Come passa il tempo
e vola, eccome se vola!
E’ veloce come le gambe dei bimbi
che macinano corse
sempre più lunghe.
Le impressioni leggere,
dopo qualche tempo
le trasporta, il vento, lontano.
Resta in ognuno
un sedimento
un sentimento.
(chendel 23.02.2021)
Il terzo tempo è, nel rugby a 15, il tradizionale incontro dopo-gara tra i giocatori delle due squadre. Inteso come momento conviviale pomeridiano oppure serale, il terzo tempo è sempre tradizionalmente visto come momento di socializzazione tra i giocatori, cui spesso partecipano anche le loro famiglie e, talora, anche i tifosi.
Nel mondo anglosassone si svolge in genere presso la Sede della squadra che ospita l’incontro. (wikipedia)
La fotografia antica di cui voglio trattare oggi, invece non riguarda un momento di socializzazione, ma occorre precisare che, per i detenuti assistere ad una partita di pallone è stato sempre un ricercato momento di svago.
Ricordo che in questo sito, tra l’altro, abbiamo parlato anche di una famosa partita della Torres all’Asinara (1986) in cui giocò anche Gianfranco Zola riportando un filmato d’epoca rintracciato da Enzo Cossu.
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Era il 24 ottobre 2017 quando, al colmo dell’entusiasmo ed a corredo della bellissima fotografia del calesse pieno di bimbi di Riccardo Chighini, da me restaurata e pubblicata, scrivevo del valore che affidiamo alle immagini e sopratutto del valore delle fotografie di un tempo passato, pezzi di memoria che giace, inanimata, in cassetti nell’odore polveroso del tempo.
Ho ripercorso identica strada, in numerosissime occasioni, sempre ed ogni qualvolta il sipario della storia si è schiuso leggermente, lasciando uscire un esile filo di fumo……..
E’ del tutto ovvio, dicevo tre anni or sono, che ogni immagine, nuova, vecchia o antica che sia, oltre alla bravura ed alla sensibilità di chi l’ha scattata ed in aggiunta alla rispondenza dei canoni estetici, abbia un suo retroterra che, solo ai fini della esposizione, potremmo distinguere:
– la storia del “momento” nel quale quella foto fu scattata, con le situazioni, con gli abiti e i volti delle persone che vi sono raffigurati;
– la storia della “vita della fotografia”’ intervenuta dopo la realizzazione dello scatto,
entrambi questi eventi sono importantissimi per definire l’unicità e la bellezza intrinseca dell’immagine.
Poco importa se poi quella fotografia sia stata scattata in quel luogo preciso o un chilometro oltre.
Quando osserviamo una fotografia, normalmente, queste distinzioni sono automatiche, e si racchiudono in una frase: “che bella fotografia”.
Ho voluto inserire anche il presente breve articolo “nella rete delle immagini”, perchè sono queste fotografie che ti avviluppano strettamente e non ti lasciano più.
Cercherò di proporre la maggior quantità di informazioni che una immagine di questo tipo, è in grado di offrire al lettore.
Quindici detenuti ed un Agente di Custodia.
Anche questa fotografia, gentilmente inviatami da Leonardo Delogu, è stata graficamente sottoposta ad un minuzioso restauro per sottrarre, oltre alle piegature, tutte quelle aggiunte tipiche (come il colore vinaccia), tendenti a conferire maggior interesse e a rendere evidenti le fisionomie dei partecipanti che, come si deduce dal titolo del paragrafo, sono quindici detenuti ed un custode.
Il gruppo è stato immortalato all’Asinara, nel paesello di Cala d’Oliva reduce dall’aver assistito ad una partita di pallone disputata dalle squadre degli Agenti di Custodia in gara per un torneo estemporaneo.
Il periodo dichiarato è fine anni ’50.
Le partite di pallone
Ogni diramazione selezionava i giocatori più bravi e, nel periodo invernale, si eseguivano allenamenti minuziosi per partecipare, al meglio delle possibilità e delle condizioni atletiche al Torneo che si disputava in primavera.
Il tifo era acceso a bordo campo! Anche i detenuti parteggiavano calorosamente per la squadra della diramazione di appartenenza.
In occasione delle partite eliminatorie, come della finale stagionale, i detenuti facevano, per tempo, richiesta di assistere alle gare ed erano accompagnati al Campo sportivo dall’Agente di turno, la persona nella sommità dell’immagine, che ne curava la custodia.
L’immagine, sopratutto nel vestiario dei detenuti, tradisce il periodo poiché la divisa che indossano i detenuti (a righe longitudinali) è del tipo pesante invernale e, nonostante ciò, più di qualcuno indossa due giacche, una sopra l’altra.
Ulteriore annotazione aggiuntiva sono le targhette recanti il numero di matricola del detenuto, l’immagine di non elevata qualità impedisce di distinguerle nettamente, ma sul braccio sinistro dei due detenuti al centro, si nota il bianco della targhetta, come pure si notano le scarpe pesanti prive di lacci (evidente nella prima persona a destra) che sono tutt’ora vietati in carcere.
Le ulteriori impressioni le lasciamo a coloro che vorranno osservare, con attenzione, l’immagine.
Un ringraziamento particolare a Leonardo Delogu e a Sanna Salvatore di Oschiri che hanno avuto il merito di aver rintracciato e segnalato l’interessante immagine.
Precedenti articoli sulla stessa tematica:La fotografia del calesse Le principesse Savoia La partita della Torres