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peste manzoniana

I Periodi contumaciali di Cala Reale

ATTENZIONE!
QUESTO ARTICOLO, PER L’ARGOMENTO TRATTATO, NON E’ DESTINATO AD UN PUBBLICO SENSIBILE

Così come il crematorio era un fabbricato destinato alla distruzione dei resti terreni di persone decedute a causa di malattie infettive, così i famosi “Periodi contumaciali” sono termini comuni che possono ricomprendere tutta una serie di pratiche di tipo sanitario, oggi definite “protocolli”, azioni sperimentate, programmate e poste in essere per  curare le persone infette, impedendo, nello stesso tempo, la diffusione della malattia.
Inoltre (e all’Asinara si è verificato) questi due termini sono serviti a definire anche i luoghi, appositamente predisposti, in cui la QUARANTENA  poteva essere applicata con sicurezza.

Abbiamo già trattato, sia pure in modo non esaustivo, l’argomento dei “Periodi contumaciali” nell’articolo dell’11 febbraio 2020 trattando la storia del Crematorio di Cala Reale  poi trasformato in luogo di culto, però proprio questa è la motivazione per cui si chiede, al gentile lettore, di voler cortesemente visionare l’articolo appena linkato, prima di procedere oltre con la lettura del presente.

Immagine 1 La pestilenza in Italia nel 1629

Immagine 1 La pestilenza in Italia nel 1629

Tra il 1629 e il 1633 si verificò una famosissima epidemia, nota anche come peste manzoniana e colpì, fra le altre, diverse zone dell’Italia settentrionale. Il nome le restò appiccicato quando venne ampiamente descritta da Alessandro Manzoni nel romanzo “I promessi sposi” e nel saggio storico “Storia della colonna infame” e oggi moltissime persone, organi di stampa e trasmissioni televisive sono tornate a ricordare la definizione, per meglio definire anche questo periodo del 2020 che, purtroppo, ci troviamo faticosamente ad attraversare.
Una curiosa coincidenza è balzata agli occhi osservando le analogie tra la raffigurazione odierna (12.04.2020) della diffusione italiana del Covid -19 (Immagine 2) e quella proposta da Wikipedia relativamente alla diffusione territoriale della epidemia di colera del 1629  (Immagine 1), le zone da confrontare sono state ricomprese da una sottile linea gialla, nera nella cartina della peste, ma le analogie esulano dalla trattazione dell’argomento in esposizione.

Immagine 2

Immagine 2

Mentre predisponevo la stesura del pezzo, ho riflettuto sull’opportunità della sua pubblicazione odierna, poi sono giunto alla conclusione che non sia del tutto corretto posporne la pubblicazione già in programmazione ben prima dell’avvento dell’attuale pandemia per cui, convinto profondamente che solo la mancata conoscenza possa ingenerare timore, ho sciolto la riserva, scegliendo di apporre l’avvertenza che compare all’inizio dell’articolo.

QUARANTENA

Il termine “quarantena” prende origine dall’isolamento, di 40 giorni, cui furono sottoposte imbarcazioni e  persone prima di ottenere l’autorizzazione ad accedere nella città di Venezia.

Fu adottata come misura di prevenzione contro la peste nera un’infezione sostenuta da un batterio la “Yersinia pestis“, isolato solo nel 1894 che si trasmette generalmente dai ratti agli uomini, attraverso le pulci.
Prima di entrare nella città di Venezia, i viaggiatori nuovi arrivati dovevano trascorrere 30 giorni in un luogo ad accesso limitato (in origine vicino alle isole) in attesa di vedere se i sintomi della peste si fossero sviluppati.
In seguito l’isolamento fu prolungato a 40 giorni e divenne quarantena.

Il primo lazzaretto fu fondato a Venezia nel 1403, su una piccola isola il ”Lazzaretto Vecchio’, vicina alla costa occidentale del Lido di Venezia. L’isola ospitò un ospedale, che curava gli appestati durante le epidemie. Fu in seguito adibita, come altre isole, a postazione militare. La sua superficie è di 2,53 ettari e conta fabbricati sviluppati per 8.400 m².

