Stendhal, uno scrittore francese, visitando Firenze, scrisse:
“Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati.
Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere.”
In realtà Stendhal era lo pseudonimo di Marie-Henri Beyle (1783-1842)
Un pensiero curioso, stuzzica la mia inappagabile ed incurabile malattia e prende avvio dalla visita di tre giorni fà (27.12.2017), della mostra di sessanta opere del fondatore dell’impressionismo francese Claude Monet (Parigi 1840 – Giverny 1926) un pittore che, oltre ad averlo fondato, fu certamente l’artista più coerente e prolifico dell’interessante movimento.
La mostra dell’artista francese, fervidamente consigliata, si tiene a Roma nel Complesso del Vittoriano (Altare della Patria).
I lavori di Monet si distinguono per la rappresentazione della sua immediata percezione dei soggetti, in particolar modo per quanto riguarda la riproduzione artistica della natura nelle sue accezioni più differenti ed un’altra caratteristica peculiare è la sua pittura dal vivo denominata “en plein air” (all’aria aperta).
Famosissime le sue meravigliose ninfee rosa conosciute ai più.
Davanti all’olio denominato “la barca a vela”, la famosa sindrome di Stendhal, di cui ho parlato in apertura, si è fatta quasi tangibile. “La barca a vela” è un’opera di bellezza struggente, ricolma di sensazioni, un quadro che ho fotografato e che ho voluto inserire all’inizio del pezzo.
Dicevo che d’innanzi a questo capolavoro mi sono bloccato e, dopo aver cercato di scorgere, dalle singole pennellate dell’artista, la storia dell’opera e la sua genesi, mi sono sorpreso a pensare:
“ma se l’eccelso pittore Claude Monet fosse venuto all’Asinara, cosa mai avrebbe potuto dipingere?“.
Cosa avrebbe provocato, nella mente artistica di un pittore di siffatta bravura, la visione di paradisi che noi, ancor oggi stentiamo a comprendere, tanta è la grandezza della loro unicità e la bellezza quasi assoluta?
Quali sembianze avrebbe potuto avere un quadro di Monet nel rappresentare un luogo suggestivo, tra i tanti che vi sono all’Asinara?
Claude Monet, nella località di Giverny in Normandia in cui trascorse quarantatré anni della sua vita, fece costruire un giardino che definire meraviglioso è poco. In quel giardino il pittore realizzò una moltitudine innumerevole di opere pittoriche, con scorci ed inquadrature sempre ineguali, senza mai stancarsi, opere tutte emozionanti per l’osservatore.
Ho quindi lasciato che la mente assecondasse i pensieri, andando indietro nel tempo ed ho immaginato un trentenne Francesco Massidda, (sicuramente lo ricorderete) quella persona che, provenendo da una famiglia agiata, ha
intrapreso all’Asinara un’attività imprenditoriale di tutto rispetto che, seduto alla scrivania del suo esercizio commerciale, nel mese di febbraio (a.d.1890), scrive una lettera accorata al maturo ed affermato Claude Monet, di cui ha molto sentito parlare, per invitarlo a trascorrere qualche settimana sull’isola:
” Ecc.mo Maestro,
La prego di voler accettare il mio invito a trascorrere un periodo di tranquillità nell’isola in cui lavoro con la mia famiglia. Durante la Sua permanenza sarà mia premura farLe visitare luoghi eccezionali dell’Asinara.”
Francesco è convinto che il pittore Monet, massimo cultore del bello dell’epoca, possa liberare tutto il suo estro artistico d’innanzi agli incredibili monumenti naturalistici che si possono osservare sull’isola.
Poi assisto ai frenetici preparativi di accoglienza e vedo l’arrivo del Maestro a Cala Reale, accompagnato dalla numerosa famiglia e, dopo un breve riposo, mi gusto il primo incontro tra Monet e l’Asinara.
