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Fornelli - Cartolina non datata di Tommaso Gamboni.
Fornelli - Cartolina non datata di Tommaso Gamboni.

La storia della diramazione di Fornelli

Qualcuno, dei lettori più curiosi, si chiederà la ragione di questo nome.
Da dove trae origine il toponimo che contraddistingue la zona di “Fornelli” all’Asinara.

Il toponimo Fornelli

Nella accezione comune, il termine Fornelli è ormai divenuto usuale, qualche decennio fa il semplice richiamo al suo nome, suscitava foschi presentimenti, è stato oggetto di infuocate interrogazioni parlamentari, articoli di giornale, manifestazioni di protesta, ma partiamo dall’inizio, cioè dall’origine del nome.
Per ricordare l’etimologia del termine, abbiamo bisogno di far visita ad uno dei tanti siti di navigazione come quello contraddistinto dalla triplaw.bolinablu.it che ci illustra il “periglioso Passaggio dei Fornelli” e dice: Prima di descrivere questo delicato passaggio premetto che solo le imbarcazioni con un pescaggio non eccessivo possono pensare di affrontarlo, e comunque la navigazione va programmata in modo da attraversare i Fornelli esclusivamente di giorno e in condizioni di calma di vento e di mare, possibilmente a secco di vele.

lampadinaPrima del 1879, anno in cui  Thomas Alva Edison inventa la lampada a incandescenza, il sistema di allineamento nautico era applicato attraverso l’utilizzo di grandi bracieri detti appunto “fornelli” in cui arbusti e legname, via via accatastato dagli addetti alle guarnigioni, ardeva perennemente per consentire ai naviganti l’attraversamento sicuro del canale.

E’ l’immagine più antica del paesello di Fornelli, che ho posizionato in evidenza, si tratta di una cartolina non datata, inviatami dall’amico maddalenino Tommaso Gamboni, che ringrazio sentitamente per la gentile concessione.
In basso a destra è evidente un fabbricato di notevoli dimensioni, sono i due “cameroni dormitorio” per i condannati di cui tratta la nota del Direttore Carretta in un famoso documento che invia al Ministero nel 1932 per ottenere l’autorizzazione all’esecuzione dei lavori di ammodernamento delle strutture carcerarie.

 

La foto soprastante risale al 1938 e proviene dall'archivio di Gianfranco Massidda, foto in cui compare lo stesso Gianfranco (all'età di due anni nel cerchio rosso) insieme alla madre Filomena Fusco (nota Ida).

La foto è del 1938 e proviene dall’archivio di Gianfranco Massidda e vi compare lo stesso Gianfranco (all’età di due anni nel cerchio rosso) insieme alla madre Filomena Fusco (nota Ida).

 

Fornelli nel periodo fascista

Nel periodo l’Asinara è uno dei luoghi dove verranno confinati gli antifascisti italiani considerati più pericolosi.

Per sommi capi possiamo affermare che la Diramazione di Fornelli, in quel periodo è costituita essenzialmente da un fabbricato a struttura rettangolare, con una superficie di circa 8.000 metri quadrati e con l’andare del tempo le costruzioni che lo contornano hanno visto diminuire la loro importanza visiva, tanto che oggi Fornelli è costituito essenzialmente dalla struttura originaria modificata.

Gli anni 30 – il Sanatorio Giudiziario

costruz. Fornelli

Immagine risalente al 1932

Nel documento, riportato parzialmente, Donato Carretta Il Direttore della Casa di Lavoro all’Aperto l”8 settembre 1932 comunicando con il Ministero di Grazia e Giustizia fa il quadro della situazione edilizia dell’intera isola.

