciale “Ospedale” in cui passeggiamo, alla luce del sole, colmando gli occhi con i colori dell’isola e la notte ci lascia a bocca aperta, davanti a spettacoli, come quello sopra immortalato dal nostro “amico-fotografo-ammalato-medico” che risponde al nome di Enzo Cossu, persona che sempre ringrazio, sopratutto per la pazienza con la quale sopporta i miei reiterati “furti” di immagini destinate a fare da quinta alle storie dell’Asinara ed offrire loro, un tocco di classe unico.
Sulla qualità “terapeutica” degli scatti non potrei aggiungere altro, rispetto a quello che le nostre pupille già apprezzano.
E se guardate bene nella foto dell’approdo di Fornelli di Enzo, al chiarore della luna, sulla banchina, si riesce a distinguere appena, una figura femminile, indossa un vestito leggero si seta bianca che si agita soavemente sotto gli sbuffi della brezza memore del vento di Maestro che va, pian pianino, acquietandosi….
Romeo, dove sei Romeo?
Ricordate le famose parole dell’opera L’Eccellentissima e Lamentevolissima Tragedia di Romeo e Giulietta che è la tragedia di William Shakespeare, composta tra il 1594 e il 1596, tra le più famose e rappresentate, nonché una delle storie d’amore più conosciuta al mondo.
L’opera fu oggetto di numerose interpretazioni non ultima il libretto di Vincenzo Bellini con il titolo “I Capuleti e i Montecchi” (opera rappresentata la prima volta a Venezia, Teatro La Fenice, l’11 marzo 1830).
Nel 1595 all’Asinara la famiglia dei Montecchi era di stanza a Fornelli, si trattava di rampolli di antiche famiglie nobili decaduti, il cui principe Romeo dell’età di sedici anni si era invaghito da una giovane Giulietta discendente di quella dei Capuleti, il nome esatto della famiglia era però Cappelletti e sull’isola abitava le case dei pescatori camoglini di Cala d’Oliva.
Le due famiglie di mufloni confusero i loro geni per dar vita al gruppo notevole di animali oggi stimabili attorno ai 600 Avrete compreso che si tratta solo di un incipit che vuole introdurre al racconto di un particolare relativo alle famiglie di mufloni (Ovis musimon Pallas, 1762).
Qualcuno ricorderà come giunsero i mufloni nell’isola dell’Asinara con l’immissione di una coppia nel 1952 seguita, l’anno successivo da due femmine.
Il branco, prima sparuto assunse, dopo pochi anni, una notevole consistenza per l’assenza sull’isola dei naturali competitori di questa specie e l’habitat rispecchiava quello d’origine dei mufloni.
Il testo di Nino Giglio narra, con copiosi particolari, della “Caccia al Muflone” che evidentemente si praticava sull’isola negli anni 60 ed il suo autore riporta le frasi del Direttore dell’epoca, convinto che la razza di mufloni andasse deteriorandosi, ma offre ulteriori informazioni quando testualmente afferma “I mufloni vivono, nell’Asinara, solo nella zona di Punta Maestra Fornelli; la mi appostai…….. etc etc”. (N. Giglio “Asinara” Rebellato Editore 1974 pag. 233 e segg)
Nel giardino del Direttore Catello Napodano
Sempre negli anni a cavallo del 1960 un piccolo branco composto da due maschi e cinque femmine era stato catturato e viveva nel giardino recintato della casa del Direttore Catello Napodano, ed era destinato all’osservazione diretta da parte dei visitatori, ovverosia di quelle personalità provenienti dal Ministero di Roma.
All’epoca bastava una passeggiata nel giardino del Direttore e si riportava qualche immagine inedita e a casa.
Purtroppo le fotografie non furono gli unici trofei da mostrare agli amici.
Il branco trascorse molto tempo in quel luogo protetto per impedire la fuga degli esemplari.
Per addomesticarli, cioè abituarli alla presenza assidua dell’uomo, gli animali erano giornalmente alimentati da un detenuto addetto con rami e foglie di olivastro ed il giardino non era uno spazio angusto, anzi i mufloni avevano a disposizione un amplissimo percorso, di molti metri quadri di terreno, sostanzialmente coperto da vegetazione allo stato naturale con diversi ricoveri.
Ricorda Lucia Amato:
“Il luogo era un giardino abitato, più che altro un ampio terreno che dalla casa scendeva verso il mare, chiuso, suppongo per ragioni di sicurezza, più che per una manifestazione di prestigio.🙂 Non so neanche perché quel muflone si trovasse lì, so solo ch’era un esemplare maschio, bellissimo, con possenti corna arrotolate.
Romeo il muflone nel giardino del Direttore.
Accorreva sempre al richiamo di noi bambini, al di qua della rete di recinzione, alle volte gli davamo qualcosa da mangiare, ma non sempre, lui si avvicinava comunque e si lasciava accarezzare il muso, persino le corna talvolta.
Sento ancora nelle narici il suo odore forte, pungente, ed il suo trepidare di animale selvatico che ci faceva stare sempre all’erta, mai tranquilli della sua reazione, era sempre un po’ una sfida di coraggio tra noi e lui.
Gli rivolgevamo parole graziose con tono dolce, sempre pronti a ritrarre la mano, incuteva una certa soggezione, percepivi la sua nobiltà di animale libero. Aveva due occhi tenerissimi e adesso posso dire senz’altro, anche una grande pazienza con noi, ma credo percepisse a sua volta, il nostro volergli bene, innocente, di bambini.
Noi bimbi dell’epoca ce lo ricordiamo ancora tutti, ancora sentiamo il suono delle nostre voci che, affannate dalla corsa, lo chiamavano per farlo avvicinare e stanarlo dalla vegetazione che lo copriva ai nostri occhi:
Romeo!! Dove sei?
Romeo! vieni giù👧👦 Si chiamava Romeo🐏 ❤
Lucia Amato
ONORE AL MERITO
Due parole a corredo dell’immagine dell’epoca, che ritrae “Romeo” dietro la recinzione del giardino del Direttore Napodano. Qualcuno lo ricorderà, ma questa foto non era presente due mesi fa, nella stesura originale dell’articolo.
Oggi (14.03.2019) Leonardo Delogu, nei suoi vagabondaggi informatici l’ha rintracciata e me l’ha inviata. Credo che possa essere definito, a pieno diritto, il più serio “topo di biblioteca” di questo gruppo e di questo sito.
Grazie Leonardo.
In parte ho già risposto alle domande poste da Lucia, posso aggiungere che, come i cinghiali (di cui ho già detto nel pezzo appresso indicato cinghiale) anche il gruppo di mufloni di cui stiamo scrivendo furono liberati dopo la partenza del Direttore Napodano e dettero origine, con successive immissioni, al branco che scelse come luogo di vita l’ampia zona alle spalle di Cala d’Oliva fino ad Elighe Mannu.
Sul muflone e sulla sua storia all’Asinara è stato redatto un altro articolo al link seguente:Il Vicere dell’Asinara il Muflone