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All’ombra dell’ultimo sole

“Faber”

era l’appellativo che il suo amico e conterraneo Paolo Villaggio gli aveva affibbiato ricordando la predilezione di Fabrizio per le matite ed i pastelli Faber Castell.

Vorrei, con questa narrazione, rendere omaggio al grandissimo artista Fabrizio De Andrè, alla sua poesia, alle note dolcissime della musica ed alle sue interpretazioni struggenti, images-1alle sensazioni che hanno lasciato il segno indelebile in tutti noi.

Un omaggio sopratutto a quell’aspetto di Fabrizio che risulta meno evidente nel suo vissuto artistico, il suo grande affetto, ricambiato, per l’agricoltura e per la pastorizia della Sardegna.

Articolo sull'unione sarda

Articolo sull’unione sarda

Amore che non si è interrotto neppure dopo il rapimento suo e della compagna di vita Dori Ghezzi, avvenuto nel 1979. Un affetto così forte da indurlo quasi a giustificare il suo sequestro fino a quando, nel 1991 sottoscrisse la domanda di grazia al Presidente della Repubblica nei confronti di uno dei sequestratori, un pastore sardo condannato, per quel rapimento, a 25 anni di prigione.

 

Il ricordo di Fabrizio De Andrè mi assale e la sua prematura scomparsa mi riaggredisce ogni qualvolta mi capita di raccontare, agli amici, la mia fantastica esperienza sull’isola dell’Asinara.
Non ho potuto fare a meno di ricordarlo, neppure in questa occasione in cui sto comunicando una delle più forti emozioni provate nell’isola.

Ho voluto aggiungere un delicato filmato, reperito in rete, con il sottofondo musicale che ha avuto origine dall’esperienza traumatica di Fabrizio e Dori, “Hotel Supramonte” per lasciarci accompagnare nella lettura dalle parole di un poeta…

“Non ho mai più assistito ad uno spettacolo poetico, così imponente.”

Mi riferisco alla danza dei milioni di pesci, sullo sfondo blu cobalto del mare!images-4

 
Nel 1983 lavoravo sull’isola.
Nei periodi di sole, qualche volta, la domenica, mi recavo al faro di Punta Scorno e alla sua ombra poi mi addormentavo, tranquillamente sdraiato proprio sul muretto posto nella parte affacciata a mare.
Non so per quale motivo, ma ogni volta ripetevo questa liturgia, eh si che dormire su un muretto, che a stento mi conteneva, con una scoscesa scarpata da una parte non era il massimo, ma tant’è!
 
images-5Scendere in acqua a Punta Scorno, lo assicuro, era per me di un appagamento totalizzante.
Normalmente mi immergevo a cala di ponente ed impiegavo a nuoto circa un’ora e un quarto – un’ora e mezza per circumnavigare il grande scoglio roccioso su cui poggia il faro.
Dopo le prime bracciate subito si aveva la sensazione di essere entrati in un teatro, in primissima fila, al gran teatro della natura ed ogni dieci metri, pinneggiando senza far rumore e svoltando dietro un masso o superando una caletta, un anfratto, aprivo continuamente sipari immaginari su visioni incantevoli.
Ancora oggi ne conservo gelosamente tutti i “fermoimmagine” nella parte più nascosta del mio cuore.
Alzando la testa dall’acqua apprezzavo il cielo normalmente di un azzurro speciale, ma quando ero in ombra il quadro d’insieme sembrava ancora più brillante. Sul mare sfrigolava il sole e l’azzurro era strappato, a tratti, dai gabbiani e dalle rondini che si rincorrevano in chiassosi giochi con l’aria.
Nel punto più a nord, a metà del tragitto, laddove la profondità del fondo marino si images-3aggira attorno ai sessanta – settanta metri, l’acqua cristallina si lasciava penetrare perfettamente dalla luce ed io pinneggiavo sopra massi giganteschi che, forse, un ciclope aveva lasciato cadere per impedire alle barche di avvicinarsi al faro.
Il sole proiettava la mia minuscola ombra sui massi e mi sentivo stordito, perso, scomparivo, quasi fossi un punto, o anche meno, nell’immenso blu.
Le pulsazioni cardiache acceleravano rumorosamente davanti a tanto spettacolo!Le pinne  accompagnavano il cuore.

Subito la vista veniva distratta dalle figure di pesci maestosi che si lasciavano tranquillamente osservare, dentici e a volte cernie che sembravano massi, si muovevano lentamente, mentre da lontano branchi di spigole spingevano nugoli di piccole sardine verso recinti immaginari.

