La realtà della vita quotidiana non è soltanto piena di oggettivazioni: è possibile esclusivamente grazie a loro. Siamo costantemente attorniati da oggetti che «proclamano» le
intenzioni soggettive dei nostri consimili, sebbene possiamo a volte dubitare su che cosa, un particolare oggetto «proclami», soprattutto se è stato prodotto da uomini che non abbiamo conosciuto bene o non abbiamo conosciuto affatto in incontri diretti.
Ogni etnologo o archeologo potrà agevolmente testimoniare la difficoltà di individuazione oggettiva delle funzioni espletate, ma il solo fatto che egli può superarle e ricostruire, da un prodotto lavorato, le intenzioni soggettive di uomini la cui società può essersi estinta da millenni è prova eloquente delle capacità delle oggettivazioni umane di durare nel tempo. (1)
Potrebbe essere stata simile al modellino rappresentato nell’anteprima di questo articolo, l’imbarcazione romana che ospitava il carico di anfore di Cala Reale.
Forse le ricerche archeologiche con nuovi strumenti d’indagine, nei prossimi anni, potranno offrirci una risposta certa, io voglio però fornire al lettore che si avvicina a questa materia affascinante, un’immagine ed una storia non troppo lontane dalla realtà; una storia, che non è sicuramente una favola, che non ci si avvicini neppure, ma che possa esserci d’aiuto per comprendere meglio cosa accadde all’Asinara nel IV secolo dopo Cristo.
Qualche fantasioso giornalista ha già definito il sito di cui sto parlando “la Pompei sarda” io, che cerco di stare con i piedi ben piantati a terra, ho un unico scopo, provare a dimostrare l’enorme importanza che, anche una materia non certo facile come l’archeologia, offre al visitatore della nostra bellissima isola.
La storia
Sulla banchina di un porto della lontana Hispania Baetica o Betica, una delle province romane (nella precedente foto 1 indicata in rosso) in cui venne suddiviso il territorio della penisola iberica, che oggi possiamo grossolanamente identificare con l’Andalusia, dicevamo sulla banchina del porto si procedeva al carico di una delle tante imbarcazioni che commerciavano i più svariati materiali da trasportare nella Roma imperiale.
L’intenso traffico nautico è documentato dai numerosi reperti (ancore e relitti) ritrovati su quella rotta nelle acque del Mediterraneo, i viaggi erano dunque frequenti, lo scambio di merci imponente e la nostra nave oneraria (naves onerariae) aveva riempito all’inverosimile la stiva dei materiali più differenti, spezie profumi, vasellame, materiali da costruzione pregiati (tessere vitree), cibi prelibati sfusi, olio ed il famoso “garum” cui dedico un apposito riquadro, che era sostanzialmente una salsa di pesce. I materiali liquidi erano contenuti nelle anfore, collocate verticalmente in appositi alloggiamenti e normalmente occupavano buona parte del fondo della stiva.
Le condizioni del mare, alla partenza, non lasciavano presagire nulla di buono, ma spesse volte il cielo si era schiarito durante la navigazione ed aveva consentito di concludere il viaggio agevolmente, per questo l’ammiraglio dette l’ordine di salpare.
Dopo il primo tragitto, il leggero vento Borea (l’attuale maestrale) rinforzò, divenne imponente e l’imbarcazione rischiava di frantumarsi sulle rocce alte ed impervie del lato ovest dell’isola degli asini, allora il comandante dette l’ordine di allungare il tragitto per transitare al largo di Punta Scorno e poi deviare decisamente verso Turris Lybisonis (Porto Torres), tappa intermedia obbligata, ma durante questo percorso il vento rapidamente girò a libeccio, l’aria si riempì di quel vento caldo umido accompagnato da nebbia e la navigazione divenne perigliosa.
Trascorse meno di un’ora, il buio imminente e la nebbia incombente condussero l’imbarcazione, ormai quasi cieca, ad impattare sulla secca di Scoglietti nella Rada della Reale.
Il rumore sordo del legno che si squarciava, accompagnò il violento scossone e l’equipaggio si accorse immediatamente che non era rimasto molto tempo, chi poteva si gettò in mare, mentre la barca si riempiva velocemente di acqua, si capovolgeva completamente e affondava in un brevissimo lasso di tempo.