Il primo lazzaretto del Regno

Per quanto riguarda l’aspetto sanitario, fu proprio l’arrivo del colera in Europa, negli anni Trenta dell’Ottocento, a consigliare, alla Municipalità sassarese, la realizzazione di un lazzaretto, la cui assenza comportava, per i mercanti del nord Sardegna, dispendio di tempo e di denaro, poiché i natanti che trasportavano merci  per lo scalo di Porto Torres, erano obbligati a ricorrere al lazzaretto di Cagliari.

Il dibattito al Consiglio comunale di Sassari – che valutò anche l’Isola Piana e il molo di ponente di Porto Torres – si trascinò inutilmente per alcuni decenni, fino a quando, nel 1885, lo Stato non decise di istituire all’Asinara “il primo lazzaretto del Regno” e una colonia penale agricola.
f.crispiL’epidemia di colera del 1884-1885 aveva appena mietuto in Italia quasi 18.000 vittime.
Francesco Crispi, appena insediato alla guida del Governo, istituì nel Ministero dell’Interno la Direzione di sanità pubblica, coinvolgendo per la prima volta i medici nel processo decisionale. Una specifica legge la n° 5849 del 1888 nota come legge Crispi-Pagliani, inoltre, trasformò il Consiglio superiore di sanità in un organo di medici specialisti anziché di amministratori, e creò la figura del medico provinciale.
La norma inoltre stabilì il principio che lo Stato dovesse essere responsabile della salute dei suoi cittadini.
Fu quello il periodo storico in cui si colloca l’esproprio degli abitanti dall’isola dell’Asinara (1885) e nello stesso tempo la nascita, dell’abitato di Stintino.

L’esigenza del periodo contumaciale era dovuta al pericolo della diffusione di malattie infettive, come il tifo esantematico, il colera, la tubercolosi, ecc., tutte malattie infettive molto temute dalle autorità sanitarie civili e militari: per scongiurare tali epidemie ed isolare i casi infetti, i prigionieri erano sottoposti a visite mediche, disinfezioni, esami batteriologici e vaccinazioni.
(Lodovico Tavernini)

Nel prosieguo degli anni in Sardegna furono molti i luoghi in cui operarono campi di concentramento per prigionieri austro ungarici:
Asinara (Tumbarino, Campo, Perdu, Stretti, Fornelli), Cagliari, Laconi, Pittada, San Vito Sardo, Serramanna, Siliqua Villagrande, Sassari, Monte Narba.
La stazione sanitaria era autonoma dai campi di prigionia, operò prima dell’arrivo dei prigionieri austroungarici e successivamente dopo lo svuotamento dei campi di prigionia.

LA STAZIONE SANITARIA

Immagine 3

Immagine 3

La stazione sanitaria era autonoma dai campi di prigionia, operò prima dell’arrivo dei prigionieri austroungarici e successivamente dopo la partenza dei prigionieri della I Guerra mondiale.
Il nucleo più importante (Direzionale) era quello di Cala Reale, laddove i prigionieri sbarcavano; era quello il luogo ove erano stati costruiti gli stabilimenti di disinfezione, poi vediamo gli altri tre “complessi di fabbricati“, posti  a distanza di un chilometro l’uno dall’altro, denominati “PERIODI contumaciali” e, per distinguerli, furono preceduti dal numero romano I, II, III.
Nell’isola dell’Asinara le tipologie di confinamento sanitario teoriche, corrispondevano a luoghi fisici, ovvero zone di territorio, debitamente custodite da recinzioni, reticolati etc. dove i prigionieri (nel caso degli austro ungarici) trascorrevano coattivamente il periodo prescritto di quarantena.
La vigilanza armata era effettuata dal Contingente di Carabinieri Reali che assicuravano la ferrea separazione tra i periodi contumaciali, unico sistema in grado di rendere efficaci le misure sanitarie adottate per debellare il colera.

I Periodi contumaciali, nella Prima guerra mondiale, subirono una importante trasformazione da semplici blocchi di terreni e fabbricati delimitati da recinzioni e muretti insormontabili destinati all’isolamento dei passeggeri di navi infette, in luoghi di quarantena per prigionieri ammalati di Colera e quindi contagiosi.

