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il Riccio di mare

Nei trattati di biologia viene chiamato con il suo nome, ovvero il  “Paracentrotus lividus”, qualsiasi subacqueo lo conosce, ma penso lo conoscano anche tutti coloro che, indossano una maschera subacquea, si divertono a passeggiare, pinneggiando sul filo dell’onda, osservando l’ambiente marino che scorre sotto gli occhi stupefatti.

Di ricci, andando per mare, se ne possono incontrare di diversi tipi: il Paracentrotus lividus è di colore marrone, verdastro o rossiccio, l’Arbacia ligula  e, di colore solitamente nero, è lo Sphaerechinus granularis – tutti vivono su fondali rocciosi poco profondi o in nicchie riparate scavate negli scogli, spesso in colonie.

Foto 1) fonte internet Ingrandimento che mostra la spina di un riccio di mare

Foto 1) fonte internet
Ingrand. aculeo di riccio di mare

Qualcuno poi, oltre la bellezza dell’animale, rimembra anche la sua dolorosa puntura, provocata dal contatto accidentale  con un esemplare poco visibile,  appoggiato alla parete di uno scoglio roccioso.
Gli aculei del riccio di mare, oltre ad essere numerosissimi, hanno una caratteristica particolare, la loro punta calcarea è estremamente rigida e fragile per cui, una volta penetrati nella cute, se non si opera con professionalità, c’è il rischio di frantumare le spine che, se rimangono all’interno della cute, possono dare problemi sanitari.

“L’ERA PREFFREEZER”

Cosi come si sono avvicendate le “ere geologiche“ ed i “periodi storici”,  anche il sistema di pesca del riccio di mare si è evoluto.

In tempi addietro, nelle prime giornate di sole del mese di febbraio, intere famiglie si davano appuntamento nei pressi degli scogli, nelle località marine, per consumare le uova di riccio racchiuse in cinque grandi gonadi che somigliano a lingue arancione.
Uno dei più giovani del gruppo, aveva il compito di gettarsi nell’acqua fredda (le mute erano ancora poco usate) per recuperare i ricci, metterli in una cesta che veniva tirata in secca e subito consumata.
Il più esperto procedeva alla apertura del riccio ed alla consegna ai più piccoli che intingevano un pezzo di pane fresco nel guscio aperto, ritirandolo con il gustoso alimento.

Per i più grandi, un bicchiere di ottimo Vermentino, messo in fresco nella sabbia in riva al mare, non poteva certo mancare!
Con queste modalità di pesca e di consumazione immediata del riccio, il consumo dell’echinoderma era estremamente contenuto, poichè dopo aver mangiato una cinquantina di ricci, con relativo pane,  ogni persona poteva sentirsi appagata ed il vinello fresco faceva il resto………
Poi, a partire dalla Puglia, si è rapidamente diffusa in tutta Italia l’usanza di consumare i ricci in locali appositi
I menu prevedevano ricci assolutamente crudi, serviti a “cinquantine” per volta, su tovaglie di carta, con pane, olive in salamoia e durante la stagione primaverile l’accompagno di fave fresche e formaggio.
La tradizione voleva che si consumassero direttamente dal guscio, aperto a dovere, senza utilizzare posate, con un pezzo di pane fresco. Sotto il tavolo poteva trovarsi un bidoncino dei rifiuti dove man mano vuotare i gusci.
Consumati in questo modo, la media pro-capite si impenna e diventa di almeno 100 ricci!

i ricci di mare si pescano nei mesi con la “R

Infatti questi echinodermi (1) sono vuoti di uova solo d’estate e pieni quasi tutto il resto dell’anno, con un picco produttivo appena trascorso l’inverno …….

Ma continuiamo a scoprire velocemente le ragioni del grave pericolo di estinzione che corre il riccio di mare.