In questa improvvisa rotazione, il materiale trasportato scese rovinosamente sul fondo marino sabbioso, precedendo l’imbarcazione offesa dallo scoglio affilato; le anfore, quelle che restarono integre, appoggiarono le loro grandi bocche sulla sabbia morbida, chiuse per sempre dal sughero, (f.i. tratto dal filmato “Operazione Reale”) mentre la bolla d’aria, spostatasi nel fondo appuntito dell’anfora, fungeva da galleggiante.
Sul fondale marino di otto metri a Cala Reale, nell’Isola dell’Asinara, il carico del relitto della nave oneraria romana, comprendente 33 anfore integre, insieme ad una notevole quantità di frammenti (circa 40.000) restò quasi intoccato per 1500 anni.
Sulle anfore si accumulò la spessa polvere dei secoli, mentre il polipo, la murena ed il gronco frugavano delicatamente tra i resti ceramici alla ricerca di un ricovero.
La nave che trasportava anfore contenenti salsa di pesce, il “garum” dei Romani si addormentò in un lungo sonno, il sartiame e le vele furono le prime a dissolversi, poi seguì il legno, lentamente fu disfatto dall’acqua di mare e dalle mareggiate.
A Cala Reale rimasero solo le anfore, mute testimoni di quel naufragio.
La scoperta nell’anno 1995
Che nella rada della Reale vi fosse un giacimento archeologico di anfore era cosa risaputa, ma la Motonave Gennaro Cantiello che conduceva sull’isola persone e merci, aveva, come stazione di approdo, il Porticciolo di Cala d’Oliva, quindi il giacimento archeologico non era assolutamente evidenziato.
Fu il Dr. Gianfranco Pala (periodo di Direzione della C.R. Asinara dal 1991 al 1998) Direttore della struttura penitenziaria che nel maggio del 1995, comunicò ufficialmente alla Soprintendenza per le Provincie di Sassari e Nuoro l’esistenza di un notevole numero di anfore nella Rada della Reale a circa otto metri di profondità.
Immediatamente furono avviate le procedure per la prima ricognizione del sito che venne coordinata dall’archeologo subacqueo Pier Giorgio Spanu che denominò il Relitto “A” di Cala Reale e, per primo, ne descrisse lo stato:
“Su un fondale sabbioso di circa otto metri, in prossimità della testa del molo del Lazzaretto, si verificò la presenza di un’elevata concentrazione di anfore, alcune delle quali integre. In considerazione della vicinanza alla riva e della scarsa profondità del deposito, si programmò un intervento di urgenza. L’area di dispersione del materiale, di circa 280 metri quadrati, è stata suddivisa in quadrati di m 2 x 2 per consentire un esatto posizionamento dei reperti all’atto del rilievo. È stato possibile recuperare solo i materiali superficiali. Lo scavo non ha messo in luce gli eventuali resti dell’imbarcazione (Sardegna Cultura www.sardegnacultura.it) con le immagini dei reperti integri conservati nel Museo Antiquarium Turritano, fotografati ad opera di Dessì Pierluigi.
Sin dal primo intervento sono state ritrovate numerosissime tessere musive di pasta vitrea, probabile materiale per decorazione è stato ipotizzato l’esistenza di un mosaico da consegnare a Roma.
La datazione del sito archeologico è stata effettuata in base al ritrovamento di una moneta della zecca di Roma, della fine del IV sec. d.C.
Gli sviluppi di quegli eventi nel corso degli anni
Sono seguiti anni di studi e di ricerche sui reperti, furono documentate dalla Soprintendenza quattro campagne di scavo del sito di Cala Reale fino al 2002 poi qualcosa cambiò, nel senso che nel 2007 è stato istituito il Parco Nazionale dell’Asinara, che ha mutato l’approdo dell’isola, individuando il proprio centro logistico, proprio nella Rada della Reale.
Nell’estate del 2007 è stato istituito anche il servizio pubblico di linea Porto Torres – Asinara con l’affidamento alla compagnia che lo svolgeva con il traghetto “Camogli”.
Pochissimo tempo dopo il neoParco Nazionale dell’Asinara si è avveduto che le operazioni si transito del mezzo nautico avevano danneggiato il sito archeologico, spostando finanche le coperture poste a protezione dell’importante deposito subacqueo.
“L’Operazione REALE” anno 2009
Un accordo stipulato tra la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Sardegna, sede di Sassari, ora per le province di Sassari e Nuoro, e l’Ente Parco Nazionale Isola dell’Asinara realizzò il progetto denominato “Operazione Reale”, che previde lo scavo, la documentazione, il recupero e la nuova sistemazione dei reperti archeologici conservati sul fondale marino davanti al molo di Cala Reale, nell’Isola dell’Asinara.