Giunto, nella nota, a descrivere Fornelli così si esprime: “E’ costituito di due gruppi di costruzioni. Il primo comprende:
– le stalle
– l’alloggio dell’assistente agricolo
– il forno
– la foresteria
– l’ufficio del Sottocapo con annesso alloggio
– la cucina condannati
– il magazzino cereali

Nel secondo gruppo inserisce:
Due cameroni per dormitori condannati
La caserma guardie
Varie catapecchie adibite a piccole officine

Infine il Direttore comunica che si è dato inizio alla costruzione del nuovo Sanatorio Giudiziario composto da sei padiglioni di cui quattro costruiti ex novo e due ricavati da quelli esistenti ristrutturati per una capienza complessiva di 300 ricoverati (immagine precedente di Leonardo Delogu).

Per cui può legittimamente presumersi che la struttura, come oggi noi la vediamo, è datata 1933.

(dal testo le Carte Liberate di Gazale e Tedde)

trarga Ivan chelo

Gli anni ’70 – la rivolta delle caffettiere (2 ottobre 1979).

A metà degli anni Settanta i detenuti che “soggiornano” all’Asinara sono 500, di cui 120 obbligati alla reclusione coatta nel carcere di Fornelli, e 200 nella casa di lavoro all’aperto. I restanti sono divisi tra Campo Perdu, Tumbarinu, Cala d’Oliva e Case Bianche.744_carceredifornelli

Nello stesso periodo, molto “turbolento”, due importanti generali visitano il carcere dell’Asinara, Carlo Alberto Dalla Chiesa e Giuseppe Galvaligi che dichiarano il penitenziario adatto a ricevere detenuti di maggiore pericolosità.
Arrivano così all’Asinara molti detenuti provenienti da altri penitenziari e mentre all’interno di varie carceri italiane scoppiano rivolte legate alle forti misure di sicurezza introdotte, anche all’Asinara “si respira un clima di grande tensione che sfocia molto spesso in sommosse e violente proteste dei reclusi”.fornelli - 1

Per attenuare il clima di violenza nelle carceri, lo Stato decide di trasferire i detenuti cosiddetti “politici” da altri penitenziari italiani alla colonia penale dell’Asinara, considerata, per la sua posizione isolata e lontana dai centri abitati, più sicura per la detenzione di queste tipologie di reclusi. Per questo motivo vengono trasferiti all’Asinara i più importanti esponenti della lotta armata: Giuliano Naria, Alberto Franceschini, Roberto Ognibene, ma anche, per un breve periodo Sante Notarnicola, il bandito della banda Cavallero e il fascista Bertoli.
Il 13 maggio 1977 giunge sull’isola anche Renato Curcio, capo storico ed ideologo delle Brigate Rosse, evaso in precedenza (nel 1975) dal carcere di Casale Monferrato.
Tutti questi detenuti vengono sistemati nel ramo di Fornelli dove insiste il cosiddetto “Bunker”, cioè quella struttura adibita appunto a massima sicurezza, in quanto costruita in cemento armato e circondata da filo spinato; non si dimentichi che questo è lo stesso luogo dove, quasi un secolo prima, si era formata la colonia penale agricola che ospitava 50 detenuti, 20 guardie carcerarie e 12 buoi.

In questi anni cambia anche la direzione del carcere che va al siciliano Luigi Cardullo che lo dirigerà per otto anni, i cosiddetti anni del “supercarcere”, con una spietatezza inaudita, conquistandosi subito la fama di duro: veniva chiamato dagli stessi agenti dell’Asinara “il viceré” e si costruì la fama di direttore penitenziario più odiato d’Italia.
Per le sue discutibili decisioni Cardullo si guadagna subito articoli sui giornali italiani: una prima volta quando ordina di sparare contro un turista svizzero che aveva oltrepassato il limite di 500 metri imposto dalla capitaneria

un articolo dell'epoca

Articolo dell’epoca

Nel 1976, in occasione del processo contro un detenuto del carcere di Alghero che lo accusava di comportamento illegale,  il dibattimento si trasforma in una serie di accuse contro i metodi troppo duri di Luigi Cardullo. L’avvocato difensore del detenuto non solo riesce a far assolvere l’imputato dalle accuse di calunnie, ma riesce a concentrare l’attenzione dei media sugli avvenimenti interni al carcere.

