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Gabbiano corso (Foto Centro Avifauna Tumbarinu)
Gabbiano corso (Foto Centro Avifauna Tumbarinu)

La bombarda di Cala Sa Nave

Si Carlo, 
ma tu sai quante decine di persone ho accompagnato in quella cala dove, da giovane, ho scoperto un affusto di cannone in bronzo?  
Decine e decine e sai perchè non dicono nulla?
Poi, penso che sorrida Gianfranco, mentre mi lascia libero di indovinare la risposta.

Immagino i suoi occhi, stringersi come fessure, che scrutano il mare, al largo, per intravvedere il punto esatto dove è affondata l’imbarcazione, una barca a vela che, evidentemente disalberata ed in balia della mareggiata, ha trovato il suo riposo, quasi eterno, nei bassi fondali di Cala Sa Nave in quel dell’Asinara.

Recupero di materiale archeologico subacqueo. (foto di repertorio)

Recupero di materiale archeologico subacqueo. (foto di repertorio)

La struttura dell’imbarcazione in legno resiste alla carezza dell’onda, all’offesa del sale e all’incuria del tempo, la sua sagoma si riesce a percepire ancora oggi nell’ombra della posidonia, ma il cannone è sempre lì ed ha la sua bocca spalancata, quasi lucida, nonostante gli anni trascorsi in acqua.

Evidentemente è in bronzo, materiale che, è risaputo, rallenta se non impedisce l’attecchimento delle concrezioni marine.
Chi ha la fortuna di immergersi nel fondale limpido di Cala Sa Nave, vede subito quella che sembra proprio la bocca spalancata di un uomo nel disperato tentativo, inutile, di riprendere una boccata d’aria, dopo che il suo piede è rimasto intrappolato da una robusta sagola .

E poi Carlo, continua Gianfranco, “ci dovrebbero essere, sparse tutt’intorno, tra le rocce e i radi ciuffi di posidonia, anche le dotazioni di bordo dell’imbarcazione, le parti metalliche dovrebbero essersi salvate come le stoviglie e, se si trattasse di un mercantile, forse si potrebbero ritrovare anche contenitori della merce trasportata.”


Cala Sa Nave in basso si apprezzano alcuni cespugli di centaurea orrida scoperti sull'isola dal Botanico Emanuele Bocchieri dell'Università di Cagliari. (la foto è di Ivan Chelo 10.08.2015)

 

Non è la bombarda di Cala Sa Nave, ma è simile a quella. (foto di repertorio)

Non è la bombarda di Cala Sa Nave, ma è simile a quella (foto di repertorio)

 

Anche l’ultima persona che ho condotto sul posto esatto mi aveva promesso una foto subacquea del cannone, poi però si è defilata …….. aveva la macchina da ripresa subacquea guasta… e poi tristemente aggiunge: “Eppure glie l’avevo chiesto espressamente …… solo una fotografia …per conservarla tra i miei ricordi più cari”.

Ma non soddisfatto Gianfranco continua: “Perchè poi sai, ci penso spesso, che si dice che gli asinelli bianchi furono portati all’Asinara da un imbarcazione che affondò per una mareggiata e … potrebbe anche essere quella di Cala Sa Nave, la nave a vela che trasportava l’unico nucleo di asinelli bianchi da cui derivano tutti gli attuali esemplari albini, unici al mondo.”

LA STORIA DEL CANNONE di Cala D’Oliva

Gianfranco mi offre anche la storia del cannone di Cala d’Oliva, che molti indicano, ancor oggi, come facente parte della soprastante Torre di avvistamento e racconta che, per tantissimi anni era rimasto adagiato nel bagnasciuga della spiaggia sotto i tamerici di Fornelli alla destra del molo.
Anche Guido Cacciotti conferma il racconto che continua….
“Fu tirato in secca e portato vicino alla Diramazione di Fornelli dove, su incarico della Direzione, gli fu costruita una base d’appoggio in cemento armato”.

Gli agenti di custodia erano ormai abituati a vederlo ed ogni occasione era buona per scattare una fotografia con il Cannone di Fornelli (foto sotto archivio Guido Cacciotti).

Foto archivio Guido Cacciotti

Foto archivio Guido Cacciotti

Asinara - Fornelli. Guido Cacciotti nel 1962

Asinara – Fornelli. Guido Cacciotti nel 1962


Il cannone restò, per moltissimo tempo, a guardia della Diramazione di Fornelli con la bocca rivolta verso Stintino e la salsedine, aiutata dal trascorrere degli anni, ben presto sgretolò la base in cemento.

Dopo la guerra un imprenditore livornese aveva ottenuto l’appalto per il recupero del ferro dai mezzi navali in disuso.
Il ferrovecchio man mano che si ritrovava, veniva accatastato sulle banchine di Cala Reale in attesa di essere caricato sul traghetto.
Anche il cannone di Fornelli, ormai privo di base, venne depositato ìn banchina, in attesa del trasporto in fonderia, ma la pronta segnalazione di Gianfranco, che era amico di giochi del figlio del Direttore del Carcere, giunse alle orecchie del padre, il dottor Fadda di Cagliari, che immediatamente bloccò l’operazione di carico e ordinò il trasferimento dell’affusto a Cala d’Oliva.

