L’Haliotis lamellosa è un gasteropode il cui nome volgare è “orecchio di Venere“, la maggior parte di questi animali vivono in ambiente marino e l’Asinara, si sa, per sua denominazione naturale è uno degli ambienti marini più particolari.
L’interno della conchiglia dell’animale, in sostanza madreperlacea, possiede una tipica forma a spirale dovuta alla torsione dei visceri e del mantello durante la fase della crescita.
Chi di noi non ha osservato brillare, sulla sabbia bagnata dall’onda, l’orecchio di Venere?
Il mollusco ha preso il suo nome comune, facendolo derivare evidentemente dalla stupefacente bellezza delle sue concrezioni madreperlacee, poichè Venere (in latino Venus, Veneris) è stata considerata una delle maggiori dee romane e principalmente associata all’eros e alla bellezza.
Nella mitologia greca Venere è tradizionalmente intesa essere l’equivalente della dea greca Afrodite.
Sandro Botticelli dipinse, per la villa medicea di Castello, nel periodo dal 1482 al 1485, una tempera meravigliosa, su tela di lino “La Nascita di Venere”. L’opera d’arte è attualmente conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze.
L’Haliotis lamellosa
(eppur si muove)
Quello che vedete nelle immagini è un mollusco a conchiglia rigida eccolo attaccato ad un substrato roccioso.
L’ossigeno viene estratto dall’acqua che penetra nelle branchie localizzate sotto la conchiglia. In seguito l’acqua viene espulsa attraverso una fila di fori. Le loro dimensioni variano dai 2,5 ai 30 cm.
Pesci, uccelli marini, lontre di mare, granchi e stelle di mare si nutrono dell’Halliotis.
A volte è possibile trovare delle perle scure al loro interno.
Il mollusco si difende aderendo con forza allo scoglio (o altra roccia) usando il suo piede utilizzando lo stesso principio della pompa a vuoto, grazie ai due muscoli principali del corpo. Il movimento dell’orecchio di Venere viene effettuato grazie alla contrazione muscolare del piede, che viene spinto in avanti e si fissa al suolo grazie ad una sostanza composta da muco viscido. L’onda di contrazione si espande poi a tutto il corpo e alla fine il mollusco effettua un nuovo “passo”.
La loro velocità è stata calcolata in circa 5 metri al minuto.
La famiglia Haliotidae possiede anche un sistema visivo che genera un’immagine poco luminosa, comparabile a quella ottenuta con una camera oscura.
E per concludere questa prima parte cercando di lasciare il nostro lettore con gli gli occhi “ammaliati”, vogliamo stordirlo con l’immagine di Cala dei Ponzesi, scattata da Enzo Cossu, scatto del mese di ottobre 2019.
Cala dei Ponzesi
La spiaggia che insiste in questa Cala e che erroneamente, da decenni, viene chiamata Cala Sabina non è zona di protezione ambientale particolare, ma è comunque soggetta a tutte le tutele in quanto ricadente nel Parco Nazionale dell’Asinara.
Pur essendo di bellezza unica non può certo competere con le consorelle maggiori, Cala D’Arena e Cala di Sant’Andrea, però in questa Cala dei Ponzesi è possibile prendere un bagno nelle sue bellissime acque cristalline.
Il fatto che sia possibile prendere un bagno non vuole assolutamente dire che si è autorizzati a toccare il fondale, strappare le piante, asportare sabbia o sassi sia in acqua che sulle rive.
Pubblichiamo di seguito una sequenza di immagini, rintracciate in rete da Ivan Chelo, che ritraggono una persona che, pensando di non essere osservata, di soppiatto, si sdraia sul piccolo pontile di cemento per asportare qualche patella.
Un misero gesto stupido che denota il grado di intelligenza del soggetto che lo compie.
Al di la dell’esito in cui è sempre possibile incorrere, adottando questi incivili comportamenti si dimostra un dispregio profondo per la tutela del mare e probabilmente questo, che stento a definire un signore, invece di vergognarsi, sarà poi tra coloro che scrivono i loro appassionati “like” sull’immagine della bellissima spiaggia.
pieno luglio,
di un anno indefinito….
sono le dieci di mattina
e laggiù in basso, sul molo del piccolo porto di Cala D’oliva, mi sono fermato ad osservare una decina di persone, in tranquilla attività, per montare la struttura tubolare in grado di trattenere un telo bianco su cui, evidentemente, sarà proiettato il filmato.
All’ora del the, tutto è pronto, le sedie per il pubblico ancora assente, sono state allineate e coperte come un battaglione di seri soldatini……
Passano le ore……
Si serrano a dovere i tiranti che tengono saldamente ancorata la struttura, ma non c’è vento, se non una brezza leggera che spolvera il calore sprigionato dalle pietre e gli addetti fanno le prime prove di proiezione .
il fonico gratta…… zzzz… si.si…..pronto …. pronto…….. prova audio…. sa …. sa….. bene
Ormai le persone sono arrivate al porto e si sono sedute nei posti assegnati, osservano la luce del giorno che si abbassa impercettibilmente lasciando trasparire, dalla tavolozza marina. una serie di colorazioni e brillantezze inusitate, ogni tanto anche l’orecchio è colpito dal salto di una piccola spigola che sfugge al suo inseguitore.
