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garitta 2013 Ivan Chelo

Il Transito belvedere

Guardate che magnifico panorama si gode da questa posizione!
Eh si.
Solo che più che “posizione” avrei dovuto optare per il termine “postazione“.
L’immagine (autore è l’amico Ivan Chelo che l’ha scattata nel 2013) è una di quelle fotografie che molti visitatori hanno l’occasione di catturare negli obiettivi delle reflex, ma che pochi, forse i meno distratti, si accorgono di avere sotto i polpastrelli…..
E coloro che sono più pratici e osservatori riconosceranno, dopo la garitta che compare in primo piano e  lungo il filo dell’inquadratura, tutta una serie di fabbricati che, nel periodo penitenziario, svolgevano le seguenti funzioni: macello, officina falegnami e fabbri, caserma agenti, abitazione del direttore e infine a lato, in basso anche  la chiesetta di Cala d’Oliva di cui si vede distintamente il campanile.

Poi c’è il colore del cielo terso che sgocciola nel mare turchese, un incanto buono solo per ammalati gravissimi di questo “mal d’Asinara”.

Passeggio

Passeggio

Il turista ignaro, percorre il “camminamento” che sovrasta il muro di cinta del Reparto Transito della Diramazione di Cala d’Oliva, i suoi occhi sono pieni di sole e le orecchie colpite da parole che raramente si lasciano ascoltare…
Sillabe che possono far riflettere.
Mentre le guide spiegano e ripetono concetti e parole quali “carcere” stridono come il gessetto sulla lavagna, intere frasi appaiono incredibili in quel luogo da sogno caraibico…
Chiediamo al “turista” che ci accompagna oggi, in questo giro turistico speciale, di lasciare la sabbia rosa della spiaggia che s’è attaccata sotto le scarpe e d’immedesimarsi nella routine della sorveglianza armata in un luogo come il Reparto transito….. gli chiediamo solo d’immaginare i pensieri che hanno affollato la mente di un ragazzo di vent’anni, con molte ore da camminare, molti passi da contare in uno stretto sentiero di cemento, pensieri da ascoltare, mentre il vento di levante li accompagna fino a raggiungere l’angolo.
E rincominciare da capo………
Quando il sole implacabile d’agosto picchia la cupola di ferro della copertura della garitta, i pensieri dell’agente si sciolgono sotto rivoli di sudore, non sono assieme a lui, sono rivolti altrove, forse ai suoi figli, forse al suo amore che l’attende e …… non doveva essere proprio un gran belvedere!
I nomi, le storie dei ragazzi, del Corpo degli Agenti di Polizia Penitenziaria, che hanno vigilato questo luogo, ogni giorno a contatto con i personaggi peggiori della malavita organizzata, non verranno mai ricordati al turista ed è questo, proprio questo, il concetto con il quale voglio aprire questa ricostruzione, ringraziandoli e ricordandoli tutti, con estremo affetto.

Il complesso penitenziario Transito

Asinara – Cala D’Oliva – Il complesso penitenziario Transito anno 2013 I. Chelo

IL REPARTO PENITENZIARIO TRANSITO.

Il racconto della storia di questo manufatto impegna una grandissima attenzione, poichè le vicende, che da queste mura trasudano, sono ancora in grado di coinvolgere emotivamente molti.

Potremo constatare come, la storia di un fabbricato, sia intrecciata strettamente ed inscindibilmente con la Storia italiana e con periodi su cui pochi si avventurano a raccontare, ancora oggi.

Chi si occupa di scrivere non può in alcun modo prendere parte se non per la legalità e la giustizia.

 Come il significato letterale del termine lascia intendere, il “transito” è “passaggio” quindi “condizione provvisoria” da una situazione antecedente, ad una successiva, per cui, nello specifico, il Reparto Transito era, ed è, quel luogo in cui l’amministrazione penitenziaria collocava e colloca, provvisoriamente, i detenuti al loro arrivo nell’istituto, prima di destinarli ad una diramazione, nella C.R. dell’Asinara, o ad un reparto nel caso di istituto normale chiuso.