Foto del Cannone a Cala d’Oliva

Foto del Cannone a Cala d’Oliva (1993 Ph. Mario Pisanu)

Poi, alla metà degli anni sessanta, fu il Direttore Catello Napodano, che a seguito del completamento della sistemazione della strada e della passeggiata a Cala d’Oliva, e visto che il brigadiere Agnelli aveva realizzato il basamento in cemento, dispose la sistemazione definitiva del cannone che molti hanno poi conosciuto lì.

E’ il 26 agosto 2016 post sulla pagina fb degli “affetti dal mal d’Asinara” riporto:

SUL CANNONE DI CALA D’OLIVA
Nino Giglio nel suo libro “l’Asinara” (Rebellato Editore) ed 1974 ci riferisce che nel 1636 alcune galere di Biserta attaccavano vari legni, “che avevano assalito alcune torri dell’Asinara” depredandoli.
Scoppiata la guerra dei trent’anni, i Francesi tornarono a fronteggiarsi con gli Spagnoli e con i Sardi nelle acque dell’Asinara e vi fecero da padroni: il 12 giugno del 1637 il Municipio di Sassari deve dare 5 lire di elemosina “als peregrins” derubati dai Francesi nei pressi dell’isola, e verso la fine dello stesso anno, truppe francesi agli ordini del Capitano Roques, sbarcano a Fornelli, tolgono al Castellaccio un cannone di bronzo “ed altre munizioni di guerra” e le trasportano a bordo delle loro navi; si trasferiscono, quindi al Trabuccato e si fortificano attorno a quella torre fino al momento in cui decidono di muovere alla conquista di Alghero.
Nella nota a piè di pagina lo stesso Nino Giglio specifica: “La zona di Fornelli, era indubbiamente, a quell’epoca (1637 n.d.a.), ben fortificata: oltre alla presenza del Castellaccio, si ha notizia di una località “il cannone”, così chiamata perché vi si trovava postato un cannone in funzione antisbarco:” Poi aggiunge: “quel cannone, rimasto chissà come all’Asinara fino ai giorni nostri, trovasi ora collocato su un belvedere nei pressi di Cala d’Oliva a maggior decorazione del paesaggio.
Altro cannone si trova affondato presso la costa di Torre d’Arena, incastrato fra le rocce a pochi metri di profondità e certo appartenente all’armamento della torre stessa
.

Nella immagine del 1935 che segue, della collezione Lorenzo Spanu, che saluto, si possono osservare alcuni detenuti che escono  dalla Diramazione di Fornelli e, alle loro spalle, si distingue il cannone…..
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Ma Gianfranco è un fiume in piena e continuerebbe, poi dice: “Ti racconto anche questa e poi i lascio……
tanto tempo fa, ero giovane allora, mentre pescavo a Fornelli mi spostai con la mia barca verso Stintino, vicino alla Cala di Coscia di Donna, dove avevo più volte preso cernie di una discreta mole, ed in quell’occasione ho rinvenuto anche i resti di un’altra imbarcazione affondata.
Intorno a questo natante c’erano decine di palle di cannone che potevano sembrare bocce per far giocare ai pesci un gioco più grande di loro, erano le munizioni dei cannoni di un tempo.
Qualcuna l’ho poi rivista nella casa del generale Giglio a Cala Reale.
Di quest’ultima imbarcazione si sa però qualcosa in più, poiché era una nave mercantile che affondò il 17 giugno 1916, si chiamava Santa Caterina e batteva bandiera inglese, aveva una lunghezza di 80 – 100 metri e trasportava grano.

Coscia di Donna (Stintino)

Cala Coscia di Donna (Stintino foto repertorio)

L’esercito Italiano, che custodiva all’Asinara i prigionieri austro-ungarici, appresa la notizia dell’affondamento organizzò immediatamente una spedizione e nel giro di qualche giorno recuperò circa 70 tonnellate di grano.

Conclusa la chiamata mi metto alla disperata ricerca dei miei neuroni, ormai in fase di dispersione acuta e, complice il fresco, che questi temporaloni estivi hanno infilato nelle caldissime giornate dell’estate 2015, ho ricercato i riferimenti storici certi dei due racconti di Gianfranco e relativamente al cannone di Cala Sa Nave che presenta la tipica conformazione delle bocche da fuoco prodotte dalle fonderie genovesi intorno alla metà del Cinquecento.
Quella di Cala Sa Nave, così ben descritta con indiscussa precisione da Gianfranco Massidda potrebbe quindi configurare una “bombarda“, tipico pezzo da fuoco che armava le navi mercantili, spesso impegnate nel trasporto del grano siciliano verso i porti del Mediterraneo occidentale, che dovevano difenderle dagli attacchi di pirati e corsari.
L’arma sparava un proiettile sferico metallico, pesante circa 5 chilogrammi, con un tiro efficace che poteva superare i 1000 metri e infliggere seri danni alle veloci imbarcazioni a remi, fuste e galeotte, che formavano le flottiglie barbaresche.