“L’ERA POSTFREEZER”

L’avvento della refrigerazione e della congelazione casalinghe hanno comportato, per il riccio di mare, un vero e proprio cataclisma e non sono esagerato.
Eh si, perchè anche il famoso “turista di massa” (non certo quello che proviene della bella provincia toscana) ha scoperto, bontà sua, che un piattino di spaghetti o linguine, condito con le uova di questi echinodermi è cosa sopraffina!!!

Piatto di spaghetti ai ricci di mare

Piatto di spaghetti ai ricci di mare

Nel corso degli anni dobbiamo ricordare i ritrovamenti dei resti di ricci, negli scavi di Ercolano ad opera della Soprintendenza archeologica di Napoli. O rammentare le elaborate ricette del gastronomo imperiale Gavio Apicio, che li propone in un raffinatissimo pasticcio di verdure e ortaggi lessati, che accompagna la polpa di ricci con polpa di pollo, merluzzo, ostriche, formaggio fresco.

Questo echinoderma, cugino delle stelle di mare, è oggi universalmente apprezzato, non solo nel bacino del Mediterraneo, con l’Italia in prima posizione, ma anche in Francia (in Bretagna si fanno delle grandi “oursinades” dal termine  oursin  che è il nome francese del riccio, vere e proprie feste di paese e in Giappone dove il riccio di mare è protagonista nel sashimi, accompagnato da soia e wasabi oppure con un idea di limone, o servito con mollica di pane.

I cuochi francesi ne vanno pazzi e descrivono i ricci evocando una complessità di sapore inaudita, tra amaro e dolciastro, un sentore radicalmente marino, appena affumicato, con ricordi di nocciola e miele.

la struttura osssea del riccio di mare

il guscio calcareo del riccio di mare – dimensioni

Le popolazioni giapponesi sono state, per lungo tempo, i massimi venditori, poi importatori mondiali.

La pesca moderna del riccio di mare

Ormai il moderno sistema commerciale ha consolidato la vendita delle uova di riccio di mare, anche attraverso la grande distribuzione, confezionate in contenitori di vetro (vasetti) del peso medio di 100 grammi ed sarà doveroso riflettere sul fatto che, per raggiungere il peso di 100 grammi, occorrono all’incirca ben 164 ricci, ma un ristorante riesce a servire dai 50 ai sessanta piatti di “spaghetti“ o ”linguine“ ai ricci di mare, in un solo giorno dei due di ogni fine settimana, consumando quantitativi industriali di uova di riccio che, essendo merce non largamente disponibile con facilità, innesca l’aumento di prezzo sopratutto nei mesi di fermo pesca del riccio con evidente effetto devastante sulla specie.

ARTICOLO su Repubblica di Napoli del 14 gennaio  2020

L’articolo informa dell’individuazione di due pescatori di frodo, partiti da Torre del Greco (Napoli) con un natante, con il preciso intento di andare a recuperare ricci di mare nell’area marina protetta del parco sommerso di Gaiola, nella zona di Posillipo, a Napoli, i due sono stati bloccati in flagrante dai carabinieri del nucleo subacquei e denunciati.

Si tratta di due pescatori di frodo, sorpresi all’alba dai militari che hanno operato d’intesa con il nucleo Tutela Patrimonio Culturale, su richiesta del centro studi interdisciplinari Gaiola onlus (ente gestore del parco).

La “moda” degli spaghetti al riccio di mare sta spingendo i pescatori di frodo a saccheggiare i fondali del golfo di Napoli “per appagare la richiesta dei ristoratori e124335012-91bea404-52a4-4736-92b9-b3688294a303 dei clienti”. Lo denuncia Maurizio Simeone, responsabile del Parco sommerso di Gaiola, area marina protetta nella quale i Carabinieri del Nucleo subacqueo hanno sorpreso due pescatori di frodo, provenienti da Torre del Greco, che avevano già raccolto circa mille esemplari di ricci di mare, molti dei quali di piccole dimensioni al punto di essere quasi privi di polpa e inutilizzabili per la vendita. Simeone spiega che “questa problematica rappresenta una piaga nota da molto tempo lungo le nostre coste. Purtroppo – aggiunge – negli ultimi anni la moda dello spaghetto al riccio di mare ha innescato una recrudescenza esasperata, senza precedenti, di pescatori di frodo che saccheggiano letteralmente i nostri fondali per appagare la richiesta dei ristoratori e in ultimo dei clienti”.

