Il titolo dell’articolo, è di tutta evidenza, richiama le vicissitudini, le storie, le emozioni di persone appartenenti al Corpo degli Agenti di Custodia prima, e poi divenuto, attraverso la Riforma, Corpo di Polizia Penitenziaria, il cui basco è raffigurato nell’immagine di apertura.
A volte, nell’intimità del silenzio, quando il tempo sembra accelerare il suo incedere, la mente si immerge nel passato ed ogni persona si riscopre a sfogliare, con voluttà, i propri ricordi.
Per un agente di Polizia Penitenziaria come Giuseppino Poddighe, quel contenitore di emozioni può assumere le sembianze di un baule ricolmo di immagini vivide e di suoni lontani, che portano con sé l’eco lontano dei giorni trascorsi tra le mura di una struttura di reclusione, nel carcere dell’Asinara.
Negli anni ’70 e ’80, mentre il mondo fuori viveva turbolenze e cambiamenti, all’interno della Direzione dell’Istituto penitenziario collocato nell’isola dell’Asinara, un uomo con il basco azzurro, percorreva i corridoi della Direzione affrontando ogni giorno una sfida diversa.
Oggi la copertura del fabbricato, parzialmente crollata, ha lasciato uscire gli ultimi aneliti di storia e fatto crescere il fico d’india nella grondaia.
Eccolo immortalato negli Uffici della Direzione, alle prese della sua macchina da scrivere Olivetti.
Racconta Giuseppino:
“Non avevamo in dotazione macchine elettriche, non c’erano telefax ne fotocopiatrici.
Era faticoso redigere un documento in otto copie, solo dopo qualche anno arrivò la carta vergatina che consentiva, con l’aggiunta di carta carbone, un notevole risparmio di tempo.
Per numeri elevati di copie, si poteva usare il ciclostile. Attraverso una battuta “a vuoto” la matrice veniva forata, ed una volta completata, era posizionata nella macchina ed inchiostrata.”
Gli Agenti e le famiglie trascorrevano il tempo libero dal servizio nei locali della Sala Convegno di Cala d’Oliva dove oggi è ubicato un ristorante.
La fotografia che segue, scattata nei locali della Sala convegno di Cala d’Oliva, è riferita al periodo di Natale del 1967.
Nella Caserma Agenti del paesello, intitolata al M.llo degli AA. CC. Satta Costantino, il personale occupato dal servizio, riposava prima di riprendere il turno successivo.
Oggi, nella “ex Caserma Satta” è in attivitá un Ostello che accoglie i turisti che intendono pernottare sull’isola.
Le immagini che Giuseppino Poddighe ci ha cortesemente fornito, sono state restaurate e rettificate graficamente, poichè spesso scattate con macchie fotografiche a bassa risoluzione, inoltre su di esse si è depositata la patina del tempo (che si è cercato di conservare intatta) e, spesso, sono state riprodotte attraverso una lastra di vetro.
Quando poi l’estate era alle porte la Direzione organizzava il servizio di salvataggio a mare e Giuseppino Poddighe si mostrava sempre solerte ed attento a non perdere d’occhio i frequentatori delle accaldate spiagge isolane.
Giuseppino Poddighe, per gli amici “Peppino”, dopo moltissimi anni ha sollevato il coperchio del suo baule e, mano mano, ha lasciato che ricordi ed emozioni riaffiorassero ….. quasi volute di fumo leggere.
Oggi in pensione, Peppino sfoglia le antiche fotografie che fissano, nel tempo, volti ormai mutati e quasi irriconoscibili.
Restano immutati però quegli sguardi impressi sulla carta ingiallita dagli anni, sono sguardi che raccontano storie di vite passate, di destini intrecciati, e di un’epoca che non esiste più.
Le fotografie, e Peppino lo sa bene, non sono solo testimonianze del passato, restano “finestre aperte” su un mondo che può essere piacevolmente raccontato, per mantenere viva la memoria delle persone e dei luoghi che hanno condiviso.
Guardare quei volti, a volte sfocati e lontani, narrarli a chi vuole conoscere, diventa un modo per dare nuova vita all’Asinara.
Il maestoso faro di Punta Scorno costituisce fisicamente l’ultimo guardiano dell’isola, un’isola che non può restare solo un ricordo, ma un grumo di sensazioni, ancora vivide, da tramandare.
“Perché ricordare non è solo rivivere, ma anche costruire un ponte tra ciò che è stato e ciò che ancora può essere.”