Immagine 4

Immagine 4

All’interno dell’isola dell’Asinara si era così realizzato un ampio luogo di quarantena sanitaria (Cala Reale I, II, e III Periodo contumaciale), distinto nettamente dai campi di prigionia in cui furono confinati i prigionieri austro ungarici (Capo Perdu, Stretti, Tumbarinu, Fornelli).

Per ogni tipologia di malattie infettive il Ministero della Sanità aveva, ed ha ancor oggi, stabilito alcune prescrizioni (i moderni protocolli) cui, ad esempio, debbono essere sottoposti i prigionieri dopo la loro cattura, oppure dovevano sottoporsi i passeggeri di un piroscafo prima di sbarcare in un luogo abitato.

Abbiamo in altre parti riferito della trasformazione del “Terzo periodo” nella Diramazione penitenziaria di Trabuccato una volta esaurita la funzione sanitaria.
Ora, partendo dal punto di sbarco, ripercorreremo idealmente la strada che il prigioniero, affetto da malattia contagiosa, seguiva, fino alla dichiarazione di guarigione che preludeva non alla sua liberazione, ma al trasferimento in un campo di prigionia.

Il Centro Direzionale della Stazione Sanitaria di Cala Reale

Immagine 5

Immagine 5

Nello schema allegato (immagine 5) è perfettamente evidenziata tutta la struttura di Cala Reale, primo approccio degli ammalati all’isola, ed è il luogo ove, tra l’altro, risiedeva la maggior parte del personale sanitario in servizio.
Al centro dell’ampio piazzale si distingueva il fabbricato, oggi erroneamente denominato “Palazzo Reale”,  destinato a sede ed alloggio per il personale del

Stazione Sanitaria Edificio per l’Amm.ne, per l’alloggio del personale addetto alla Stazione e Sede del Comando del Presidio.

Stazione Sanitaria Edificio per l’Amm.ne, per l’alloggio del personale addetto alla Stazione e Sede del Comando del Presidio.

Parco Nazionale dell’Asinara, nella planimetria dell’epoca esso è indicato con il numero 12) Edificio per l’Amm.ne, per l’alloggio del personale addetto alla Stazione e Sede del Comando del Presidio.
Nella torretta centrale del Palazzo, visibile anche nelle odierne immagini, era stata collocata la riproduzione grafica di un orologio, la sistemazione del Piazzale antistante avvenne in tempi successivi con la costruzione del grande serbatoio sottostante (Relazione Ferrari)

Asinara - Cala Reale (ph Leonardo Delogu 2020)

Asinara – Cala Reale (ph Leonardo Delogu 2020)

Alla destra del viaggiatore che sbarca si osserva ancor oggi  il fabbricato dal singolare colore “rosso mattone” su cui campeggia la gigantesca scritta:

ALTO COMMISSARIATO PER L’IGIENE E LA SANITA

che è indicato nell’immagine 5 al numero 29) Fabbricato alloggi passeggeri di III classe

Si sottolinea che, in aggiunta al molo che tutti oggi conoscono (scritta in azzurro), in cui attracca il traghetto che trasporta persone e materiali sull’isola, esisteva un secondo molo, contraddistinto nell’immagine predetta con il numero 36) “Pontile di sbarco in contumacia”.

CARTOLINA  AsinaraLazzaretto 11/2-1917

Di seguito inseriamo la bellissima “cartolina viaggiata” contenente la scritta ASINARA – Porto e datata 17 gennaio 1917 in cui, chi l’ha inviata (e a tutt’oggi non ne conosciamo neppure il nome), ha inserito di proprio pugno due indicazioni molto precise.
Si tratta di due frecce tratteggiate con cura, collocate in testa alla cartolina 
in cui,  con la prima riporta “ufficio telegr.” e nella seconda “abitaz.

Sono indicazioni non di poco conto, anzi estremamente importanti, poichè lasciano trasparire alcuni elementi essenziali per giungere a determinare l’identità del mittente.

