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L'orto di Martella
L'orto di Martella

Uno speciale compagno di cella

Sottotitolo: La storia triste di Bobò e dell’orto di Martella.

Negli articoli, quelli seri, è d’uso iniziare con …. correva l’anno…

Era il 1985 e all’Asinara e tra il bailamme di bestiame presente, figurava anche Bobò che, sia chiaro, non era un asino, ma un bel mulo, molto sveglio che comprendeva le parole e seguiva ogni cenno del suo amico Elia.

Non che essere un asino sia cosa disprezzabile, ma Bobò era un mulo.

Sulla strada che da Cala d’Oliva raggiunge Case Bianche e prosegue poi per Elighe Mannu, qualche chilometro dopo la diga di Maria Rosaria 2), era ubicato un orto, individuato, da tutti, come “l’orto di Martella” che riforniva di ogni “ben di Dio vegetale”, le mense agenti delle Diramazioni di Case Bianche e di Cala d’Oliva.

Asinara - L'invaso artificiale di Maria Rosaria o del Pecorile

Asinara – L’invaso artificiale di Maria Rosaria o del Pecorile

Un orto esteso per circa mezzo ettaro. Terreni terrazzati tenuti a dovere, come fossero proprietà privata, da un ergastolano calabrese il Sig. Elia Rocco Martella all’Asinara dal 1963 con matricola 4140.

Se foste passati per la strada di Case Bianche, ad una prima impressione Martella, così era chiamato da tutti, sarebbe potuto apparirvi un tipo burbero, due occhi brillanti che emergevano da una barba come la pece, ma questo atteggiamento esteriore non corrispondeva affatto alla sua indole tranquilla. Infatti l’ergastolano, godeva della fiducia della Direzione, era infatti stato “sconsegnato”3) ed assegnato alla mansione di ortolano già nella precedente Diramazione in cui aveva abitato, quella di Santa Maria.

Anche a Case Bianche, Martella al posto del trattore, aveva sempre preferito il suo mulo, perché non doveva attendere rifornimenti di gasolio e ricariche delle batterie e quando serviva, bastava una voce e Bobò, così si chiamava l’animale, lasciava l’ultimo boccone di fieno per farsi bardare con l’aratro a traino.
Se foste passati per la strada di Case Bianche non avreste assistito a lunghi colloqui tra Martella e Bobò, non era necessario poichè si parlavano con lo sguardo e con i gesti, Martella sapeva perfettamente quando la mosca infastidiva oltremodo il suo compagno di cella e lo spostava in un luogo in cui la mosca non attecchiva.

“Alé”, poi sussurrava Martella con voce bassa e Bobò iniziava l’aratura del pezzo di terra, guidato solo dal tono del suo amico, una leggera toccata di briglia gli ricordava la linea da seguire, perchè ogni tanto Bobò si distraeva tentando di captare l’odore delle cavalle in caldo di Santa Maria.

Quando Elia si accorgeva del minimo affanno del quadrupede, fermava Bobò, toglieva le bardature e il mulo si portava all’ombra del   cerro, dove sapeva che lo attendeva un fascio di fieno profumato e la tinozza d’acqua pulita, poi il lavoro tranquillamente riprendeva.

domandina copia 2

Martella, dopo l’assegnazione nella nuova Diramazione e l’affidamento dell’orto, effettuato dal Brigadiere di Case Bianche, si fece comporre, dallo scrivano della Diramazione, la “domandina” per far trasferire anche il mulo, ma nel frattempo, abituato ai percorsi delle carte, si dedicò a riparare la stalla e a sistemare il carretto, mentre preparava i semenzai per le semine ormai prossime.

I giorni, per un ergastolano, debbono essere tutti sconsolatamente uguali, per Martella invece apparivano differenti uno dall’altro, per via della sua attività sempre a contatto con la natura e del suo amico. Le stagioni andavano in processione come i semenzai che Elia Rocco preparava con le colture da trapiantare negli appezzamenti, carote, zucchine, bietole insalate, ma anche carciofi, finocchio, patate peperoni.

In diverse occasioni al fondo delle sue parole ho riscontrato la tristezza della considerazione sull’irreparabilità del danno alla vittima, il rimpianto per il dolore procurato alle famiglie colpite dai reati e l’accettazione della pena inflitta dal tribunale,  ma mai nei suoi occhi ho intravisto disperazione.

Raccontava spesso di scherzare con i ragazzi (così bonariamente chiamava gli Agenti di Polizia Penitenziaria ndr) che passando sulla strada, lo prendevano in giro, convinti che fosse un pochino fuori di testa, proprio per la mania del mulo, ma Elia era abilissimo a trovare ogni scusa per distrarli.
Mi narrava di “un ragazzo” in particolare, che aveva una predilezione per il mulo e gli chiedeva sempre di poterlo cavalcare, una volta glie lo fece  fare, ma rimase in groppa a Bobò neppure il tempo di accedersi una cicca.