La strage di piazza Fontana era stata appena compiuta (12.12.1969) nella “Milano del Nord”, il tritolo aveva lasciato una voragine nera nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura provocando 17 morti e 88 feriti. Oggi la strage è considerata il “primo e più dirompente atto terroristico dal dopoguerra“, il momento più incandescente della “strategia della tensione” e da alcuni ritenuto l’inizio del periodo passato alla storia in Italia come “anni di piombo”.
Seguirono, nel corso degli anni, molti altri attentati e le sentenze definiranno il differente colore politico di quelle azioni, in cui persero la vita inconsapevoli vittime.

Le organizzazioni malavitose strutturate territorialmente (mafia, ndrangheta, camorra, sacra corona unita) pensano di poter partecipare al banchetto in cui si consuma lentamente la democrazia e si attivano con le loro infime trame tentando la “disorganizzazione sociale”.

Il 25 luglio 1971 sbarcano nell’isola dell’Asinara 15 persone accusate di reati legati all’organizzazione mafiosa, persone di cui abbiamo ampiamente narrato nell’articolo “Piccioli da 90 a Cala Reale“.

Nel 1975, o giù di li, ci racconta Fausto Muru (all’Asinara in servizio dal 1975 al 1977) quel piccolo fabbricato era un magazzino assegnato all’agente che poi diverrà l’Appuntato Di Stefano (nella immagine d’epoca), un deposito in cui l’Amministrazione penitenziaria ricoverava le scorte di vestiario destinate ai detenuti.

Foto 1) situazione nell'anno 1975

Foto 1) situazione nell’anno 1975 il magazzino vestiario.

L'App.to Di Stefano in una foto d'epoca a Cala Giordano.

L’App.to Di Stefano in una foto d’epoca a Cala Giordano.

luigi cardullo

Nell’anno 1976 nel pieno periodo in cui i giornali definivano quello come uno degli “anni di piombo” il piccolo deposito venne ristrutturato per ricavarvi delle delle nuove celle, meglio organizzate. ma le cose cambiarono quando  l’Asinara venne inserita come Istituto di massima sicurezza e numerosi lavori modificarono radicalmente molte strutture.

Il Direttore dell’epoca era Luigi Cardullo che teneva anche la C.R. di Alghero, ed il Comandante del personale di custodia era Letterio Vitalone, Fausto ricorda con chiarezza quando all’Asinara giunse il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa per eseguire il sopralluogo sulle strutture da modificare e successivamente vi tornò a conclusione dei lavori.
Come Fausto  avrebbe potuto non ricordare il trambusto che procurò quella visita e le voci che circolarono, sui prossimi progetti per la struttura penitenziaria.
Nel 1975 il Capo Diramazione Centrale era il Brig.re Giuseppe Campus, l’Agente Fausto Muru svolgeva il proprio servizio come addetto al Sopravvitto detenuti e nel dicembre 1977 lasciò, per sempre l’Asinara, per essere trasferito nella Casa Circondariale di Chiavari.
Iniziò allora e proseguì negli anni, un periodo complicato per l’Italia intera e per l’Asinara in particolare; per lunghissimo tempo le prime pagine dei giornali locali e nazionali si divisero tra le notizie degli attentati e le storie dei lavori edili realizzati all’Asinara, i tribunali lavorarono moltissimo a seguito di questo periodo, ed è questa un’altra importante pagina che, per evitare complicazioni e rendere scorrevole la lettura, sarà successivamente trattata.

Decreto ministeriale 450 – 12 maggio 1977
Con un decreto ministeriale, il n. 450 del 12 maggio 1977, vengono istituite le carceri di tipo speciale per rispondere alle lotte che si erano sviluppate e continuavano a svilupparsi nel circuito carcerario e per cercare di ostacolare i livelli di aggregazione in continua crescita, nonché per tentare di frenare le evasioni sviluppatosi enormemente negli ultimi anni.
La classe politica dell’epoca si dibatteva, senza trovare una via d’uscita, in un preoccupato fermento e delegò al Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa le operazioni complesse per la gestione del fenomeno, che riguardavano la scelta e la ristrutturazione degli Istituti, nonché le tecniche di sorveglianza e gestione, con i relativi controlli ed ispezioni interne.
Il Ministro di Grazia e Giustizia del V Governo Moro, (dal 12.02 al 29 07.1976) Francesco Paolo Bonifacio diramò una circolare rivolta agli ispettori e ai direttori dei penitenziari, ove «si raccomandava la più ampia collaborazione con il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, agevolandone i compiti, specie fornendo ogni necessaria informazione circa la sicurezza, l’ordine e la disciplina all’interno degli istituti».