Si ringrazia chi ha effettuato la segnalazione dell’immagine, la Signora Luisa Deiana e colui che l’ha postata nel suo profilo il Sig. Angelo Capone, che si è dichiarato disponibile a rintracciare (se esiste) anche la parte retrostante del documento. (02.agosto 2020)
cala reale 10.01.1917

Qualche considerazione

I primi prigionieri austro ungarici arrivarono all’Asinara a dicembre del 1915 prima del natale.
A marzo – aprile dell’anno successivo già buona parte dei prigionieri era morta o era in fase di guarigione poi sono iniziati gli invii dei prigionieri in Francia che richedeva forza-lavoro e, successivamente  in Sardegna.
Questo doveva essere il periodo in cui, con molta probabilità, è stata scattata la fotografia.
Poi è l’immagine stata trasformata in cartolina da Gio-Maria Ibba ad Oristano e riportata sull’isola in questa forma.
Coloro che lavoravano sull’isola (vi erano molti privati che avevano approntato imprese che fornivano merci anche ai prigionieri ……) ed abitavano nei pressi dei luoghi ove avevano collocato lo spaccio.

Ce ne erano anche a Fornelli.
Qualcuno  è possibile che inviasse la cartolina a parenti ed amici per far conoscere il luogo dove lavorava…….. e
può darsi che questo Sig. Angelo abitasse proprio il fabbricato indicato dalla freccia………. è proprio per questo ho richiesto gentilmente l’invio del retro………. che prontamente è arrivato proveniente dal Sig. Angelo Capone.

Retro della cartolina viaggiata del 1917

Retro della cartolina viaggiata del 10 gennaio 1917

Ma si osservi nell’ingrandimento cosa scrive il Sig. Angelo alla Sig.ra Marta Salis che abitava a Cagliari in via Tristani 18: una parola “Saluti” scritta in modo diciamo normale …. poi aggiunge “e baci” con una grafia ridottissima, pressochè invisibile, resa evidente dall’ingrandimento e conclude il suo pensiero con luogo e data:bAsinaraLazzaretto 11/2-1917.

E’ necessario tenere presente che la corrispondenza dei prigionieri di guerra austroungarici e di altre etnie veniva sottoposta a censura militare (e per questo inviata a Roma presso il Ministero delle Poste e Telegrafi), che i prigionieri di guerra non potevano corrispondere con l’interno del Regno (pag 430 della Relazione del Gen. Ferrari) e che tutta la corrispondenza, in partenza ed in arrivo, era sottoposta ad un controllo accurato e la scritta azzurra “VR” sopra il timbro poteva probabilmente rappresentare un “visto”.
Ma da queste informazioni si deve dedurre un altro importante elemento, che sicuramente la cartolina, esendo diretta a Cagliari, non poteva essere stata spedita da un progioniero di guerra.

Nell’ufficio del telegrafo di Stato di Cala Reale (ve ne erano almeno sei in tutta l’isola) prestavano servizio stabilmente almeno due persone (l’organico ne prevedeva tre).
Tutte le stazioni fono-telegrafiche dell’Asinara iniziarono a funzionare tra il 18 ed il 20 gennaio 1916 e terminarono nel mese di luglio 1916.

L'ingrandimento del messaggio di saluto

L’ingrandimento del messaggio di saluto

I pontoni traghettavano i prigionieri, dal piroscafo ancorato nei pressi, fino al pontile della contumacia. Una volta sbarcati e percorsi pochi metri, gli ammalati accedevano a quella struttura con forma particolare (immagine 5 indicato col n° 35  Edificio bagni a doccia e disinfezione).
In tempi non recenti quella struttura veniva indicata con il nome di “Costituto”.
Non si conosce la ragione certa di una simile denominazione, se non per la presunta  analogia con il termine “constitutum possessorium” cioè l’antica modalità di acquisto derivata del possesso, nella quale la trasmissione del possesso avviene senza la consegna della cosa trasferita: con il constitutum possessorium il possessore si tramuta in detentore (ad esempio, il proprietario vende l’appartamento e contestualmente assume la qualità di conduttore dello stesso).

