L’olio di lentisco.
Nella chiesetta dell’Immacolata Concezione di Cala d’Oliva, tempo addietro, c’era una lampada votiva alimentata ad olio sempre accesa.
Naturalmente la disponibilità di olio era scarsa in generale e sull’isola dell’Asinara era pressoché introvabile, sopratutto per l’utilizzo nelle lampade votive.
Quindi ogni anno, ritualmente in autunno, quando le bacche di Lentisco (Pistacia Lentiscus, in sardo “Chessa”) maturano e passano dal bel colore rosso al bruno, fino a divenire quasi nere, si predisponeva la squadra che raccoglieva le sue bacche.
Tre o quattro detenuti, accompagnati dalla “guardia a cavallo”* partivano in gruppo, dalla diramazione di Campo Perdu e da quella di Trabuccato, per recarsi nelle zone di raccolta delle bacche.
Il “lentisco” è un arbusto sempreverde tipico del bacino del Mediterraneo, (si può rilevare nella foto precedente a Cala Reale, con il suo colore verde intenso intervallato dal rosso dell’euforbia) e cresce spontaneo in Sardegna, ha un portamento basso e cespuglioso, le foglie sono di colore verde scuro e la pianta emana un forte e caratteristico odore.
Dopo la raccolta delle bacche, che durava due o tre giorni, i frutti venivano spremuti per estrarne l’olio destinato ad alimentare perennemente la lampada votiva della chiesetta di Cala d’Oliva.
Quella che ho narrato non è una favola, ma per molto tempo è stata una delle attività agricole ed io, ogni volta m’incanto mentre ascolto Gianfranco raccontare le vicende dell’isola, e lui le ricorda sempre come fossimo seduti sulla panchina davanti la chiesetta di Cala d’Oliva.
Forse però non è così, come io penso e Gianfranco, quando racconta, immagina di essere egli stesso a capo della squadra che raccoglie le bacche di lentisco nero, “attenzione Carlo, non quello verde, quello nero mì!”
Debbo dire che il mio caro amico Gianfranco non conclude mai una telefonata senza dirmi: “Beh, Carlo, mi ha fatto molto piacere sentirti, ti lascio i miei saluti e ci risentiamo presto“.
Alla prossima Gianfranco!
La stufa da riscaldamento ad olio di Leonardo Delogu.
Ecco di seguito riportate le immagini ripubblicate dall’amico Leonardo nel 2018, di un pezzo molto antico e di pregevole fattura.
Non lasciamoci sviare dal ” decoupage “ (effettuato per salvare il pezzo dalla ruggine) e pensiamo a quale olio combustibile poteva utilizzare questo tipo di Stufa?
Forse lo stesso “olio di Lentisco” che si usava per le lampade votive della chiesetta di Cala d’Oliva.
La stufa si approvvigionava con olio e la combustione avveniva attraverso lo stoppino immerso nell’olio.
Non sono estremamente diffuse notizie sull’utilizzo dell’olio di lentisco sia come condimento che come combustibile per l’illuminazione.
Riporto un brano del complesso lavoro di Attilio Mastino del 1995.
IL LENTISCHIO: UNA PIANTA AROMATICA DALLE ANTICHE TRADIZIONI MEDICINALI DELLA SARDEGNA
Il Lentischio, Pistacia lentiscus, è un arbusto sempreverde appartenente alla famiglia delle Anacardiaceae, dal portamento cespuglioso, che può arrivare a 3-4 metri di altezza, le cui foglie e i frutti emanano un intenso profumo resinoso e aromatico.
In Sardegna questa essenza cresce abbondante, dalla pianura fino alle zone montuose, e gli individui che crescono isolati assumono la caratteristica forma a cuscino, costellando con grandi rigonfiamenti i declivi collinari, dove spesso grandi siepi di Lentischio fungono da confine e da divisorio fra i diversi campi coltivati a cereali, viti o ulivi.
Il Lentischio è una pianta molto rustica con poche esigenze. Si adatta a qualunque tipo di suolo, sopporta agevolmente periodi di siccità, mentre teme le gelate, è abbastanza resistente agli incendi, ed è considerata come miglioratrice del terreno su cui cresce: il terriccio che si trova sotto i suoi cespugli è ritenuto, infatti, un ottimo terriccio da giardino. Questa specie è quindi molto vantaggiosa dal punto di vista ecologico, poiché è utile per il recupero di aree degradate, dove spesso cresce in associazione a Mirto, Fillirea, Olivastro.
Il Lentischio ha fiori unisessuati primaverili poco appariscenti riuniti in infiorescenze a pannocchia, portati da individui distinti, poiché la specie è dioica. Questo termine indica che i fiori femminili e maschili sono separati su individui differenti, per cui, se volessimo coltivare il Lentischio, per ottenere i frutti, dovremmo piantare almeno una pianta dai fiori maschili con diverse piante dai fiori femminili: queste produrranno i frutti, quando fecondati dal polline dell’individuo maschile.