IL VECCHIO ED IL NUOVO TRANSITO

Nella successiva cartina elaborata (foto 2) sono indicate tutte le destinazioni d’uso dei fabbricati (all’epoca penitenziaria) che in essa compaiono, attorno all’attuale “Reparto Transito“, al fine di offrire una chiara visione d’insieme. Si può facilmente osservare che durante questo lungo periodo furono costruite altre strutture.

I fabbricati attorno al Reparto Transito:
– I magazzini Sopravvitto e Mantenimento detenuti.
– Il Caseificio di cui abbiamo riferito ampiamente.
– La lavanderia con annesso stenditoio.
– Il macello.
– La cabina elettrica.
– Il campo di calcio della Diramazione Centrale
con frecce rosse sono stati indicati i vani di accesso al complesso Transito, sia di tipo carraio (A e B) che pedonale (c e d).
Si apprezza visivamente l’enorme sviluppo del complesso, la strada che lo contorna termina con la “Diramazione Centrale” in cui oggi è stato installato l’Osservatorio della Memoria.

Foto 2) Asinara -Cala D'lOliva Reparto transito, visione d'insieme

Foto 2) Asinara -Cala D’lOliva Reparto transito, visione d’insieme

Il “NUOVO” ed il “VECCHIO” all’Asinara

Si può tranquillamente affermare che la fantasia all’Asinara è sempre stata una “qualità” rara, sicuramente perché ci si doveva occupare dei problemi più disparati e gravi che difficilmente ci si poteva perdere nell’esercizio, allora molto opzionale, di ricercare una definizione precisa, un termine adatto e consono ad ogni nuovo o vecchio edificio.
Allora il ricorso a termini quali “vecchio” e “nuovo” corrispondevano, in caso delle strutture edilizie, a fabbricati la cui destinazione d’uso restava immutata nel corso degli anni e però, per le più disparate ragioni, normalmente legate all’incremento numerico dei detenuti da custodire, la loro edificazione e/o modifica veniva effettuata in epoche differenti.

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Propongo un esempio per chiarire il concetto, citando quel fabbricato in mattoncini rossi, in cui abitarono per un mese Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con le rispettive famiglie, chiamato, fin dalla sua costruzione, Foresteria NUOVA.
Meno nota al grande pubblico, ma esisteva a Cala d’Oliva anche la Foresteria VECCHIA, con analoghi compiti, era ubicata tra la casa del Sacerdote ed il bar dell’epoca, ed era quella la struttura edilizia in cui risiedevano i ragionieri e gli educatori non coniugati in servizio sull’isola.
Il restante personale amministrativo godeva insieme di singoli vani, con uso di cucina comune, in un alloggio nei pressi della discesa al porto di Cala d’Oliva. Il personale coniugato del ruolo civile  normalmente fruiva di un alloggio.

In precedenza la Foresteria era stata ricavata in quel fabbricato ubicato dopo la chiesa, salendo su per la strada che conduce alla ex Direzione della Casa di Reclusione dell’Asinara.
La foresteria Nuova era quindi destinata all’alloggio di personale del luogo, sia proveniente dalla Sardegna che in trattamento di missione dal Ministero o da altri Enti. Questa struttura ospitava normalmente in modo stabile il Magistrato di Sorveglianza, all’epoca era il Dr Mario Esposito per i giorni in cui espletava i colloqui con i detenuti per il suo lavoro.

