Non sapevo che a scrivere canzoni
fosse una mancanza,
chiedo perdono
non lo faccio più.
Chi pronuncia queste parole, riportate nel “verbale di discolpa” nel procedimento disciplinare conseguente alla scoperta del manoscritto, è la matricola 451 Gabriele Pes del Carcere di Tramariglio (Alghero).
Non solo la privazione della libertà, ma l’interruzione del pensiero, del pensiero scritto.
Il regolamento penitenziario, nel 1942 prescriveva che i detenuti venissero chiamati solo con il numero di matricola e non permetteva loro, tra l’altro, di scrivere più di una pagina al giorno.
Quindi scrivere, tracciare su supporti di fortuna, come muri e intonaci era ed è, per la persona che vive ristretta fra quattro mura, una forma essenziale, irrinunciabile per sentirsi, per ricordarsi di essere ancora un individuo, un essere pensante, una persona.
Riguardare le proprie parole scarabocchiate, con incerta grafia, su un foglio di carta è come non sentirsi soli ed abbandonati, quasi un sentirsi “altro” da se, un altro che, se anche non ti vuole bene, non ti ha però dimenticato, un legame, comunque un affetto, una presenza che scaccia la solitudine ed allontana il senso di abbandono.
Senza il pensiero, privi della scrittura si teme di assomigliare agli animali e nessun tribunale può condannare al degrado totale.
Quando però il rischio di essere puniti per questa “mancanza” diventa concreto, e si sperimenta la realtà della cella di rigore a pane ed acqua, allora si ricorre alle scritte murali, graffiate con mezzi di fortuna quali penne, sottratte furtivamente o, in mancanza anche con oggetti acuminati come chiodi e parti metalliche, l’importante era per l’individuo testimoniare un passaggio, una presenza.
Perché se si testimonia un passaggio, allora c’è una presenza, una storia, una persona.
Era il sei luglio 1944 ed Eleonora Serra, forse la donna raffigurata nello splendido disegno su intonaco sopra riportato, sentite cosa scrive al suo amato Nello Bartocci, un geniere detenuto nel Carcere di Tramariglio per atti osceni, in una lettera contenente alcune foglie di basilico e per questo incappata nella censura:
“Ti mando il grappolo di basilico
piantato di noi, odoratele, odoro anche io.
Bacci forti”
(tratto da: Le Carte liberate di Gazale e Tedde ed. Carlo Defino 2016 – 138)
E la musica, ci dice Piero Marras, quando interviene, cambia il tono…
Ecco come la sensibilità di un artista ha magnificamente interpretato questo acuto desiderio di non essere lasciati soli.