La realtà che emerge, anche nei quotidiani, è quella di un “sistema di reclusione” dove regnano i pestaggi, da parte delle guardie verso i detenuti e l’applicazione di tecniche di “sevizie psicologiche”. La censura della posta e l’isolamento di alcuni detenuti, appaiono come metodi normalmente utilizzati.

Nonostante la grande importanza data a questo penitenziario, le sue strutture però sono fatiscenti, in quanto sono le stesse del 1885, rinnovate nel 1932 e riprese in maniera marginale.

A proposito della pessima situazione delle strutture edilizie un deputato del P.C.I., Salvatore Mannuzzu, pubblica sul quotidiano sassarese un articolo nel quale denuncia: “…i detenuti sono a tre a tre, in celle di quattro metri per due metri e cinquanta… poca è l’illuminazione naturale, giacché a breve distanza dalla finestra… si erge un alto muro tinto per giunta di un grigio plumbeo...” e “... il regime dei colloqui appare irregolare… vi si è ammessi solo se si è in grado di dimostrare… la propria buona condotta…”.

Incominciano ad interessarsi alle condizioni sull’isola vari esponenti della politica italiana, l’onorevole Vincenzo Balzamo in un’interrogazione al Ministro di Grazia e Giustizia chiese se i diritti umani dei detenuti, anche quelli accusati dei reati più gravi, venivano rispettati secondo le norme costituzionali e i nuovi regolamenti carcerari, richiesta che viene fatta per cercare di smentire la voce che alcuni detenuti , come Curcio e Notarnicola, venivano trattati come “sepolti vivi”. L’anno dopo, cinque carcerati, tutti appartenenti all’estrema sinistra, guidano una manifestazione, che dopo risulterà pacifica, contro l’installazione dei vetri divisori, cristalli spessi un dito, che rendevano ancora più difficili i colloqui.

photo Pier Mario Scano

photo Pier Mario Scano

La protesta viene repressa con pestaggi e violenze, e il giudice di sorveglianza, recatosi all’Asinara, ordina l’immediato ricovero del detenuto Carlo Horst Fantazzini, perché in gravi condizioni. La notizia degli avvenimenti arriva subito a Roma, dove viene predisposta un’ispezione al penitenziario e una visita da parte di alcuni parlamentari, al loro ritorno questi rilasciano una testimonianza in cui riferiscono di una situazione in cui l’odio e la paura, convivono 24 ore su 24.

Il deputato Raffaele Costa, liberale, afferma l’inutilità a tener aperto un supercarcere, non più in grado di assolvere ai compiti che gli erano stati attribuiti al tempo della sua istituzione. ….

…. La sera del 2 ottobre 1979 i detenuti del ramo di Fornelli insorgono, cogliendo di sorpresa le guardie, feriscono un agente e, quando scatta l’allarme, la violenta battaglia dilaga internamente alla struttura carceraria.
Immediatamente all’esterno il braccio di massima sicurezza viene circondato dalle forze dell’ordine, mentre i rivoltosi all’interno distruggono le celle, devastano la costruzione, lanciano sulle guardie rudimentali bombe fabbricate con le caffettiere ed esplosivo di cui, inspiegabilmente, erano in possesso.
Il 3 ottobre, dopo ore di trattative con il magistrato di sorveglianza, a cui viene chiesto il trasferimento dei detenuti che avevano fomentato la rivolta, la ribellione viene sedata con il lancio massiccio di lacrimogeni.

Le richieste saranno in parte accettate, ma non è questo il solo effetto che produsse la cosiddetta “battaglia dell’Asinara”.

Incomincia infatti la ricostruzione delle strutture del carcere di Fornelli ed il fatto che questa avvenga in tutta fretta porterà ad un’inchiesta e alla fine, ad un processo inaspettato.

Motivo principale della celebrazione del processo è il fatto che, a causa dell’eccessiva fretta nel ricostruire il carcere, gli iter burocratici venivano semplificati e accelerate le procedure amministrative che regolavano le gare d’appalto.