Non appena il buio diviene compatibile con la proiezione, le luci si accendono ed il brusio del folto pubblico, rapidamente si acquieta.
L’inquadratura apre sul panorama di Cala del Ponzesi, proprio dal punto in cui la strada che vi conduce da Cala d’Oliva, scopre la Punta Sabina e lascia intravvedere l’accesso alla spiaggia con un numero di bagnanti notevole.
Le land-rover si avvicendano scaricando il loro carico sudato, bimbi con i classici “secchiello e paletta” si affrettano a guadagnare la prima onda di risacca, mentre il sole di mezzogiorno si accanisce arroventando le lamiere delle vetture parcheggiate con i finestrini aperti.
L’operatore ha caldo e si immerge, con pinne e maschera.
Nell’acqua turchese si apprezza il numero di gambe che danza davanti al vetro della maschera subacquea, nelle orecchie risuona, ovattato, il parlottare indefinito che proviene dalla spiaggia ancora troppo vicina.
Un gruppo di salpe sgattaiola tra la selva di gambe ed un altro branchetto si diverte brucando le alghe rade, spostandosi verso il mare aperto, poi prima del posidonieto si raggruppa nuovamente accanendosi su uno scoglio …… rivoltato sottosopra.
Che strano!
Due metri più avanti, un altro scoglio, gambe all’aria, mostra il suo lato mai baciato dalla luce del sole….
La foresta di gambe si è diradata e lascia intravvedere, tra lo smeraldo dell’acqua, una serie di chiazze chiare, piccole, grandi……
il sub si avvicina e casualmente vede un turista impegnato a spingersi sul fondale più in basso, circa un paio di metri d’acqua, per prendere uno scoglio adagiato sul fondo e rivoltarlo….. poi cercare di staccare dalla roccia ……. cosaaaaaaa!
Si proprio si tratta proprio dell’orecchio di Venere, ovvero L’Haliotis lamellosa, il mollusco che dà il nome a questo articolo.
Poi il turista “vandalo” passa ad un’altra roccia…….
Si apre un’altra inquadratura in cui nella baia non c’è anima viva e l’operatore, con lentezza si immerge documentando la desolazione cui assiste procedendo verso il mare aperto, pinneggiando sulle rocce rivoltate che mostrano il colore sbiadito della superficialità e dell’incuria…..
Il documentario termina con l’esortazione al rispetto ambientale e alla considerazione che tale rispetto passa anche attraverso una semplice considerazione “che il gesto semplice dell’asportazione di un mollusco, se ripetuto per decine di migliaia di volte, assume un significato distruttivo dell’ecosistema dell’Asinara, di enorme portata“.
Gli spettatori si alzano dalle sedie portando negli occhi il contrasto stridente tra la bellezza di siffatto ambiente e l’orrore della distruzione operata per umana insulsaggine. Tutti concordano nel ritenere che chi riporta a casa un orecchio di Venere, lo getterà nel fondo di un cassetto e quando sarà passato un pochino di tempo il suo destino sarà quello del cestino della spazzatura……..
ATTENZIONE!
In questi ultimi anni, sempre in misura maggiore e nell’estate appena trascorsa in particolare, si è purtroppo diffusa anche questa pratica, altamente dannosa per l’ambiente, oltre quelle disastrose di alimentare gli animali liberi, con cibi inadatti, pratiche purtroppo riservate anche ai pesci.
Facciamo appello all’Ente Parco affinché, nelle zone di balneazione, collochi opportuni cartelli di avviso ai visitatori e, a completamento, disponga i più improvvisi controlli.
L’installazione di apposite webcam potrebbe costituire un ottimo deterrente per quel tipo di persone che non comprendono le ragioni logiche di una protezione accurata dell’ambiente.
Ma sopratutto, ed è questo il nostro fine ultimo, vogliamo sollecitare ogni turista a diventare consapevole tutore del patrimonio che ci è stato affidato e svolgere quindi azione di persuasione e di controllo e perfino di segnalazione agli addetti, nei confronti di coloro che non rispettano la regole, perché anche le future generazioni, possano godere di tanta bellezza.
Ci si deve rendere conto che il mantenimento di un “paradiso” quale è l’Asinara è opera cosciente e consapevole dell’intera società, tutti debbono essere partecipi, nessuno escluso. Se si vuole ancora assistere allo spettacolo che il nostro amico Ivan Chelo più volte ci ha mostrato, e che ringraziandolo, riproponiamo anche in questa sede, occorre impegnare le nostre risorse mentali nell’educazione e nell’opera di tutela.
Al termine del breve filmato, non vedremo la mano di Ivan, muoversi con l’indice levato nel gesto tipico di “NON TOCCARE” la bellissima stella marina “VIVA” che va solo osservata nel suo meraviglioso ambiente naturale.
La stella marina appartiene alla classe “Asteroidea” che raggruppa quegli echinodermi (invertebrati) detti asteroidi.
L’ambiente è di quelli che restano impressi, la posidonia, le varie tipologie di alghe, i pesci che passano tranquilli, sono immagini che non possono non lasciare il segno in ognuno di noi e debbono impedirci, nel modo più assoluto di toccare un echinoderma di simile bellezza, chi lo fa e lo asporta dal suo ambiente naturale, lo trae soltanto dall’acqua per una semplice fotografia, lo uccide e impedisce ad altre persone di goderne la vista.
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