Francesco Massidda infatti fa preparare due carrozze, intenzionato a raggiungere la spiaggia di Sant’Andrea che si annuncia, da lontano, con il colore turchese del mare, riflesso del cielo illuminato da un sole splendente.
E’ il mese di maggio, le prime, rade cicale friniscono preannunciando l’estate, calda come non mai. Nell’aria tersa si spandono i mille profumi inebrianti dell’isola sovrastati dall’odore acre dell’elicriso che sta per esplodere in ripetute fioriture.
Agli occhi di Claude Monet il brillar del mare, deve aver avuto l’effetto di una esplosione e, mentre il giovane Francesco Massidda illustra agli ospiti le particolarità ed i nomi delle località, il maestro perentoriamente porta un dito sulle labbra e senza emettere alcun suono socchiude gli occhi…..
Il verde scuro dei giunchi si stempera nel turchese dell’acqua dello stagno, mentre le giovani folaghe si rincorrono con brevi voli………
…. lo scenario è da favola ed il pittore è senza fiato!
Monet sembra vacillare davanti allo spettacolo che si offre alla sua vista, e preferisce confondersi al riparo di un ginepro, si adagia di fianco ad un enorme scoglio di granito, al lato destro della spiaggia; sempre in silenzio osserva ogni minimo particolare, guarda attentamente il rotolare della sabbia che evidenzia le pagliuzze rosa di coralli e conchiglie sul bagnasciuga trasportate dal moto perenne dell’onda marina.
E’ la fine della mattinata ed pittore misura accuratamente con lo sguardo, l’incidenza dei raggi solari e gli effetti di chiaroscuro che lasciano sull’azzurro marino, sul verde brillante dell’euforbia, sul grigio della roccia granitica.
Gli ospiti sono scesi dalle carrozze a si aggirano sperduti per quel paradiso, si allontanano, forse, per prendere un bagno …. passa del tempo, chissà quanto……. poi le parole di Francesco rompono l’incantesimo e Monet finalmente si scuote, riprendono il cammino.
Un piccolo branco di mufloni osserva, da lontano, curioso, il minuscolo convoglio di carrozze che procede spedito lungo la strada polverosa.
Ospiti ed accompagnatori risaliti sulle carrozze, si dirigono verso il Castellaccio di Fornelli, il pittore volta lo sguardo per ammirare le pareti scoscese che sprofondano nel blu cobalto del mare. L’artista viene colpito da quelle forme di cespugli spinosi (centaurea orrida) che non ha mai visto in nessuna altra parte del mondo e, quando le carrozze giungono a scoprire la vista della rada di Fornelli, chiede di non percorrere il viottolo sulla montagna, ma di continuare a seguire la strada maestra per scendere col calesse verso il pontile da dove, finalmente, può voltare lo sguardo per ammirare il quadro d’insieme di “presentazione” dell’Asinara.
Claude Monet appare stravolto, la barba strapazzata dal vento, i capelli scomposti, come se avesse dipinto mille quadri e, voltando la testa, ora a destra, ora a sinistra ripete in continuazione due frasi “expérience unique” ovvero “esperienza unica”, “merveilleux” cioè “meraviglioso”….
Seguono giornate indimenticabili per il pittore e per tutto il gruppo di francesi che visitò
ogni angolo dell’isola; furono giorni memorabili anche per la famiglia del giovane Francesco che mai avrebbe potuto immaginare che, alla conclusione dell’anno 2017, un ardito “stregone”, affetto da una gravissima e perniciosa malattia, potesse accostare due percorsi di vita tra i più incredibili, quello di un pittore francese di prima grandezza come Claude Monet e quello di un giovane sardo di nome Francesco Massidda e con l’ausilio della miscela di spiccate sensibilità di tre ottimi “pittori con reflex”, riuscisse a realizzare un racconto che, in questa fine d’anno, potesse sperare di celebrare degnamente l’isola Asinara.
Ai gentili e pazienti lettori
bonne année 2018
Carlo Hendel
Sempre un racconto avvincente, grazie!