Il generale Dalla Chiesa, che si occupa della ricostruzione, era interessato più che altro a ripristinare il sistema di sicurezza che non a controllare fatture e preventivi, e incarica il direttore Luigi Cardullo di verificare il rispetto di tutte le norme procedurali.
Ma ad un certo punto qualcosa, nella gestione degli appalti per la ristrutturazione del carcere evidenzia fatti che non appaiono chiari, e nel 1980 il direttore viene trasferito a Perugia senza che siano fornite per questo fatto valide motivazioni al suo posto subentra il Dr Francesco Massidda che non avalla l’operato del predecessore e trasmette gli atti alla Procura della Repubblica di Sassari.

Nel 1981 comunicazioni giudiziarie raggiungono i dirigenti delle imprese che si erano occupate della ricostruzione del carcere dell’Asinara sulla base di rapporti fiduciari, funzionari del Genio Civile e del Ministero, lo stesso Luigi Cardullo e la moglie Leda Sapio, “la zarina” com’era chiamata dalla stampa.
13124498_1178877905469697_6395098482919080163_nTutti, secondo le indagini, coinvolti in un giro di tangenti e appalti truccati la cui cifra in eccesso si aggira intorno agli ottocento milioni. A metà dicembre del 1982 i coniugi Cardullo, raggiunti da mandato di cattura, finiscono in carcere, il direttore a Tempio, la moglie a Sassari.
Una storia di cui avremo modo di riparlare, ma nella quale la Diramazione di Fornelli esce mentre Luigi Cardullo si discolpa chiamando in causa i servizi segreti, affermando di essere stato reclutato sin dal 1973, e di aver intercettato per loro conversazioni di detenuti, di aver violato la legge, continuando però ad assolvere le funzioni di direttore carcerario.
E, sempre secondo le affermazioni di Cardullo, è in questo “doppio lavoro” che vanno cercate le motivazioni dell’aumento del conto in banca, non in tangenti o in vendita illegale dei prodotti agricoli della colonia penale.
Il processo alla fine si conclude con la sentenza del 31 luglio 1987, che riconosce la gravità dei crimini commessi dagli imputati e in particolare da Luigi Cardullo e dalla moglie, ai quali viene inflitta la pena più grave (5 anni al primo e 4 alla seconda). 1)

L’ora zero
Questo avvenimento non avrebbe creato molto scalpore se non avesse avuto come sfondo il carcere dell’Asinara e se non fosse stato il risultato di uno strapotere acquisito con lo sfruttamento della presenza di quegli stessi detenuti, e della negazione dei diritti dei quali il direttore avrebbe dovuto essere il garante. Strapotere che ha, appunto, consentito di fare assumere all’Asinara la fama di “Carcere più duro d’Italia” ed emblema della violenza del sistema carcerario.
Quando si celebra il processo e viene pronunciata la condanna dei coniugi Cardullo, il carcere di Fornelli non esiste più.

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Il “lager di Stato” dove, come scrive un articolo de “La Nuova Sardegna”, “... i fari accesi tutta la notte e armi puntate a decine...” fanno si che “nessuno è mai interamente solo, il “monumento alla paura” dove “i detenuti e anche le guardie vi sono tenuti in condizioni subumane”, è stato definitivamente chiuso con un atto non ufficiale il 31 dicembre 1980.  1)

Il 12 dicembre di quello stesso anno, le Brigate Rosse rapiscono a Roma il giudice Giovanni D’Urso, consigliere di Cassazione tra le richieste avanzate dalle B.R. c’è la chiusura del braccio speciale di Fornelli, ma lo Stato cerca strade differenti, anche per non cedere all’organizzazione terroristica. A seguito di questi avvenimenti, dalla fine dell’anno, senza alcun annuncio, scatta all’Asinara “l’ora zero”; tutti i detenuti rinchiusi nel braccio speciale vengono trasferiti con destinazione ignota. Dopo questo trasferimento l’Asinara torna ad essere una colonia penale in cui scontano la loro pena, lavorando, circa 450 detenuti.