I complessi lavori subacquei diretti dalla Soprintendente Gabriella Gasperetti durarono più di tre mesi, dal mese di luglio a tutto settembre dell’anno 2009 mentre le ultime fasi di copertura del nuovo sito sommerso furono ultimate il 10 ottobre.
Il progetto ha consentito di documentare e recuperare migliaia di frammenti, orli e fondi delle anfore del carico, ricollocati sperimentalmente su un fondale a circa 200 metri ad ovest del sito originario, a -7 metri di profondità, per un’estensione di 20 x 20 metri.
“Tutte le anfore integre, gli oggetti della dotazione di bordo, i frammenti medievali e post-medievali ritrovati sulla superficie dello scavo sono stati portati a terra e sottoposti al processo di desalinizzazione, per esser poi restaurati ed esposti al pubblico, assieme ai materiali recuperati nelle campagne precedenti.
Per rendere evidente l’operazione di traslazione del sito archeologico è stato predisposto un fermo immagine (precedente fig 8) opportunamente modificato prelevato dal bel filmato della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Sardegna per le province di Sassari e Nuoro, che documenta egregiamente i tre mesi di accurato lavoro.
Nel filmato è perfettamente visibile l’anfora collocata nel Museo Nazionale di Porto Torres e, nei contenitori posti a lato dell’anfora, le tessere musive di pasta vitrea.
La Soprintendenza nel progetto “Operazione Reale” specifica che non tutte le anfore di Cala Reale contenevano il carico trasportato a fini commerciali; alcune venivano imbarcate per servire agli usi di bordo e si distinguono per la diversa forma, per la scarsa quantità (solo alcuni esemplari su un totale di migliaia) e, in alcuni casi, anche per una diversa provenienza; sono, questi, i frammenti di anfore di produzione africana, che forse contenenti olio, o un piccolo dolio, anch’esso verosimilmente per olio, ritrovato quasi integro e recuperato nel 2001.
Ancora dedicate per gli usi di bordo sono le lucerne per l’illuminazione, anch’esse in pochi esemplari e prevalentemente di produzione nord-africana, le brocchette, il vasellame da mensa in sigillata chiara D.
Nei primi interventi sono state recuperate anche tessere di mosaico in pasta vitrea verde-azzurro, che potevano essere trasportate sfuse, oppure
montate su un supporto a comporre il disegno centrale di un mosaico, l’emblema, secondo un commercio ormai acclarato anche dai ritrovamenti sommersi.
Le anfore di Cala Reale sono state suddivise in quattro tipi dall’archeologo subacqueo Pier Giorgio Spanu, che ha seguito i primi interventi. Le indagini recenti hanno rivelato una ulteriore variante, rappresentata da pochi esemplari. Nella letteratura archeologica sono note come Almagro 51 A e B = Keay XIX, Beltràn 72, Almagro 51 C = Keay XXIII.
Nel periodo interessato ai lavori di spostamento del sito, un nostro amico Ivan Chelo si recava sull’isola e scattava le prime immagini del “paradiso” immortalando anche il campo boe predisposto dalla Soprintendenza Archeologica.
11) e 12) le indicazioni dei campi boe predisposti dagli archeologi
Dall’immenso archivio del gruppo degli “affetti dal mal d’Asinara” e ringraziando Liliana Pirisi che l’ha scattata, ecco di seguito una bella immagine, in primo piano, di una delle anfore recuperate dai sub della Soprintendenza e appena deposta sul molo di Cala Reale.
Il Corriere della Sera on-line il 07 ottobre 2014 scriveva:“In tutto il Mediterraneo non c’è nulla di paragonabile al giacimento archeologico di Cala Reale, all’Asinara.
Una tesi che lascia il segno (2017)
Nella pregevole tesi di laurea magistrale in Archeologia di Marta Diana dell’A.A. 2016 – 2017 avente titolo “Ricognizioni Archeologiche nell’isola dell’Asinara” di cui si tratterà ampiamente, anche in ulteriori occasioni in questo sito, l’archeologa, che ha svolto un lungo e complesso lavoro di catalogazione dei siti e dei reperti recuperati, specifica, in particolare alla scheda AS17/44/1, nel sito di Cala Reale il 26/03/2017 di aver raccolto 18 reperti tra cui 2 monete di cui una piccola in bronzo non leggibile per via della spessa patina, recuperata nei pressi del molo di Cala Reale, oltre a frammenti di grosse anfore, uno di questi riconducibile al tipo Beltran I B, probabilmente pertinente al vicino relitto romano e collocato sulla battigia in seguito all’azione delle mareggiate.