Il molo di Cala Reale il giorno di Pasqua 2020

Il molo di Cala Reale il giorno di Pasqua 2020

PRIMO PERIODO (Imm. 6)

Costituiva la zona di primo accesso al trattamento contumaciale delle persone infette, che vi erano ammesse solo dopo aver espletato alcune importanti operazioni:
– abbandono del vestiario
– rasatura
– doccia
– disinfezione.

immagine 6

Immagine 6

I prigionieri si rivestivano con indumenti puliti e sterilizzati e dopo aver eseguito una prima visita medica, assumevano la scarsa razione di cibo spettante.
Al momento dell’ingresso alla quarantena veniva predisposta, per ogni prigioniero, la cartella sanitaria personale.
Nei giorni successivi, il personale sanitario, forniva i presidi terapeutici prescritti per la cura dell’epidemia e, periodicamente, sottoponeva gli ammalati a visita medica.

Negli ingrandimenti dei singoli periodi contumaciali sono state riportate, per comodità visiva, le indicazioni delle destinazioni d’uso dei fabbricati proposte nel documento originale del Generale Carmine Ferrari.
La probabile motivazione di scritte del tipo “ALLOGGI DEGLI UFFICIALI PRIGIONIERI” è dovuta al periodo in cui la planimetria è stata redatta, quasi sicuramente corrispondente alla tarda estate del 1916, quando il grosso dei soldati (truppa) era già stato trasferito e restavano sull’isola dell’Asinara gli Ufficiali Austro Ungarici.

Qualcuno sicuramente ricorderà una immagine dell’epoca che è stata ampiamente commentata nell’articolo “Svaba“, immagine in cui sono stati immortalati mentre prendono un bagno, gli ufficiali austroungarici ristretti nei periodi contumaciali.

SECONDO PERIODO   (Imm.7)

Immagine 8

Immagine 7

Ogni persona potrà in questo modo agevolmente individuare le strutture edilizie di questo settore sanitario che, come spesso ho avuto modo di ripetere, hanno avuto utilizzi differenti in diversi periodi storici, per cui il Crematorio, ad esempio, potè essere trasformato in luogo di Culto e il caseificio di Trabuccato destinato a diventare altro.
I prigionieri trascorrevano le loro giornate, in attesa della fine della guerra e del rientro in patria, prima nei tre periodi contumaciali e, successivamente, nei campi di prigionia di Campo Perdu etc.

Ma tornando al periodo complesso della prima guerra mondiale, nella prima metà del 1919 all’Asinara furono reclusi anche 252 militari austro ungarici di nazionalità italiana che rientravano dall’Europa orientale e che per questa permanenza, si temeva avrebbero potuto diffondere le temutissime idee bolsceviche con le quali potevano essere stati in contatto e che erano un vero incubo per i governi dell’epoca.

Nel 1920 nei vari campi dell’isola erano ancora presenti circa 6.000 prigionieri di nazionalità ucraino – rutena (russi) che, secondo notizie di carattere diplomatico, rifiutavano il ritorno in patria poiché non era stato loro garantito che non avrebbero ripreso a combattere.


TERZO PERIODO
(Imm.8)

 

Immagine 8

Immagine 8

Questo III Periodo contumaciale appare, dalle indicazioni del Generale Carmine Ferrari nella sua Relazione, quella maggiormente dotata di fabbricati destinati all’alloggio degli Ufficiali prigionieri, e della truppa composta da soldati assegnati, con la qualifica di attendente, ad ogni Ufficiale.
Occorre dire che il trattamento riservato agli Ufficiali non era uguale a quello previsto per la truppa che quando veniva condotta al lavoro anche all’esterno dell’Asinara era sfruttata duramente dai datori di lavoro tanto che, in un precedente articolo, è stata riportata la testimonianza di Josef Robinau che narra l’odissea di 60 uomini e sei guardie italiane il 6 giugno 1917:

Ci hanno portato in stazione alle sette di mattino e siamo rimasti sul treno fino alle sette di sera. Poi abbiamo marciato per un’ora e mezzo e siamo stati alloggiati in una stanza. Il nostro lavoro consiste nel regolare il corso del fiume con pala e carriola. E’ un lavoro duro che dobbiamo fare senza colazione. A pranzo ci danno 25 maccheroni e un litro e un quarto d’acqua

Questo fu certamente un periodo tragico per l’isola e non solo per le persone che vi persero la vita, che non fecero più ritorno alle loro famiglie ai loro affetti. Fu un periodo in cui la sopraffazione e l’arbitrio ebbero buon gioco nella vita di questi prigionieri, ma è un altra storia che prima o poi racconteremo.