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Schema planimetrico della Conservatoria delle Coste (la numerazione delle celle nel Transito nuovo corrisponde ai numeri riportati nelle immagini)

Schema a) planimetrico della Conservatoria delle Coste (la numerazione delle celle nel Transito nuovo corrisponde ai numeri riportati nelle immagini)

L’EVOLUZIONE, è un termine problematico

          Il transito vecchio nella sua parte originaria, dopo essere stato magazzino vestiario detenuti, era divenuto  struttura penitenziaria di quattro vani per

Transito vecchio

Transito vecchio

l’alloggio dei detenuti sconsegnati in particolare i “pastori” o gli “spesini” o gli “elettricisti” persone che godevano di un regime particolare e che dovevano godere della fiducia dell’Amministrazione, concessa sulla base dell’osservazione e sull’esame delle note contenute nelle cartelle matricolari individuali che accompagnano ogni persona dal momento in cui viene ristretta negli istituti. Nel transito vecchio erano ristrette persone detenute, che per la loro capacità tecnica, o pratica costituivano figure e posizioni necessarie all’Amministrazione per tipologie di lavoro che richiedevano orari e presenze differenti dalla totalità dei detenuti.

Dopo le successive ristrutturazioni disposte dal Gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa la Struttura Transito divenne capace di ospitare molte persone in condizioni di spazio veramente esiguo.

Nel successivo schema b) con la distinzione cromatica è stato reso evidente il processo aggregativo che ha visto, nel corso degli anni, aggiungere, attorno al nucleo originario del Magazzino vestiario detenuti (di cui ha riferito Fausto Muru e riportato nella precedente foto 1), tutta una serie di fabbricati necessari alle mutate esigenze dell’Amministrazione penitenziaria.

Schema b) planimetrico con le successive aggiunte al deposito vestiario pre 1975.

Schema b) planimetrico con le successive aggiunte al deposito vestiario pre 1975.

IL PERIODO STRAGISTA

Ricordiamo che il periodo caldo ebbe inizio il 18 marzo 1980 quando Girolamo Minervini fu ucciso dalle Brigate Rosse. Il giorno prima, il magistrato aveva assunto l’incarico di Direttore Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena del Ministero di Grazia e Giustizia. Il gruppo di fuoco delle Brigate Rosse lo intercettò a bordo di un autobus a Roma in via Ruggero di Lauria, mentre si recava al lavoro, volutamente senza scorta per non mettere a repentaglio la vita di altre persone.  I brigatisti, che uccisero il giudice, furono identificati dalle risultanze processuali in Francesco Piccioni e Sandro Padula.
Poi sempre nel 1980 ci fu il sequestro di Giovanni D’Urso magistrato della Direzione degli Istituti di Prevenzione e Pena poi liberato  e l’assassinio del Gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie Emanuela Setti Carraro il 3 settembre 1982.

Una profonda striscia di sangue che lasciò un segno anche nei fabbricati, che inseguono normative variate nel tempo, si inserisce anche la vicenda di Umberto Mormile Educatore penitenziario, dapprima in servizio a Parma e poi nel carcere di Opera (Milano), che l’11 aprile 1990 venne assassinato in un agguato della ‘ndrangheta sulla strada provinciale che percorreva per recarsi al lavoro.
cella i.chelo2013Da una moto che affiancò la sua automobile, furono esplosi sei colpi di pistola. L’omicidio venne rivendicato all’ANSA di Bologna dall’organizzazione terroristica Falange Armata Carceraria che esordì precisamente con questo assassinio. Per questo delitto, vennero condannati in via definitiva Domenico e Antonio Papalia come mandanti e Antonio Schettini e Nino Cuzzola come esecutori materiali, entrambi rei confessi. Come movente, inserito agli atti, fu individuato il desiderio di vendetta per il rifiuto di Mormile di stilare una relazione favorevole a far ottenere un permesso di libera uscita al boss ergastolano Domenico Papalia in cambio di 30 milioni di lire, circostanza smentita in seguito dalle dichiarazioni del pentito Vittorio Foschini. Nel corso del processo si insinuò di una condotta di Mormile propensa a favorire i boss detenuti, sia a Parma che a Opera, ma nella sentenza di condanna non furono trovati elementi al sostegno di questa tesi.
Solo dopo molti anni il 19 luglio 2016, durante la commemorazione della strage di via D’Amelio in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino, salirono per la prima volta sul palco i fratelli di Umberto, Stefano e Nunzia Mormile. I fratelli raccontarono di come, insieme alla sua compagna Armida Miserere, la Direttrice del carcere di Sulmona, morta poi suicida il 19 aprile 2003, avevano portato avanti per molti anni ricerche per conto proprio e di essere arrivati alla conclusione che Umberto fu assassinato per un presunto accordo stato-mafia, tra i servizi segreti e l’amministrazione penitenziaria, che permetteva ai primi di, saltare ogni controllo e di poter entrare in carcere e parlare con i boss in regime di carcere duro, il 41 bis ed usci, prima sulle agenzie di stampa e poi su tutte le maggiori testate giornalistiche, il famigerato  ed innominabile “Protocollo Farfalla”.