Le foglie, di colore verde intenso, sono portate da fitte ramificazioni e in passato erano utilizzate per la concia delle pelli, per la loro ricchezza in tannini.
Anticamente i giovani rametti teneri erano utilizzati come deodoranti e antitraspiranti per la sudorazione eccessiva dei piedi, o mettendoli direttamente fra le dita, o dentro le calze, o sul fondo delle scarpe: l’azione astringente dei tannini frenava la sudorazione ed eliminava gli odori sgradevoli, anche se scuriva leggermente la pelle.
Anche aggiungere un decotto di foglie e rametti all’acqua del bagno, serviva a diminuire l’eccessiva sudorazione in tutto il corpo, mentre i maniluvi e i pediluvi col decotto erano consigliati per deodorare e per ridurre la sudorazione eccessiva di mani e piedi.
In caso di orticaria e di allergia della pelle, si usava far bollire le foglie di Lentischio assieme a quelle di Mirto, per fare impacchi lenitivi e decongestionanti.
I frutti sono piccole drupe che assumono diversi colori secondo il grado di maturazione, passando dal verde, al rosso chiaro, al rosso granato brillante, fino al rosso scuro, quasi nero, quando in piena estate sono perfettamente maturi.
Dai frutti si estrae, con procedimento artigianale casalingo per semplice bollitura e successiva spremitura, un gradevole olio aromatico che un tempo in Sardegna era utilizzato come olio alimentare al posto dell’olio di Oliva, più costoso e di difficile reperibilità specie nel periodo della guerra e nel dopoguerra.
Nel nord Sardegna in particolare era consuetudine friggere le frittelle di carnevale, le Zìppole (Tzìpulas) con l’olio di Lentischio, che era chiamato ozzulistìncanu (ozzu = olio) e conferiva alla frittura un sapore e un aroma molto particolari.
L’olio ha proprietà cicatrizzanti e risolventi per foruncoli, herpes, piccole fissurazioni delle dita: il residuo della spremitura dei frutti era infatti usato come “impiastro”, mentre i rametti teneri, contusi e amalgamati con olio di oliva, servivano come unguento sulle ferite.
Le ricerche della moderna fitoterapia hanno confermato le proprietà che l’uso popolare attribuiva al Lentischio: oggi sappiamo infatti che l’olio è ricco di Acidi Grassi Essenziali Omega 3 e Omega 6 (acido oleico, linoleico, linolenico) che ne giustificano l’utilizzo che le antiche popolazioni della Sardegna ne facevano come antiarrossante, cicatrizzante, astringente, idratante e nutriente, e per difendere la pelle dall’aggressione degli agenti esterni.
L’olio essenziale è balsamico, tonificante, rinfrescante e può essere aggiunto all’acqua del bagno, o utilizzato nelle vaschette di acqua dei caloriferi per purificare e profumare l’aria della casa, e renderla balsamica.
La corteccia è di colore grigio cenere con legno rosato o rossiccio, ricco di piacevoli venature che lo rendono adatto a pregevoli lavori di intarsio, o per lavori al tornio per la sua durezza. Il legno era utilizzato in passato per produrre carbone vegetale; oggi è un combustibile molto apprezzato per i forni a legna delle pizzerie, poiché permette di portare in breve tempo il forno ad alte temperature, e il suo aroma resinoso conferisce particolare profumo.
Se durante l’estate si incidono i fusti e i rami del Lentischio, ne sgorga una resina fluida che si solidifica all’aria e che si può raccogliere in granuli di colore giallo, conosciuti come Mastice di Chio, dall’isola che in passato fu la maggiore produttrice ed esportatrice di questa resina.
La resina sciolta nella trementina pura è usata come vernice per impieghi artistici e per restauri su dipinti antichi, poiché può essere asportata facilmente senza danneggiare il dipinto.
La resina era utilizzata in passato come una sorta di chewing gum, per la sua azione antisettica benefica sul cavo orale; infatti l’abitudine di masticarla aiutava a calmare e rassodare le gengive infiammate, e a purificare l’alito. Ancora oggi la resina del Lentischio è un componente del moderno chewing gum, e trova utilizzazione in profumeria, e in odontotecnica come ingrediente di paste per otturazioni e mastici per dentiere.
Oggi l’uso interno del Lentischio a scopo medicinale è sconsigliato, per la sua potenziale tossicità, mentre sono sfruttate in profumeria le proprietà del Lentischio in tutte le sue parti ricche dei diversi principi attivi; in particolare si producono bagnoschiuma, oli da bagno, oli da massaggio, creme nutrienti per il viso e per il corpo che, mentre nutrono e profumano la pelle, la rendono più sana, giovane e bella, e aiutano a prevenirne l’invecchiamento.