Non sono un appassionato di caccia, tutt’altro e neppure persona che si è mai infervorata per le vicende, certo non tutte eclatanti, che hanno riguardato il Regno d’Italia, i regnanti nostrani ed esteri e non ho neppure tifato mai per il partito Nazionale Monarchico, che si costituì il 13 giugno 1946, con l’intento evidente di riportare il Regno in auge, solo dopo pochi giorni che i cittadini italiani avevano liberamente deciso la nascita della Repubblica Italiana tramite il referendum del 2 giugno 1946.
Sono però persona appassionata dell’Asinara ed in particolare delle sue incredibili unicità, animali, piante, edifici, luoghi e persone che vi hanno abitato.
Quindi interessato soprattutto alla sua storia recente e pregressa, che ho inteso “cristallizzare“ queste informazioni storiche, in modestissimi articoli, per traghettarle alle generazioni future, per cui anche questa volta, davanti a questa evenienza, che considero eccezionale, oltre a reprimere l’entusiasmo, cercherò di accantonare le mie convinzioni personali per rendere al meglio, all’appassionato, al lettore, l’ambiente, le sensazioni, le situazioni, le descrizioni finalizzate a suscitare …. l’emozione.
Questa volta, come sempre più spesso mi accade, è un’immagine ciò che traina prepotentemente l’interesse, una incredibile fotografia che, oltre ad essere l’unica che testimonia accadimenti storici che descriverò, ha una propria particolare vicenda.
Inizio questo avvincente racconto prendendola leggermente indietro nel tempo….. ma si tratta solo di qualche riga volante per inquadrare il periodo cui ci riferiamo e creare, nel lettore … l’attesa necessaria al disvelamento.
TRE SECOLI indietro all’Asinara
Sappiamo tutti che nel 1720, dopo una breve parentesi asburgica, la Corona del Regno di Sardegna passa alla Casa Savoia, e sotto questo governo nel 1768, viene concesso ai fratelli Gioacchino e Felice Velixandre di colonizzare l’isola con coloni di varia origine, anche allontanando i precedenti abitanti (pastori dell’entroterra sardo e pescatori liguri per lo più di Camogli), ma il tentativo fallì con la partenza dei Velixandre.
Alla rinuncia risposero, con fierezza, alcuni nobiluomini sardi, tra cui il sassarese don Antonio Manca Amat, marchese di Mores e Montemaggiore (comprendente Thiesi, Cheremule e Bessude), che nel 1775 convinse Vittorio Emanuele I a concedergli l’isola, col titolo di Duca dell’Asinara.
LA CACCIA attività d’elite negli anni
Nei primi del ‘900, l’attività venatoria era appannaggio esclusivo delle persone dotate di cospicui introiti e passatempo di nobili, i quali frequentavano con assiduità anche la Sardegna, costantemente alla ricerca prede come cervi, mufloni e pernici.
Chi, ed era la maggioranza, aveva il problema di mettere insieme “il pranzo con la cena“ non poteva certo dedicarsi a passatempi, men che meno alla caccia.
I Savoia possedevano il Castello di Rivoli, nato come roccaforte militare e oggi sede del Museo di Arte Contemporanea e la Reggia di Venaria, ex residenza di caccia, da molti definita la “Versailles” sabauda, la Cappella di Sant’Uberto e i monumentali giardini. Poco lontano c’è il Borgo Castello de La Mandria, zona che oggi ospita un grande parco naturale.
Non sono meno importanti la Palazzina di caccia di Stupinigi, progettata da Filippo Juvarra sul modello mittleuropeo, che fu luogo di feste e sfarzi e residenza di Napoleone a inizio Ottocento, e il Castello di Moncalieri, una delle più antiche residenze, costruito nel Medioevo a scopi difensivi e convertito a vita di corte dai Savoia.
Carlo Alberto di Savoia (Torino 02.10.1798 – Oporto 28.07.1849) era chiamato dai sudditi “Re Tentenna” a causa della sua proverbiale indecisione.
Quando, dal 1831, divenne, per diciotto anni, Re di Sardegna, decise nel 1834 di intraprendere un viaggio nel suo regno. Iniziò col visitare la Gallura.
Le cronache dell’epoca ci riportano che, per mettersi in evidenza, un facoltoso pastore, un certo Salvatore Beltulu, organizzò in onore del Re una gran battuta di caccia grossa.