La strage di Capaci fu un attentato di stampo terroristico – mafioso compiuto da Cosa Nostra il 23 maggio 1992 nei pressi di Capaci, per uccidere il magistrato antimafia Giovanni Falcone. Gli attentatori fecero esplodere un tratto

Passaggio pedonale.

Passeggio delle “cellette”.

dell’autostrada A29, ed oltre al giudice, morirono altre quattro persone: la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Dopo tre mesi anche un altro magistrato italiano Paolo Borsellino il 19 luglio 1992, fu vittima di Cosa nostra nella strage di via D’Amelio assieme ai cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Ma torniamo al Transito e all’ulteriore modifica che fu apportata solo nella ristrutturazione dei locali  ed il discrimine temporale fu proprio l’anno delle stragi di Falcone e Borsellino, era l’anno 1992.

E chi ci informa è l’amico Leonardo Delogu che ha contribuito sempre attivamente alla formazione continua di questo sito, persona che ben conosciamo e ringraziamo.
post 1992

Complesso detentivo TRANSITO prima del 1992

1) Cortile
2) Ripostiglio e bagno.
3) Due celle ed il corpo di guardia posto all’ingresso del cortile 12 , sala colloquio con ingresso cortile 1.
4) Passeggi transito vecchio.
5) Celle detenuti circondate da corridoio scoperto.
6 ) Passeggio “cellette” al n°8 dei lavoranti a seconda dei periodi.
7 ) Piazzale tra il vecchio ed il nuovo transito.
8) “cellette”
9) Passeggio transito nuovo, mai usato tranne in alcuni casi di detenuti  in regime di isolamento.
10) Piazzale del transito nuovo riservato a  detenuti comuni e lavoranti che, nelle ore di apertura, potevano soggiornare all’esterno.
11) Reparto detentivo transito nuovo,
12) Garitta di sorveglianza
13) Locale a triangolo che ospitava le docce
14) Cortile transito vecchio con relativo ingresso dalla strada fronte Lavanderia

Complesso detentivo TRANSITO dopo la ristrutturazione del 1992 .
Come si osserva facilmente cambiano solo le destinazioni d’uso dei locali che restano invariati.

1) Cortile
2) Guardiola agente carraia, apertura porta verso la nuova carraia piazzale 4
3) Corpo di guardia, Sala regia, Sala riposo del personale, Sala colloquio con ingresso esterno dal cortile 1
4) Piazzale carraia ingresso struttura.
5) Reparto detentivo celle alta sicurezza con passeggio nel corridoio ristrutturato.
6)- 7)- 8) I locali vengono chiusi ed è creato muro sbarramento cortile 14 e cellette 8 tra il vecchio ed il nuovo transito
9) – 10) – 11) I locali sono rimasti inalterati

alcune immagini della struttura.

Veduta aerea Sezione transito fonte rete web

Veduta aerea Sezione transito fonte rete web

Piazzale transito nuovo

Piazzale transito nuovo

Piazzale tra vecchio e nuovo transito

Piazzale tra vecchio e nuovo transito

Transito nuovo interno celle

Transito nuovo interno celle

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non si può concludere la modesta esposizione di una piccola parte, della storia del Reparto detentivo Transito, come quella che abbiamo esposto in questo articolo, senza tentare semplici riflessioni.

La prima riguarda il bagaglio di esperienze, privazioni e dolore di tutti coloro che hanno transitato per queste celle che, spero, abbiano contenuto riflessioni profonde, sulle dolore e sull’afflizione perenni, scaturite dalle azioni delittuose.

La seconda deduzione ovvia, comprende il valore complesso e complessivo della storia della splendida isola dell’Asinara che, amici come Leonardo Delogu, Gianni Piano, e Ivan Chelo, con le parole e le immagini, riescono a trasmettere,

 E’ la nostra storia, sicuramente non semplice, storia mai facile…. storia dirompente che,
a volte,

lacera le coscienze.

