A.D. 2020
Apriamo, in questo sito, come augurio per un anno speciale per l’Asinara, la serie di pagine dedicate agli scavi archeologici ed ai ritrovamenti che, via via nel corso del tempo, sono stati fatti nella nostra bella isola e lo facciamo con un anfitrione d’eccezione Franco Satta (foto sotto) che condurrà me ed i lettori, per mano, alla scoperta delle particolarità non certo evidenti.
Lo facciamo mostrando, ai nostri cortesi lettori, anche il logo dell’Antiquarium turritano elaborato da Franco Satta (Sede Operativa di Porto Torres), con la libera interpretazione di Antonio Chessa (Centro Restauro di Li Punti) e la composizione grafica dello Studio Marratzu, poichè questo logo ci riconduce, ancora una volta, all’Asinara.
Il logo infatti rappresenta schematicamente la testa di Ercole, riportata su una lucerna, recuperata dagli scavi delle necropoli.
Ercole rappresenta, da sempre, una figura di primaria importanza per questa pagina, basti ricordare che l’antico nome dell’isola dell’Asinara era quello di Herculis Insula (Isola d’Ercole).
Con questo nome Plinio il Vecchio, nella “Naturalis historia”, indicava non solo l’Asinara, ma anche la vicina Isola Piana; mentre Tolomeo definiva in questo modo solo l’isola dell’Asinara, distinguendola nettamente dall’Isola Piana, chiamata “Diabate insula”, ovvero ‘‘isola di passaggio’’. (La Grande Enciclopedia della Sardegna a cura di Francesco Floris Vol. 5, pag 73 ed all. aa.)
Ma torniamo rapidamente al tema oggetto dell’articolo.
Cala Reale
Tutti, o quasi, conoscono la zona, posta a cavallo tra Trabuccato e Campo Perdu, al cui molo attracca il traghetto che, estate ed inverno, sbarca turisti e mezzi all’Asinara.
Molti sono anche a conoscenza che, in tempi antichissimi, attorno all’isola le navi militari e da trasporto hanno lasciato lungo le coste tracce suggestive: colubrine, affusti di cannoni etc. A Cala Reale, nei pressi riferiremo l’esito di un evento drammatico, un naufragio che, a distanza di millenni, ancora oggi ci consente di ammirare, a pochi metri di profondità, davanti al molo di Cala Reale, adagiati su una prateria di posidonia, il relitto di una grande nave oneraria ed un carico di anfore, contenenti salsa di pesce, una prelibatezza per quell’epoca.
Ma anche di questo interessante rinvenimento ci riserviamo di trattare diffusamente in ulteriori occasioni.
L’indagine archeologica di scavo del 2007
Siamo sempre nei pressi della Stazione sanitaria Marittima, vicino quel fabbricato color mattone circondato affettuosamente, nell’immagine, da un gruppo di cavalli, su cui campeggia la scritta “ALTO COMMISSARIATO PER L’IGIENE E LA SANITA’ PUBBLICA” e, più in basso “Stazione Sanitaria Marittima Quarantenaria e Franco Satta ci informa che l’indagine fu condotta dall’Archeologa Antonietta Boninu e che risulta che non sia stata l’unica indagine archeologica effettuata nell’Isola dell’Asinara, ma che un pregevole lavoro è stato svolto da una studentessa dell’archeologia lavoro che ha costituito la base per la tesi di laurea nell’anno accademico 2016 – 2017.
La Dott.ssa Boninu si è avvalsa del personale, altamente specializzato, della Sede Operativa di Porto Torres della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Prov. di Sassari e Nuoro, oggi Soprintendenza ABAP.
Lo scavo è stato attuato in prossimità del varco d’accesso allo scantinato dell’edificio dell’Alto Commissariato per l’Igiene e la Sanità Pubblica, Stazione marittima quarantenaria (in foto).
L’indagine del 21.08.2007 si è resa necessaria in seguito al ritrovamento, nello scantinato del fabbricato di numerosi materiali archeologici di epoca romana, accatastati all’interno di una dei vani. Lo stesso Satta ne specifica la natura ovvero materiali edilizi (tegole e coppi), contenitori da trasporto frammentari (anfore) e di altri oggetti in terracotta.
I materiali rinvenuti nel vano non presentavano le caratteristiche incrostazioni presenti nei reperti recuperati in mare in seguito all’affondamento di una nave da trasporto (oneraria), e questa ragione ha indotto gli studiosi a formulare l’ipotesi che si fosse in presenza di un insediamento civile.
Lo scavo, eseguito con mezzo meccanico, era stato eseguito in epoca antecedente ed era finalizzato a migliorare l’accesso agli scantinati del soprastante fabbricato, in fase di ristrutturazione.
A conferma della casualità dello scavo, aggiunge Satta, occorre evidenziare che in tutta l’ampia superficie di calpestio dell’area esterna al complesso della Stazione marittima quarantenaria è stata registrata la presenza di frammenti fittili pertinenti a oggetti di uso comune (brocche, piatti, coppe), vasi da fuoco e di ceramiche fini da mensa (sigillata africana).
ESITI DELLA RICERCA
La ricerca archeologica, attuata in adiacenza dello stabile principale, adibito a Stazione marittima quarantenaria, ha permesso di identificare lo scavo di fondazione attuato dalle maestranze che hanno costruito la palazzina, e le tracce di un edificio preesistente, di difficile identificazione, poiché della struttura originaria si conservava molto poco, poiché la fondazione era stata rasata.
La scarsità di materiali edili presenti nell’isola ha indotto i ricercatori a pensare che i resti fossero stati riutilizzati per costruire gli edifici attualmente esistenti.
La stratigrafia, anch’essa sconvolta dalle azioni di movimento terra, ha restituito numerosi materiali di età romana, in buona parte ceramiche.
La scarsa entità dello scavo non ha permesso di acquisire elementi utili che possano confermare la presenza di un insediamento stabile. Allo stato attuale delle indagini si può solo presumere una permanenza umana stagionale.
Considerata la quantità degli elementi si può comunque escludere la presenza occasionale e solo un’indagine accurata ed estesa potrà dare risposte più esaurienti.
Ecco l’ubicazione dello scavo del 2007.
Si ringrazia Franco Satta per le preziose indicazioni che ha voluto, con la cortesia che, unanimemente, è a lui riconosciuta, fornirci.
Nel contempo non può non osservarsi la multiforme serie di campi d’indagine che le ricerche in generale e queste archeologiche in particolare, aprono ogni qualvolta si guarda, anche in modo fortuito, all’interno dello scrigno di interessi culturali e del patrimonio meraviglioso che l’Asinara offre al visitatore.
Ed è questo turismo, di tipo culturale, altamente interessante e ancora troppo poco “appetito” dalla classe politica, che può svilupparsi, unitamente alla tutela ambientale da cui, secondo il mio modestissimo parere, l’Asinara può “lievitare” una differenziazione, in termini occupazionali duraturi.