Il gruppo face-book degli “affetti dal mal d’Asinara” ha superato la fatidica cifra di quattrocento persone, per la precisione 407 ad oggi, 16 aprile 2015 ed io, da tempo, mi sto arrovellando a riflettere su come festeggiare degnamente questo evento eccezionale.
Infine ho trovato una modalità singolare!
Festeggeremo questo traguardo significativo raccontando la storia di un attrezzo secolare che giace da anni abbandonato nelle stradine desolate di Cala d’Oliva senza neppure avere l’onore di una copertura di fortuna che lo salvi dalle intemperie.
Il turista, frettoloso di fare il bagno nella caletta di punta Sabina, guarda “la vecchina” incuriosito e chiede: ma come si chiama… e cosa è??
Il vento lontano suggerisce le risposte, che sono però difficili da comprendere e il desiderio di un rinfrescante bagno prende nettamente il sopravvento.
Per comprendere l’importanza della nostra “vecchina” così simpaticamente la vogliamo chiamare, dovremo accennare, sia pure brevemente al colera. Eh si, proprio del colera.
Era il 18 dicembre 1915 quando, al molo di Cala Reale, attracca il piroscafo “Dante Alighieri” che trasporta i primi 1995 prigionieri austro – ungarici provenienti dal porto di Valona, subito dopo attracca il piroscafo “America” con 1721 prigionieri a bordo.
Inizia in questo modo uno dei più travagliati capitoli della storia dell’Asinara.
Qualcuno di voi saprà certamente che, dal dicembre del 1915 al luglio del 1916, ben 24.000 prigionieri austro-ungarici furono consegnati dai serbi agli alleati italiani. Dopo una faticosa e lunghissima traversata via terra, furono imbarcati dal porto di Valona già affetti dal terribile morbo e vennero deportati all’Asinara. Molti di loro riuscirono a salvare la vita dall’epidemia di colera grazie all’impegno dell’esercito italiano e del suo comandante sull’isola il Generale Ferrari.
L’azione dell’esercito e del Generale Ferrari fu variamente definita, ma resta indubbio che la sua “Relazione del Campo di prigionieri colerosi all’isola dell’Asinara” nel 1915- 1916, segna un punto di formidabile documentazione storica degli eventi accaduti in quel terribile periodo.
Dovete sapere che la nostra “vecchina”, la stufa Giannolli sta compiendo il suo primo secolo di vita.
Nel suo interno, come si legge nel documento allegato, venivano posizionati gli indumenti , la biancheria, le coperte e addirittura i materassi da sterilizzare.
Sotto viene riportato lo schema costruttivo delle stufe Giannolli.
Come si può facilmente osservare sul fondo dell’apparecchiatura si trovava una camera di combustione in cui far ardere il carbone o la legna per produrre il vapore surriscaldato necessario alla disinfezione degli indumenti.
Sotto viene riportato il passo della relazione in cui si dichiara l’arrivo di una stufa Giannolli.
E del pari, ad ogni nuova destinazione, si disinfettavano le “Gottacalk “Sarzotto” “Roma” (si tratta di tende da più posti cadauna) oltre la disinfezione fatta alla stufa della biancheria, coperte e materassi.
Alla stufa erano pure passati gli abiti dei prigionieri.
Si è notato che le stufe di disinfezione, sistema “ Giannollo” usate nei campi non distruggevano i pidocchi, che resistevano al calore, e tanto più le lendini che era necessario espellere con spazzolature e sciorinamenti.
E così le brande, nei riguardi del colera, si disinfettavano con l’acido fenico; nei riguardi del tifo esentematico, col petrolio, e, con la stufa, i teli.
Nei riguardi del tifo esentematico, molto si è fatto per la difesa personale coi bagni, petrolio, cambio di abiti, adoperando l’aceto vinoso addizionato fino alla tolleranza di acido acetico.
La distruzione dei pidocchi, sia negli abiti che nei capelli, fu fatta con maggior diligenza per evitare il periodo della eventuale importazione del tifo esentematico e – quando questo apparve – per evitare la sua diffusione.
La lavatura con petrolio fatta abbondantemente al cuoio capelluto, era di effetto immediato e parte del petrolio ci fu fornito dai nostri nemici, giacché si potè utilizzare qualche barile di quello che, destinato rifornimento di sottomarini tedeschi, il mare gettò sulla spiaggia dell’Asinara.
Quando i campi poterono assumere un andamento regolare, e il colera accesso, furono inviati dai vari campi a Cala Reale, dai 300 ai 500 prigionieri al giorno, per disinfezioni e bagno.
Negli accampamenti non mancava di essere curata là disinfezione, ed i nostri ufficiali non ebbero posa nel pretendere dai prigionieri la pulizia delle robe e del corpo; così quando il tempo ed il mare lo permisero non tralasciarono di far loro prendere dei bagni parziali e non appena la stagione fu più calda, dei bagni totali in mare.
Mi sovviene un pensiero …. forse per questo motivo la spiaggia di Campo Perdu potrebbe essere rinominata “Cala dei prigionieri colerosi!”