Oltre agli anforacei la studiosa ha identificato numerosi frammenti di ceramica comune da cottura ed un coperchio di africana da cucina ad impasto arancione.
Nei pressi dei frammenti ceramici sono stati rintracciati frammenti metallici e numerosi chiodi in bronzo e nel prato antistante la sede del Parco Nazionale dell’Asinara è stato reperito un fondo di coppa, su piede in sigillata italica col bollo “Atteius”.
Il garum
è una salsa liquida costituita da interiora di pesce e pesce salato che gli antichi Romani aggiungevano come condimento a molti primi e secondi piatti.
Il vocabolo è di etimologia incerta.
Per altro, salse simili erano già usate precedentemente dai greci. Un’ipotesi quindi è che derivi dal nome greco garos o garon (γάρον), che era il nome del pesce i cui intestini venivano usati originariamente nella produzione dei condimenti.
Le notizie su questo condimento sono molto frammentarie e talvolta contraddittorie, di conseguenza c’è incertezza su cosa fosse e come si preparasse.
Alcuni sostengono fosse simile alla pasta d’acciughe, altri al liquido della salamoia delle acciughe sotto sale, che nella costiera amalfitana ed in particolare a Cetara si può gustare anche oggi con il nome di “colatura“. Una salsa tuttora esistente, che si presume si avvicini al garum, è il Nuoc Mam, una salsa di pesce, originaria della cucina vietnamita e abbastanza diffusa in Estremo Oriente.
Purtroppo non è possibile chiudere gli occhi perciò dobbiamo documentare che non sono mancati i saccheggi del sito archeologico di Cala Reale ad opera di persone di cui si potranno meglio occupare le istituzioni deputate a questo scopo.
Ne prendiamo atto riportando due articoli che, a distanza di tempo 2012 – 2020 due testate on line (Portotorres24.it e Sassari Notizie) hanno scritto.
IL MILIARENSE di COSTANTINO
Nella città di Milano sono state trovate monete romane del IV secolo (immagine a lato), con effigi e nomi di imperatori.
Riportare il volto dell’imperatore sulle monete aveva un duplice scopo:
– affermare l’autenticità della moneta
– diffondere il ritratto e il nome dell’Imperatore in tutto l’Impero.
La seconda motivazione, oggi, riveste enorme importanza per gli archeologi, poiché consente ad essi di associare, alle monete ritrovate, i nomi degli imperatori con fisionomie precise e, di conseguenza, assegnare le stesse monete ad un preciso periodo storico.
MONETA FRAMMENTARIA rinvenuta nel 2017 durante la ricognizione archeologica dell’isola dell’Asinara dell’Archeologa Marta Diana.
Prego il cortese lettore di osservare con attenzione le due monete che, sia pure di differente origine, ho voluto appositamente includere in questo box e, per aiutarlo nel confronto le ho affiancate con una selezione della parte sotto esame, ruotando il verso della moneta dell’Asinara senza ulteriori modifiche.
L’Archeologa Marta Diana descrive in questo modo la moneta:
82 (CAT.MO.012) moneta frammentaria in due pezzi, sul recto vi è una raffigurazione a rilievo di un soldato che trafigge un nemico, sul verso è raffigurato il volto di un personaggio maschile; il diametro originario doveva essere di circa 2 cm. In base all’iconografia si ipotizza che il personaggio rappresentato sia Costanzo Gallo.
(1) Concetto espresso dai sociologi P. L. Berger e T. Luckman
Bibliografia:
Marta Diana A.A. 2016 – 2017 “Ricognizioni Archeologiche nell’isola dell’Asinara”
“Operazione Reale” Soprintendenza 2010
Giacomo Disantarosa “Le anfore: indicatori archeologici di produzione, delle rotte commerciali, del reimpiego nel mondo antico”
A Cossu, V. Gazale, X. Monballiu, A. Torre ” Asinara, storia, natura, mare e tutela dell’ambiente”, Sassari 1993
P.G. Spanu, Il relitto “A” di Cala Reale (L’Asinara 1): note preliminari, in AA.VV., Atti del Convegno Nazionale di Archeologia Subacquea, Anzio 30-31 maggio e 1 giugno 1996, Bari 1997, pp. 109-133)