La diramazione di Fornelli, ormai deserta, resterà chiusa per oltre dieci anni, quando sarà ristrutturata e trasformata in carcere di massima sicurezza, con la costruzione di una struttura che ospiterà detenuti condannati per associazione mafiosa.

1) Brani liberamente tratti da: SANNA, Martina, «Il carcere dell’Asinara : gli anni del supercarcere», Diacronie. Studi di Storia Contemporanea : il dossier : Davanti e dietro le sbarre : forme e rappresentazioni della carcerazione, N. (1) 2, 2010,

 

AVVERTENZA

Ognuno degli argomenti che ho avuto modo di esporre richiederebbe approfondimenti, delucidazioni e precisazioni che, nel prosieguo del tempo avremo occasione di fare.
Ho riportato alcuni brani del bel testo di Martina Sanna, che qui espressamente ringrazio, e l’ho volutamente fatto, poichè le vicende narrate hanno sfiorato gli anni in cui ho personalmente vissuto sull’isola, ero infatti presente ed in servizio, quando la Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla vicenda Cardullo eseguì il sopralluogo, per verificare l’esistenza dei collegamenti telefonici tra il reparto Transito di Cala d’Oliva, (oggi erroneamente definito bunker) e l’abitazione dell’allora Direttore.
La Commissione accertò la presenza delle strutture dichiarate in Tribunale dal Dr. Cardullo ed appose alla vicenda il segreto di Stato.

 

Ligabue (imm. di rep.)

L’aria di quegli anni.

Questo approfondimento successivo alla pubblicazione del pezzo, ha carattere generale, ed è dovuto a tutto quel personale (come me), di ogni qualifica, ordine e grado, che ha prestato servizio in quel periodo, molto lasso, definito “Anni di Piombo” nel quale lo Stato, minato alle fondamenta dall’azione delle organizzazioni eversive, ha deciso di rispondere, colpo su colpo, alle vicende (violenze di piazza, gambizzazioni, assassini, rapine di autofinanziamento etc) che hanno visto l’isola assurgere a protagonista, in particolare proprio la Diramazione di Fornelli, accumunata alla Diramazione Agrippa nel Carcere di Pianosa, in cui il Gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa fece erigere un mastodontico muraglione per separare nettamente il carcere dal resto del mondo.

Voglio ricordare che non io, ma giornalisti famosi, tra cui commentatori francesi Marc Lazar e Marie-Anne Matard-Bonucci, hanno definito questo periodo della storia italiana come una «guerra civile a bassa intensità».

Sull’isola si respirava aria rarefatta, mentre sui giornali italiani e del mondo il Carcere Fornelli assurgeva a simbolo della resistenza contro lo Stato, una resistenza strenua e senza regole, che avrebbe visto infine le organizzazioni terroristiche soccombere.

A mio avviso chi si accosta a queste vicende, deve possibilmente tentare di entrare in quell’atmosfera, respirare quella sensazione a pieni polmoni, prima di emettere giudizi, che non intendo sollecitare, poichè questa modalità non attiene, nel modo più assoluto, a questa narrazione.

Non posso qui non ricordare la morte dei Giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, delle loro Scorte, (Due Giudici che soggiornarono insieme alle famiglie nel 1985 sull’isola dell’Asinara, nella Foresteria Nuova), ma anche quelle di tanti agenti, e dell’Educatore penitenziario Umberto Mormile riproposto recentemente alla memoria collettiva, in relazione alla trattativa Stato-Mafia ed al famigerato “protocollo Farfalla“.

Ma torniamo alla Diramazione di Fornelli.