Sulla parete che scorreva alla mia destra, tappezzata a tratti di gorgonie rosse, si aprivano ammiccanti i piccoli tentacoli dei pomodori di mare e quelli flessuosi delle attinie ed ogni tanto, dalle cavità spaccate, spuntava il tentacolo del polipo o il dente aguzzo della murena in attesa della preda possibile.
Piccole e grandi spugne respiravano calme al ritmo dell’onda.
Immensi agglomerati di ricciole di varie dimensioni facevano sovente capolino dal blu, in lontananza, costantemente impegnate in danze circolari ipnotiche.

images-2Antri bui si illuminavano, come per miracolo, quando mi introducevo in apnea al loro interno  e mi lasciavano senza fiato non solo i polmoni, ma anche l’occhio dopo che si era abituato al buio, mentre saraghi e corvine giganti subito si addossavano negli anfratti cercando una improbabile copertura dall’intrusione.
 
 
Qualsiasi acquario tropicale avrebbe rappresentato semplicemente il “nulla” rispetto a quelle visioni.

Il tempo però si lasciava trascorrere troppo frettolosamente, mentre le profondità marine diminuivano vistosamente nel disperato tentativo di ricordarmi l’approssimarsi della fine del sogno, quando ancora gruppi numerosi di salpe si attardavano rilucendo i bagliori gialli tra le stringate foglie della posidonia.

A cala di ponente, prima di uscire dall’acqua, dove mi attendeva un asciugamano insieme ad un paio di robusti panini, con frutta ed una birra, mi attardavo ancora un poco immerso nell’acqua bassa per abituarmi, piano piano, all’idea di lasciare…

… quel paradiso.
Nella bella immagine di Tommaso Gamboni, in basso a destra l'ormai famoso muretto.

Nella bella immagine di Tommaso Gamboni, in basso a destra, l’ormai famoso muretto.

carlo hendel

Carlo nasce nei primi mesi del '50 e trascorre la sua infanzia a Roma, nella zona centrale della capitale, a “due minuti a piedi” da Piazza di Spagna. Di padre polacco e con la mamma abruzzese, Carlo aveva un fratello in Polonia, ed ha tre sorelle: una in Polonia e due in Italia. All'età di 22 anni si trasferisce nel paesino abruzzese di Barete e vi svolge attività libero-professionale per circa dieci anni. Consegue la nomina, da parte del Ministero di Grazia e Giustizia, alla Direzione Agrozootecnica della Casa di Reclusione dell'Asinara, evento che lo farà incontrare con l'isola e con la Sardegna. Vive e lavora con passione all’Asinara, per circa cinque anni, dal 1982. Alla vigilia della trasformazione dell’isola in Parco, partecipa come coautore, al volume “ASINARA” Storia, natura, mare e tutela dell’ambiente (Delfino Editore 1993) curato da A. Cossu, V. Gazale, X. Monbaillu e A. Torre, per la parte riguardante la Storia agricola e l’ordinamento carcerario. ------------------------------------------------------------------------------ L'Asinara non sarà più dimenticata. Blogger dal 2000 sotto vari pseudonimi, e con svariati blog. Nel 2007 pubblica una nota "L'Asinara - La storia scritta dai vincitori" con la quale, per la prima volta, rivendica per l'isola il suo "diritto inalienabile alla storia". Nel 2016 pubblica questo portale personale investendo notevoli energie e risorse solo con l'intento divulgativo e per testimoniare la storia dell'isola senza preconcetti o preferenze, per tutti i periodi e le vicissitudini attraversati dall'Asinara. Prosegue la sua attività lavorativa prima a Castelfranco Emilia (MO), poi a Roma (D.A.P.) ed infine a Viterbo ove maturerà il tempo della agognata quiescenza. All'età di 59 anni la sua vita cambia in modo importante, ma non è questa la sede propria di siffatta narrazione. -------------------------------------------------------------------------------------- Si definisce, da sempre, un ecoagricoltore e ancora oggi, produce olio biologico extravergine di oliva per autoconsumo, coltiva il suo orto con metodi esclusivamente naturali ed alleva animali da cortile. Carlo spesso ama dichiarare di aver avuto cinque o sei vite, ora ha due splendidi nipotini ed un diavolo per capello! Il resto lo lasciamo ai posteri......

4 commenti

  1. La mano e il cuore che “sentono” insieme, mentre scriveva questo pezzo….ho rivissuto le emozioni di quando per la prima volta mi immersi nelle acque di Cala Sant’Andrea…..euforia e meraviglia mi accompagnarono per un intero pomeriggio…
    Sentirsi nulla in mezzo all’essenza del creato….. sentivo solo la grandezza della natura e mi addentravo in quel sacrario con un grande timore aspettandomi da un momento all’altro di subire la “punizione” per aver violato quel luogo così spirituale…..
    Fu tanto tempo fa…quando ancora l’Asinara era isola penitenziaria ed io insieme ad altri (tre) avevamo palesemente violato l’interdizione……
    Accadde altre volte negli anni….a volte anche di notte, ma quell’isola, come una Circe, mi aveva stregato…..
    La cosa buffa è che, da quando è diventata Parco, non ci ho messo più piede….. la guardo dal nostro ex approdo e soffro per lei, perché ho la sensazione che una lenta agonia la stia accompagnando …… alla morte.

  2. carlo hendel

    Che bello, cara Rita, scoprire sensazioni comuni! Grazie
    Teseo (Carlo)