Invece dell’imbarcazione affondata a Cala Coscia di Donna (Stintino) sono stati trovati precisi riscontri nella già menzionata “Relazione del Campo di Prigionieri Austro Ungarici” ad opera del Generale Ferrari, relazione  in cui si dice  che il “Santa Caterina” era un piroscafo inglese che trasportava grano per L’Amministrazione militare di Napoli e che affondò davanti la Cala di Coscia di Donna il 7 maggio 1916.

la pagina interessata relativa all'affondamento del piroscafo

La pagina relativa all’affondamento del piroscafo “Santa Caterina” (foto C. Hendel)

Considerato che poteva essere recuperata una parte del carico (grano) stivato nell’unico scomparto rimasto indenne, venne inviato il Piroscafo “Lazio” con un centinaio di prigionieri  che il 10 maggio 1916 recuperò 70 tonnellate ed il 13 ulteriori 30 tonnellate di grano che furono trasportate a Cala Reale.

Fu quello (1914-1916) un periodo particolarmente tormentato dell’isola Asinara, si accavallarono sul suo terreno vicende tragiche che avevano in comune le origini: la guerra.
Infatti con i prigionieri austro ungarici che stazionavano sull’isola e quasi in concomitanza con l’affondamento del piroscafo S. Caterina”, il 12 maggio, alle ore 11 circa, si verificò anche il disastro della caduta, nel Golfo omonimo, del dirigibile francese  “T” con la conseguente morte dell’equipaggio ed il recupero di quattro salme.

Rientro dopo la cerimonia della benedizione della cappella di Cala Reale. (foto Hendel)

Rientro dopo la cerimonia della benedizione della cappella di Cala Reale. (foto Hendel)

Penso che i racconti di Gianfranco Massidda

debbano essere riportati e perennemente ricordati,

poiché in questo modo non solo si onora chi li conserva nella sua vivissima memoria,

il caro amico Sig. Gianfranco Massidda,

ma si attesta anche il vissuto dell’Asinara

e si rende giustizia a coloro che ivi sono caduti e lì sono stati sepolti.

Sono queste esigenze che il sito intende immodestamente coprire,

contribuendo costruttivamente alla ricostruzione della storia

della nostra splendida isola…………

l’Asinara.

(13 ago. 2015)
stella cadente

Stelle cadenti del 10 agosto 2015 (immagine di repertorio)

 

carlo hendel

Carlo nasce nei primi mesi del '50 e trascorre la sua infanzia a Roma, nella zona centrale della capitale, a “due minuti a piedi” da Piazza di Spagna. Di padre polacco e con la mamma abruzzese, Carlo aveva un fratello in Polonia, ed ha tre sorelle: una in Polonia e due in Italia. All'età di 22 anni si trasferisce nel paesino abruzzese di Barete e vi svolge attività libero-professionale per circa dieci anni. Consegue la nomina, da parte del Ministero di Grazia e Giustizia, alla Direzione Agrozootecnica della Casa di Reclusione dell'Asinara, evento che lo farà incontrare con l'isola e con la Sardegna. Vive e lavora con passione all’Asinara, per circa cinque anni, dal 1982. Alla vigilia della trasformazione dell’isola in Parco, partecipa come coautore, al volume “ASINARA” Storia, natura, mare e tutela dell’ambiente (Delfino Editore 1993) curato da A. Cossu, V. Gazale, X. Monbaillu e A. Torre, per la parte riguardante la Storia agricola e l’ordinamento carcerario. ------------------------------------------------------------------------------ L'Asinara non sarà più dimenticata. Blogger dal 2000 sotto vari pseudonimi, e con svariati blog. Nel 2007 pubblica una nota "L'Asinara - La storia scritta dai vincitori" con la quale, per la prima volta, rivendica per l'isola il suo "diritto inalienabile alla storia". Nel 2016 pubblica questo portale personale investendo notevoli energie e risorse solo con l'intento divulgativo e per testimoniare la storia dell'isola senza preconcetti o preferenze, per tutti i periodi e le vicissitudini attraversati dall'Asinara. Prosegue la sua attività lavorativa prima a Castelfranco Emilia (MO), poi a Roma (D.A.P.) ed infine a Viterbo ove maturerà il tempo della agognata quiescenza. All'età di 59 anni la sua vita cambia in modo importante, ma non è questa la sede propria di siffatta narrazione. -------------------------------------------------------------------------------------- Si definisce, da sempre, un ecoagricoltore e ancora oggi, produce olio biologico extravergine di oliva per autoconsumo, coltiva il suo orto con metodi esclusivamente naturali ed alleva animali da cortile. Carlo spesso ama dichiarare di aver avuto cinque o sei vite, ora ha due splendidi nipotini ed un diavolo per capello! Il resto lo lasciamo ai posteri......