Del compenso percepito dall’Amministrazione per la sua attività di ortolano, Elia Rocco non spendeva quasi nulla per se, vestiva sempre con gli indumenti dell’Amministrazione, indossava quei pantaloni e giacca “color camoscio” che ormai molti conoscono e  si faceva compilare la famigerata “domandina” solo per acquistare cibo e le sementi di peperoncino calabrese che l’Amministrazione non gli forniva.

Era sempre uno spettacolo assistere alla simbiosi tra uomo ed animale ed Elia mostrava, con malcelato orgoglio, il suo Bobò ad ogni persona che passava per il suo orto.

Quando riuscivo a fargli visita, per accertarmi cosa servisse per l’orto o per lasciare le sementi, l’argomento principale era Bobò, che ascoltava attento e, se Martella pronunciava la parola “vai”, il mulo si allontanava docilmente a pascolare all’ombra del gelso preferito.

Bobò era un mulo traquillo, ma aveva due passioni, la prima, come si comprende facilmente dal racconto, era Elia Rocco,  una seconda passione non teneva conto della sua sterilità e diventava prorompente nei periodi primaverili, quando i venti da sud trasportavano, fino a Case Bianche, i feromoni delle cavalle in estro di Santa Maria.

Elia Rocco vedeva allora il mulo fermarsi, sollevare la testa e annusare l’aria con il labbro superiore estroflesso 1), in questo modo lo stallone facilita il passaggio degli odori verso particolari ghiandole olfattive.  Tale comportamento  era periodico, sopratutto in primavera e quando il mulo percepiva questo “naturale invito”, allora non esistevano funi o porte delle stalle in grado di trattenerlo.

tipico atteggiamento del Flehmen

tipico atteggiamento del Flehmen

In quei frangenti Bobò si girava ed assestava due poderosi calci alla porta facendola volare in pezzi, poi senza pensarci un attimo, prendeva il largo al trotto. Attraversava tutte le Diramazioni e raggiungeva, in breve tempo, Santa Maria per ingaggiare, con i numerosi stalloni liberi, furibonde lotte a suon di morsi e di doppiette.

Qualche giorno dopo il Capo Diramazione di turno era costretto a caricare sulla campagnola di servizio, Elia Rocco assieme alle sue funi, percorrere i trenta chilometri di strada, allora non cementata, per ricondurre a miti ragioni il mulo Bobò che rientrava allegro in Diramazione, come al termine di una scorribanda giovanile, sia pure con qualche acciacco, portando trionfalmente in groppa Elia Rocco.

Il loro passaggio per le Diramazioni era annunciato e gli Agenti di Campo Perdu e Trabuccato lo salutavano contenti di vederlo, tutti conoscevano Bobò.

flehmen asinoMartella essendo un detenuto “sconsegnato” ovvero privo di consegna, rientrava a Case Bianche solo per dormire. I pasti principali con il vitto crudo che ritirava periodicamente in Diramazione, li cucinava sul fornellino da campeggio e li consumava sul tavolo apparecchiato all’orto, le verdure occupavano la parte preminente del pasto, ma a pranzo si preparava anche un piatto di pasta asciutta.

Può apparire una fantasiosa invenzione, pensata per conferire interesse alla storia, bisogna dire però che anche Bobò era attratto dai carboidrati, perciò Martella aggiungeva sempre, nell’acqua bollente, qualcosa in più, poi scolava la pasta e versava il cibo per il mulo in un piatto che appoggiava su una colonna in muratura posta alla giusta altezza del quadrupede.

E lo chiamava: “Vieni Bobò”.

Quando infine il sole allungava le sue ombre dalle spalle di Case Bianche, Elia chiudeva la porta della sua casetta e trovava Bobò già pronto, vicino al muretto in attesa di riportarlo, trottando allegramente, fino a Case Bianche, ovviamente senza sella, e privo di briglie.

Bastiano Carrone con mulo simile a Bobò

Bastiano Carrone con mulo simile a Bobò

Trascorsero così gli anni e, in considerazione del suo buon comportamento, la Direzione propose per lui la Grazia, che fu concessa nel 1988.
Per Martella però apprendere questa notizia costituì un serio attentato alle sue coronarie.
Qualche tempo dopo, quando fu accompagnato in Direzione, all’Ufficio Matricola per la notifica della “liberazione anticipata”, Martella consegnò la domandina che lo scrivano 4) gli aveva preparato per acquistare il mulo Bobò, dichiarandosi disponibile a pagarlo fino a 30 milioni di lire, cioè tutti i suoi risparmi di una vita (immagine riprodotta).
Anche oggi, ma quell’epoca la cifra non era una piccola somma e l’euro era di là da venire, ma Martella, da buon giocatore, aveva puntato al massimo e per un mulo, che a malapena valeva due milioni di lire, aveva perso il senno.
Per Martella, l’amico Bobò era tutto e non volle ascoltar ragioni.