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Grazie

Articolo complememtare: gli omicidi in carcere

 

carlo hendel

Carlo nasce nei primi mesi del '50 e trascorre la sua infanzia a Roma, nella zona centrale della capitale, a “due minuti a piedi” da Piazza di Spagna. Di padre polacco e con la mamma abruzzese, Carlo aveva un fratello in Polonia, ed ha tre sorelle: una in Polonia e due in Italia. All'età di 22 anni si trasferisce nel paesino abruzzese di Barete e vi svolge attività libero-professionale per circa dieci anni. Consegue la nomina, da parte del Ministero di Grazia e Giustizia, alla Direzione Agrozootecnica della Casa di Reclusione dell'Asinara, evento che lo farà incontrare con l'isola e con la Sardegna. Vive e lavora con passione all’Asinara, per circa cinque anni, dal 1982. Alla vigilia della trasformazione dell’isola in Parco, partecipa come coautore, al volume “ASINARA” Storia, natura, mare e tutela dell’ambiente (Delfino Editore 1993) curato da A. Cossu, V. Gazale, X. Monbaillu e A. Torre, per la parte riguardante la Storia agricola e l’ordinamento carcerario. ------------------------------------------------------------------------------ L'Asinara non sarà più dimenticata. Blogger dal 2000 sotto vari pseudonimi, e con svariati blog. Nel 2007 pubblica una nota "L'Asinara - La storia scritta dai vincitori" con la quale, per la prima volta, rivendica per l'isola il suo "diritto inalienabile alla storia". Nel 2016 pubblica questo portale personale investendo notevoli energie e risorse solo con l'intento divulgativo e per testimoniare la storia dell'isola senza preconcetti o preferenze, per tutti i periodi e le vicissitudini attraversati dall'Asinara. Prosegue la sua attività lavorativa prima a Castelfranco Emilia (MO), poi a Roma (D.A.P.) ed infine a Viterbo ove maturerà il tempo della agognata quiescenza. All'età di 59 anni la sua vita cambia in modo importante, ma non è questa la sede propria di siffatta narrazione. -------------------------------------------------------------------------------------- Si definisce, da sempre, un ecoagricoltore e ancora oggi, produce olio biologico extravergine di oliva per autoconsumo, coltiva il suo orto con metodi esclusivamente naturali ed alleva animali da cortile. Carlo spesso ama dichiarare di aver avuto cinque o sei vite, ora ha due splendidi nipotini ed un diavolo per capello! Il resto lo lasciamo ai posteri......

4 commenti

  1. Gianmaria deriu

    Grazie Carlo reale descrizione preciso e analitico! Storie vere per i lettori e per chi come me nel leggerti ho rivissuto quei luoghi con le loro mutazioni e destinazjoni d’uso,almeno un po’ di storia vera .un grazie di cuore x l’impegno non semplice nel dover riscrivere quel passato.con affetto e stima Gianmaria

    • Carissimo Gianmaria,
      nei limiti delle mie modeste possibilità, cerco comunque di restare fedele si fatti accaduti, le mie convinzioni cerco di tenerle fuori da questo contesto e quando le esprimo come ho fatto in questo articolo lo dichiaro apertamente e non diventa occasione per denigrare l’attività di nessuno ed è forse è proprio per questo che ricevo attestati di stima e di affetto, come questo di cui ti ringrazio, da tutti coloro che, questi accadimenti, li hanno vissuti cui si aggiungono quelli di coloro che vogliono saperne di più sulla storia dell’Asinara.
      Sono tutti cari i complimenti, ma se debbo dirti quello che ho più gradito è stato scritto da Pinuccia Bosincu moglie di Lorenzo Spanu della cui opera incessante l’Amministrazione si è avvalsa per moltissimi anni.
      La mancata menzione di Lorenzo Spanu è stata una necessità perché “un articolo non diventasse un libro”.
      Colgo l’occasione che mi offri per ringraziarti e per tributare a Lorenzo Spanu quel riconoscimento dovuto da tutti, compreso il sottoscritto.
      Grazie

      carlo

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