La partita scapoli – ammogliati
Anche se un pochino in disuso, purtuttavia anche oggi abbiamo la ventura di assistere a questo tipo di partite e quella tra scapoli ed ammogliati era il classico passatempo che impegnava i pomeriggi all’Asinara, prima che il tempo consentisse di trascorrere pause di riposo sulla spiaggia di Punta Sabina o di Cala dei Ponzesi.
Pietro Mencuccini immortalò fotograficamente la partita disputata il 19 marzo 1959.
Ovviamente, in queste occasioni, il tifo era molto acceso, le dispute verbali e le discussioni precedevano e, sopratutto seguivano, per giorni e giorni, lo svolgersi dell’evento.
Nelle Diramazioni, in tutti i locali di ritrovo del personale, le scelte di strategia calcistica, le punizioni insieme ai rigori erano trattate alla stregua di questioni di vitale importanza.
C’era però una differenza con le odierne dispute ed era che dopo la gara sportiva i partecipanti, insieme agli spettatori, si riunivano nella Mensa Agenti “Costantino Satta” per festeggiare l’evento …… e preparare il prossimo!
Una serie di considerazioni personali.
Nei più di cento anni di permanenza della struttura penitenziaria sull’isola dell’Asinara, molti sono stati coloro che vi hanno prestato servizio nelle varie qualifiche dei ruoli direttivi, amministrativi, tecnici e di polizia.
La maggioranza di coloro che hanno lavorato sull’isola, ne ha serbato uno struggente ricordo, e ad onor del vero debbo dire che non è tutto merito dell’Asinara, infatti molto è dovuto all’età in cui si è prestato servizio e alle motivazioni con le quali si esercitava la funzione, la terza ragione è che il tempo che passa cancella magicamente molto del negativo che la permanenza sull’isola comportava e lascia galleggiare soltanto le sensazioni dolci, quelle positive, ma vi assicuro che erano comunque molto presenti nella vita degli isolani.
Tutti i detenuti, con i quali negli anni ho avuto occasione di scambiare un qualche discorso, mi hanno sempre espresso il loro apprezzamento per la struttura penitenziaria dell’Asinara, motivandolo quasi esclusivamente con la possibilità di lavoro che veniva offerta loro e la conseguente libertà di azione che questa condizione consentiva.
Si tenga presente che il “detenuto lavorante tipo”, al 90 per cento era un pastore sardo, che ad esempio se fosse stato addetto alle capre di Case Bianche, avrebbe svolto la sua attività di lavoro in modo del tutto analogo a quello con cui l’avrebbe svolta nel suo paese di origine.
Il cruccio riguardava le visite dei familiari che erano notevolmente ostacolate della insularità.
Non nascondo che nell’ultimo periodo di mia permanenza della struttura penitenziaria all’Asinara, rimasi sconcertato dopo aver appreso della ferma intenzione del personale, sopratutto di quello di Polizia Penitenziaria di voler abbandonare l’Asinara per un posto di lavoro meno disagiato, in terraferma e ritengo questa la più cogente motivazione che spinse l’allora Ministero di Grazia e Giustizia ad acconsentire alla sdemanializzazione dell’Asinara e porre quindi la prima pietra del futuro Parco Nazionale dell’Isola dell’Asinara.
Più di Cermelli potè la “POLPEN”!
In questa parte del blog tratteremo delle persone che hanno dedicato la loro attività lavorativa, ed una parte della loro vita, all’Asinara.
Per la peculiarità della mansione svolta sempre a contatto con la natura e l’ambiente, credo, che l’Agronomo Pietro Mencuccini si sia sempre distinto.
Spesso in penombra, per la naturale ritrosia che lo ha sempre contraddistinto, l’amico Pietro Mencuccini, ha comunque lasciato una traccia indelebile non solo all’Asinara, ma nei cuori di coloro che, come me, hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
carlo hendel
(19 febbraio 2015)