A. Ligabue (immagine di repertorio)

A. Ligabue (immagine di repertorio)

Bisogna infine ricordare che, come spesso poi accade, nel nostro bellissimo paese, quando capita l’imprevisto, il fatto fortuito o cercato, allora i vertici politici si trincerano dietro i distinguo i “non sapevo”, e la “mancanza di competenza”, voglio espressamente affermare che, a prescindere dalle condotte illecite documentate e correttamente sanzionate dai Tribunali, tutto quello che accadde sull’isola era stato ampiamente previsto ed i lavori,  che vennero effettuati per rendere dure le condizioni di vita nella struttura penitenziaria, furono regolarmente autorizzati e finanziati, come accade per ogni spesa nella p.a.

Ricordare il clima in cui si viveva in quegli anni è, secondo me, importante perché se alla storia togli l’ambientazione, ovviamente, perde di significato.

Carlo (14 giugno 2018)

Concludo questa laboriosa narrazione, ricordando le parole di Eugenio Cossu, che fu, tra l’altro, anche il primo Presidente del Parco Nazionale dell’Asinara e facendo sommessamente rilevare, all’attento visitatore, che vuole giustamente conoscere a fondo le storie di questi manufatti, che noi chiamiamo “fabbricati”, che “Fornelli“, come la “Diramazione Centrale“, come ogni fabbricato esistente sull’isola dell’Asinara, costituiscono “contenitori di storia recente e passata” o anche “serbatoi di travaglio interiore, quando non di dolori e di aspirazioni umane” e, come ad ogni cosa preziosa, anche alla storia, piccola o grande, dell’Asinara, ci si dovrebbe avvicinare in punta di piedi e (possibilmente) non con le infradito.

lato fornelli

Lato est della Diramazione di Fornelli

carlo hendel

Carlo nasce nei primi mesi del '50 e trascorre la sua infanzia a Roma, nella zona centrale della capitale, a “due minuti a piedi” da Piazza di Spagna. Di padre polacco e con la mamma abruzzese, Carlo aveva un fratello in Polonia, ed ha tre sorelle: una in Polonia e due in Italia. All'età di 22 anni si trasferisce nel paesino abruzzese di Barete e vi svolge attività libero-professionale per circa dieci anni. Consegue la nomina, da parte del Ministero di Grazia e Giustizia, alla Direzione Agrozootecnica della Casa di Reclusione dell'Asinara, evento che lo farà incontrare con l'isola e con la Sardegna. Vive e lavora con passione all’Asinara, per circa cinque anni, dal 1982. Alla vigilia della trasformazione dell’isola in Parco, partecipa come coautore, al volume “ASINARA” Storia, natura, mare e tutela dell’ambiente (Delfino Editore 1993) curato da A. Cossu, V. Gazale, X. Monbaillu e A. Torre, per la parte riguardante la Storia agricola e l’ordinamento carcerario. ------------------------------------------------------------------------------ L'Asinara non sarà più dimenticata. Blogger dal 2000 sotto vari pseudonimi, e con svariati blog. Nel 2007 pubblica una nota "L'Asinara - La storia scritta dai vincitori" con la quale, per la prima volta, rivendica per l'isola il suo "diritto inalienabile alla storia". Nel 2016 pubblica questo portale personale investendo notevoli energie e risorse solo con l'intento divulgativo e per testimoniare la storia dell'isola senza preconcetti o preferenze, per tutti i periodi e le vicissitudini attraversati dall'Asinara. Prosegue la sua attività lavorativa prima a Castelfranco Emilia (MO), poi a Roma (D.A.P.) ed infine a Viterbo ove maturerà il tempo della agognata quiescenza. All'età di 59 anni la sua vita cambia in modo importante, ma non è questa la sede propria di siffatta narrazione. -------------------------------------------------------------------------------------- Si definisce, da sempre, un ecoagricoltore e ancora oggi, produce olio biologico extravergine di oliva per autoconsumo, coltiva il suo orto con metodi esclusivamente naturali ed alleva animali da cortile. Carlo spesso ama dichiarare di aver avuto cinque o sei vite, ora ha due splendidi nipotini ed un diavolo per capello! Il resto lo lasciamo ai posteri......

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