Immagine 9 Fotografia acquerellata parte del manifesto del VI Convegno "Storie e Memorie dell'Istituto Superiore di Sanita" del 2015

Immagine 9 Fotografia acquerellata parte del manifesto del VI Convegno “Storie e Memorie dell’Istituto Superiore di Sanita” del 2015

A completamento di questo articolo non certo semplice, si allega uno schema sintetico (Immagine 10) che  intende riassumere visivamente l’intera procedura di quarantena trascorsa, dai vari scaglioni di prigionieri di guerra nei “Periodi contumaciali”, nell’isola dell’Asinara.

Le indicazioni stilizzate del percorso compiuto dai prigionieri di guerra austro ungarici, nella quarantena all’Asinara, rappresentano i prigionieri con sagome circolari, colorate esclusivamente in base alla condizione sanitaria di “ammalati”, dal rosso (corrispondente al momento iniziale con colera accertato) al verde in cui le persone guarite uscivano dalla quarantena sanitaria, per essere condotte alle destinazioni post belliche.

Immagine 10

Immagine 10

Si completa l’articolo con l’inclusione di una Ordinanza di Sanità Marittima n° 1 del 07 luglio 1892 del Ministro dell’Interno Giolitti, per la quale si ringrazia sentitamente Mauro Almaviva che l’ha postata nella pagina fb degli Affetti dal Mal d’Asinara da cui si evincono le tipologie di trattamento cui venivano sottoposti i natanti sospetti di infezioni o malattie contagiose (colera) prima dell’istituzione della struttura sanitaria all’Asinara.

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carlo hendel

Carlo nasce nei primi mesi del '50 e trascorre la sua infanzia a Roma, nella zona centrale della capitale, a “due minuti a piedi” da Piazza di Spagna. Di padre polacco e con la mamma abruzzese, Carlo aveva un fratello in Polonia, ed ha tre sorelle: una in Polonia e due in Italia. All'età di 22 anni si trasferisce nel paesino abruzzese di Barete e vi svolge attività libero-professionale per circa dieci anni. Consegue la nomina, da parte del Ministero di Grazia e Giustizia, alla Direzione Agrozootecnica della Casa di Reclusione dell'Asinara, evento che lo farà incontrare con l'isola e con la Sardegna. Vive e lavora con passione all’Asinara, per circa cinque anni, dal 1982. Alla vigilia della trasformazione dell’isola in Parco, partecipa come coautore, al volume “ASINARA” Storia, natura, mare e tutela dell’ambiente (Delfino Editore 1993) curato da A. Cossu, V. Gazale, X. Monbaillu e A. Torre, per la parte riguardante la Storia agricola e l’ordinamento carcerario. ------------------------------------------------------------------------------ L'Asinara non sarà più dimenticata. Blogger dal 2000 sotto vari pseudonimi, e con svariati blog. Nel 2007 pubblica una nota "L'Asinara - La storia scritta dai vincitori" con la quale, per la prima volta, rivendica per l'isola il suo "diritto inalienabile alla storia". Nel 2016 pubblica questo portale personale investendo notevoli energie e risorse solo con l'intento divulgativo e per testimoniare la storia dell'isola senza preconcetti o preferenze, per tutti i periodi e le vicissitudini attraversati dall'Asinara. Prosegue la sua attività lavorativa prima a Castelfranco Emilia (MO), poi a Roma (D.A.P.) ed infine a Viterbo ove maturerà il tempo della agognata quiescenza. All'età di 59 anni la sua vita cambia in modo importante, ma non è questa la sede propria di siffatta narrazione. -------------------------------------------------------------------------------------- Si definisce, da sempre, un ecoagricoltore e ancora oggi, produce olio biologico extravergine di oliva per autoconsumo, coltiva il suo orto con metodi esclusivamente naturali ed alleva animali da cortile. Carlo spesso ama dichiarare di aver avuto cinque o sei vite, ora ha due splendidi nipotini ed un diavolo per capello! Il resto lo lasciamo ai posteri......

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