Tutto fu predisposto accuratamente in modo da lasciare nel Re una impressione positiva, ma giunto il giorno fatidico e malgrado fosse stata assegnata a Carlo Alberto la più comoda e sicura delle poste, questi appena sbucato un cinghiale, inseguito dai cani, preso dal panico e dalla rapidità della scena, fece fuoco riuscendo a colpire ed uccidere …….. il miglior cane della muta, che era del Beltulu.
Costernato per l’accaduto, il Re volle subito sapere dal pastore gallurese l’ammontare del danno, ma il Beltulu rifiutò, molto dignitosamente, il risarcimento.
In compenso il Re decretò in favore del pastore il “porto d’armi a vita” così vergato su un foglio di carta di proprio pugno:
“Permesso di porto d’armi per Salvatore Beltulu per oggi e per domani”.
Ma ecco una prima immagine, reperita in rete, che inserisco prima di quella meravigliosa che ancora voglio tenere riservata ….
In questa foto sono ritratti a sinistra il Principe Filippo D’Assia, e davanti a lui la consorte, principessa Mafalda Maria Elisabetta di Savoia, secondogenita del Re d’Italia Vittorio Emanuele III, immortalati dal fotografo durante una battuta di caccia sui monti di Dorgali.
Correva l’anno 1927, Mafalda era un’ottima cacciatrice e la leggenda vuole che in Sardegna, durante una battuta di caccia, le venisse offerto un cavallo docile e mansueto che lei rifiutò chiedendone uno più veloce e ribelle.
Il giusto carattere per affrontare le impegnative giornate di caccia alla pernice sarda! Ma la sorella Jolanda non era da meno ed è proprio la principessa che, ancora oggi, viene ricordata all’Asinara.
La foto all’Asinara
Si è sempre fatto un gran parlare di “teste coronate” che frequentavano l’isola, per dare sfogo al passatempo della caccia, ma oggi, in esclusiva, possiamo mostrare una incredibile immagine proveniente dall’archivio fotografico di Enzo Cossu che ringrazio per l’affidamento.
Inquadra il fianco di una montagna, che Enzo riferisce come “la zona di Monte Tumbarinu”, in cui un gruppo di sedici cacciatori è in posa dopo una battuta di caccia.
L’anno dichiarato è il 1934.
Che sia stata scattata dopo una battuta, lo si desume dalle prede mostrate, non senza qualche orgoglio, da due componenti del gruppo che dovevano essere i “portatori”.
Gianfranco Massidda all’epoca aveva tre anni e non ricorda, con chiarezza i particolari, tuttavia riferisce di ripetute emozioni provate quando il padre Guglielmo, impiegato del telegrafo di Cala d’Oliva, lo conduceva in motocicletta a Cala Reale per incontrare le principesse. Egli narra che la zona in cui si svolgevano queste battute di caccia era quella, a grandi linee, ricompresa nella zona di Stretti – S. Andrea.
Immagine proveniente dall’Archivio di Enzo Cossu
I cugini di Gianfranco, cioè Giampiero e Francesco Massidda, figli di Umberto, dopo aver visionato l’immagine, individuano la principessa Jolanda indicandola con sicurezza come “la ragazza in primo piano che tiene appoggiato un fucile di piccolo calibro ad una sola canna”, un particolare riferito sovente dal padre nei suoi frequenti racconti di quel periodo.
Giampiero Massidda inoltre ancora conserva gelosamente una tabacchiera d’argento con inciso “Asinara 1930” dono della principessa Jolanda al padre Umberto che, oltre ad essere il fornitore ufficiale dell’isola di qualsiasi materiale, accompagnava i reali nelle battute e forniva loro, vitto e alloggio.
Francesco Massidda racconta del particolare gradimento espresso dai reali per le battute di caccia e ricorda che queste occasioni si ripeterono prima e dopo il 1930, per molti anni.
Entrambi ricordano un ulteriore dono, fatto dalla principessa Jolanda sempre al padre Umberto: un fucile semiautomatico Browing che, per quei tempi, era una rarità assoluta.