Al di là di ogni facile battuta spero ardentemente che questa nostra “affiliazione” della stufa Giannolli possa indurre l’Ente Parco dell’Asinara a ricoverare adeguatamente la centenaria nonnina per mostrarla ai visitatori, in un sito adeguato alla sua importanza, quale emblema di un periodo storico, non certo felice, dell’isola.
Ma scavando ….. scavando…. si potrebbe dire di avere trovato anche una nonna gemella della prima stufa Giannolli di Cala d’Oliva, non è così poichè si tratta dell’unica stufa (le foto sono di circa cinque anni l’una dall’altra) che è stata spostata nell’ameno sito di Cala Reale, ma anche quì è tutt’ora esposta alle intemperie.
L’ha svelata al grande pubblico il reportage di Linea blu del 18 aprile di RAI UNO, senza fare alcuna menzione del nome, né della sua antica funzione.
Noi, per completezza, in questa scheda, pubblichiamo anche il fermo immagine tratto dal filmato.
Il 25 luglio 2015 nella nostra, ormai famosa pagina facebook dei Malati dal “mal d’Asinara, il gentilissimo “ammalato” Ivan Chelo ha pubblicato alcune foto attuali della stufa Giannolli, foto che evidenziano il grave degrado che, riteniamo sia assolutamente urgente arrestare immediatamente, pena la distruzione completa del cimelio centenario.
Stamattina rimuginavo, tra me e Carlo, su questa giornata speciale dell’8 marzo 2016 che però, diciamolo, ha assunto un leggero odore stantio, come tutte le ricorrenze e, se non fosse per il fatto che ci obbliga a pensare un pochino e a soffermarci sulle problematiche che sottende, sarei tentato di non menzionarla.
Mentre mi sbizzarrivo mi è balenata l’idea di accumunare le gentili appartenenti alla pagina delle persone affette dal “mal d’Asinara”, alla nostra bellissima isola e regalare loro (e subito dopo estenderla a tutti) una foto speciale, una di quelle foto che non si dimentica……
Un nostro incaricato si è imbarcato a Porto Torres stamattina, e da Cala Reale è passato per Campo Perdu per deporre, a nome della pagina degli “affetti da mal d’Asinara”, un mazzo di mimose sulla nostra vecchina centenaria, la Stufa Giannolli, poi le ha scattato una immagine nel suo recente riparo provvisorio.
Voi la vedrete ancora impettita, nonostante l’età, con il suo arrugginito comignolo dei fumi bello diritto, e con il freno meccanico ancora in grado di funzionare. Allora…
Buon otto marzo Asinara!!!
AGGIORNAMENTO del 17 luglio 2021
Rispondendo ad una volenterosa disponibilità dell’amico Emo Nisini in relazione al restauro della stufa Gianolli scrissi:
Caro Emo, stiamo parlando di un oggetto che io definisco più propriamente un “cimelio storico” che ha bisogno di essere restaurato. Non ci si improvvisa restauratori. Per farlo, con competenza, sono necessari esperti professionisti del settore qualificati e sicuri.
– Servono soltanto una serie di risorse economiche per procedere al restauro di cui il Parco dispone senza problemi.
– Servono delibere di impegni di spese per il lavoro ed il trasporto e delibere di affidamento a professionisti restauratori.
– Poi è necessario che il Parco Nazionale dimostri lungimiranza e competenza nell’approntare una campagna informativa in loco e sui media nazionali.
– Serve anche che la nostra pagina fb e le persone che ci leggono, supportino decisamente l’iniziativa di sollecito, non solo coi i “like”, ma condividendo il post e facendolo diventare, come spesso di dice “virale“, in modo da essere preso in considerazione dalle agenzie di stampa e dai giornali on-line e cartacei.
Ecco quello che serve!
Carlo 08.04.2019
Agostino Schiaffino poi riporta un passo della Relazione Ferrari:
Si notava l’insufficienza di apparecchi di disinfezione (mancavano stufe “Gianolli” e le pompe a calce, erano di getto troppo piccolo) e se ne faceva richiesta, questi apparecchi arrivarono il 27 e il 28 gennaio, così un nuova stufa “Gianolli” poteva assicurare agli Stretti il servizio di disinfezione.” Relazione del generale Carmine G. Ferrari, pag. 74 – nota al diario del 25 gennaio 1916
Carlo Gianotti aggiunge:
Spero la restaurino quanto prima e sarebbe bello, però, istituire un piccolo museo italoaustriaco …. ne ho visto uno carino a Tempio, nell’ex stazione ferroviaria. Il materiale non è difficile da reperire …
Mauro Almaviva (iscritto) nella pagina fb degli “affetti dal mal d’Asinara” scrive il 29 agosto 2020 ore 10,02:
Nel 1895 il Dr Thresh brevettò una stufa a vapore a bassa pressione per disinfezione.
Più tardi ne fece una mobile che fu usata durante la IGM. La stufa Giannolli era un brevetto originale o su licenza della Thresh?
ed inserisce due immagini
La stufa era chiamata anche “delousing chamber”, camera spidocchiatrice
2 commenti
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