Il giorno della liberazione era giunto  troppo presto per far arrivare abiti civili ad Elia Rocco e il Comandante si prestò per acquistare abiti civili ed un biglietto del traghetto e del treno che lo avrebbe riportato al paese natale.

Nel frattempo il Ministero esaminò l’istanza della Direzione e rispose che una simile vendita non era contemplata dal Regolamento di Contabilità dello Stato e non prevista in quello Penitenziario, ma Martella, ignaro delle “superiori ragioni”, con le lacrime agli occhi, salì tristemente sulla Motonave Gennaro Cantiello senza il suo Bobò.
Il mulo fu trasferito nuovamente a Tumbarino, dove visse fino alla fine dei suoi giorni, sempre con il labbro superiore sollevato e le narici pronte a fiutare il vento proveniente da sud … ed il ritorno di Martella.

Un ringraziamento particolare a Bastiano Carrone, Guardia a Cavallo della Diramazione di Case Bianche,

Carlo

 

NOTE
1) Trattasi del fenomeno del “Flehmen” tipico degli equidi,  un comportamento sociale intraspecifico nell’asino domestico (Equus asinus) e del mulo.
2) Invaso artificiale che forniva l’acqua, per gli usi civili, al potabilizzatore del paesello di Cala d’Oliva.
3) Sconsegnato ovvero privo di “consegna”, una tipologia di trattamento che permetteva al detenuto, occupato in mansioni di lavoro, di godere di una libertà relativa, essi infatti. di norma pastori, uscivano dalla Diramazione di Case Bianche alle cinque del mattino e rientravano all’imbrunire. La guardia a cavallo aveva il  compito di sorveglianza per cui,  spesso in sella ad un cavallo, verificava la presenza degli sconsegnati nelle zone di attività.
4) Lo scrivano è una mansione remunerata dall’A.P. per quei detenuti che, in possesso di una sia pure elementare forma di istruzione, dichiarano la propria disponibilità a redigere scritti più disparati (istanze, domande per il colloquio con gli operatori penitenziari, richieste di assistenza legale etc.) per coloro che ne fanno richiesta.

 

 

 

carlo hendel

Carlo nasce nei primi mesi del '50 e trascorre la sua infanzia a Roma, nella zona centrale della capitale, a “due minuti a piedi” da Piazza di Spagna. Di padre polacco e con la mamma abruzzese, Carlo aveva un fratello in Polonia, ed ha tre sorelle: una in Polonia e due in Italia. All'età di 22 anni si trasferisce nel paesino abruzzese di Barete e vi svolge attività libero-professionale per circa dieci anni. Consegue la nomina, da parte del Ministero di Grazia e Giustizia, alla Direzione Agrozootecnica della Casa di Reclusione dell'Asinara, evento che lo farà incontrare con l'isola e con la Sardegna. Vive e lavora con passione all’Asinara, per circa cinque anni, dal 1982. Alla vigilia della trasformazione dell’isola in Parco, partecipa come coautore, al volume “ASINARA” Storia, natura, mare e tutela dell’ambiente (Delfino Editore 1993) curato da A. Cossu, V. Gazale, X. Monbaillu e A. Torre, per la parte riguardante la Storia agricola e l’ordinamento carcerario. ------------------------------------------------------------------------------ L'Asinara non sarà più dimenticata. Blogger dal 2000 sotto vari pseudonimi, e con svariati blog. Nel 2007 pubblica una nota "L'Asinara - La storia scritta dai vincitori" con la quale, per la prima volta, rivendica per l'isola il suo "diritto inalienabile alla storia". Nel 2016 pubblica questo portale personale investendo notevoli energie e risorse solo con l'intento divulgativo e per testimoniare la storia dell'isola senza preconcetti o preferenze, per tutti i periodi e le vicissitudini attraversati dall'Asinara. Prosegue la sua attività lavorativa prima a Castelfranco Emilia (MO), poi a Roma (D.A.P.) ed infine a Viterbo ove maturerà il tempo della agognata quiescenza. All'età di 59 anni la sua vita cambia in modo importante, ma non è questa la sede propria di siffatta narrazione. -------------------------------------------------------------------------------------- Si definisce, da sempre, un ecoagricoltore e ancora oggi, produce olio biologico extravergine di oliva per autoconsumo, coltiva il suo orto con metodi esclusivamente naturali ed alleva animali da cortile. Carlo spesso ama dichiarare di aver avuto cinque o sei vite, ora ha due splendidi nipotini ed un diavolo per capello! Il resto lo lasciamo ai posteri......

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