Non essendo ancora convinto delle conferme ho deciso di proseguire nell’esame dell’immagine, affiancandola a quella scattata a Dorgali, e come si osserva nella prossima illustrazione (corripondenze fotografiche) ottenendo con esattezza l’identità delle principesse e del consorte di Mafalda; le persone rimaste senza nome evidentemente erano parte della corte e/o invitati.
Se ne ricava, con certezza, la corrispondenza fotografica di Mafalda di Savoia (tratteggio rosso), di Filippo d’Assia (tratteggio giallo) di tre persone della corte (tratteggi fucsia, blu e marrone) e “per assenza” anche la controprova della presenza di Iolanda di Savoia (tratteggio circolare azzurro).
La prima principessa che risalta nell’osservazione dell’immagine, è quella che i nostri gentilissimi intervistati hanno ricordato, con maggiore chiarezza, come “colei che veniva a caccia all’Asinara” è: Iolanda Margherita Milena Elisabetta Romana Maria di Savoia (Roma, 1º giugno 1901 – Roma, 16 ottobre 1986) è stata una principessa d’Italia, d’Etiopia e Albania, per matrimonio Contessa di Bergolo, la primogenita dei cinque figli di Vittorio Emanuele III di Savoia e di Elena di Montenegro.
La seconda principessa che compare nell’immagine di Enzo Cossu è:
Mafalda di Savoia che nacque nel 1902, la secondogenita dei cinque figli di Vittorio Emanuele III di Savoia e di Elena di Montenegro. (entrambe le immagini di repertorio sono fonte Wikipedia)
Nel 1925 Mafalda sposò Filippo d’Assia, (nella foto di Cossu) un principe tedesco della casa d’Assia-Kassel, ma fece una tristissima fine.
Dopo la firma dell’armistizio di Cassibile (8 settembre 1943) con uno stratagemma i tedeschi la arrestarono e venne condotta a Buchenwald, registrata sotto il nome falso di “Frau von Weber”. Il 24 agosto del 1944 i bombardamenti colpirono Weimar e Buchenwald; Mafalda rimase ferita ad un braccio, un taglio profondo, ma non così grave da costarle la vita. Non curarono la sua ferita che in seguito si tramuto in cancrena del braccio, si decise per l’amputazione. I chirurghi impiegarono, volutamente troppo tempo e la principessa perse troppo sangue. Il suo corpo già debilitato non resse e il 29 mattina fu trovata morta…
Per narrare, doverosamente della triste fine di Mafalda, siamo andati troppo oltre e quindi rientriamo prontamente all’Asinara.Tutti oggi, erroneamente, definiscono “Palazzo Reale” quel fabbricato centrale di Cala Reale, sede dell’attuale Direzione del Parco Nazionale dell’Asinara, ma in quel palazzo nessun reale ha mai messo piede.
Le principesse, nel corso degli anni hanno sempre alloggiato nel palazzo, della Sanità, destinato ad abitazione del Medico provinciale, indicato nella mappa google (imm 1), opportunamente integrata con le indicazioni necessarie.
L’abitazione, cui si accedeva attraverso un cancello in ferro battuto tutt’ora esistente, era composta da due piani e circondata da un ampio giardino recintato.
Le persone, non strettamente legate alla cura delle principesse reali, venivano ospitate nella prima delle tre cosiddette “pagode”, usualmente impegnate come alloggi dei medici.
Appena pubblicato questo articolo, l’amico Leonardo Delogu mi ha rammentato un passo della toccante lettera al “La Nuova Sardegna” dell’anno 2000 di Graziella Furia che, tra l’altro, riguardava le battute di caccia delle principesse reali.
Ecco, trasformata in biglietto, l’ulteriore testimonianza della presenza di Jolanda e Mafalda all’Asinara.
La Signora Fiorella Furìa ha cortesemente inviato (22 gennaio 2021) la pregevole immagine storica del Conte Giorgio Calvi Di Bergolo a caccia all’Asinara.
L’immagine è del 1935.
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Per concludere l’articolo ecco la foto di repertorio di Giorgio Carlo Calvi di Bèrgolo (Atene, 1887 – Roma, 1977) il consorte della principessa Iolanda di Savoia persona citata nella nota di Graziella Furìa.
Il Conte Giorgio Carlo Calvi di Bèrgolo è stato un generale italiano.
PS. L’immagine in evidenza di questo articolo è di Pinterest e riguarda la Principessa Jolanda di Savoia molto giovane, su un cavallino.
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