E ancora. “Il fatto che questa gente si spinga da Torre del Greco a svolgere la loro attività illecita fino all’interno della nostra Area marina protetta, dove comunque il rischio e le sanzioni sono molto più gravi, ci fa capire come ormai la presenza di tale specie, lungo le nostre coste sia sempre più scarsa.

Come fatto per i datteri di mare e di recente per le oloturie, sarebbe ora di rivedere la normativa vigente per vietare la pesca del riccio di mare nei nostri mari, anche al di fuori delle Amp, prima che sia troppo tardi“. 

 

Legislazione vigente  nella Regione autonoma della Sardegna.

Il 1 novembre 2019 si è aperta la stagione della pesca del riccio di mare (Paracentrotus lividus) che terminerà il 15 aprile 2020, come stabilito dal decreto dell’Assessore dell’Assessorato all’agricoltura.
La Regione Sardegna ha preso atto della relazione scientifica relativa al monitoraggio degli stock di riccio di mare (Paracentrotus lividus) inviata dall’agenzia Agris Sardegna con nota prot. 16258 del 16.10.2019.
La R.A.S. sulla base del principio di precauzione e in considerazione della forte sofferenza della risorsa riccio di mare in molte aree del mare territoriale, così come emerge dalle evidenze scientifiche – da ultimo rilevate nell’ambito del progetto di Monitoraggio degli stock di riccio di mare – e dalle osservazioni riportate dagli stessi pescatori professionali subacquei, di dover prevedere delle misure gestionali volte a salvaguardare la risorsa, limitando lo sforzo di prelievo e, in particolare, la durata della stagione di pesca, i quantitativi prelevabili, nonché l’orario consentito per il prelievo e per lo sbarco del riccio di mare, da parte sia dei pescatori marittimi professionali, che dei pescatori professionali subacquei e ha previsto (!) una limitazione dei giorni di pesca consentiti su base settimanale sia per i pescatori professionali che per i pescatori sportivi e ricreativi.

La RAS ha stabilito di consentire la pesca del riccio:

a) ai pescatori marittimi professionali, iscritti nel registro dei pescatori marittimi, esclusivamente dall’imbarcazione mediante asta e specchio per ricci” (tradizionalmente chiamato “cannuga”), anche con l’ausilio del coppo, unicamente se in licenza è autorizzato ai sensi di legge l’attrezzo Arpione (HAR)“; per un quantitativo di circa 2.000 ricci se accompagnato da aiutante altrimenti 1.000 per sei giorni su sette.

b) ai pescatori professionali subacquei, in possesso di autorizzazione per la pesca subacquea professionale, in apnea o con l’uso di apparecchi ausiliari per la respirazione, esclusivamente a mano o con l’ausilio di qualsiasi strumento corto atto a staccare il riccio dal substrato; possono raccogliere giornalmente esemplari pari indicativamente a 7 ceste, equivalenti per tre unità lavorative, a circa 3.500 esemplari per sei giorni su sette.

c) ai soggetti che esercitano la pesca sportiva o ricreativa, in apnea e in immersione – senza l’uso di apparecchi ausiliari per la respirazione – e solo manualmente possono raccogliere un numero massimo di 50 ricci al giorno ed esclusivamente per consumo personale per un giorno su sette.

Nel successivo art. 5 la Regione ha poi stabilito che le prescrizioni, di cui al decreto in esame, devono essere osservate anche all’interno delle Aree Marine Protette, delle aree SIC e delle ZPS,  fermo restando il rispetto delle ulteriori limitazioni contenute nei relativi regolamenti e/o piani di gestione.

Successivamente all’emanazione del Decreto, le organizzazioni di protezione ambientale, hanno sollevato un enorme putiferio di proteste, giungendo addirittura a stabilire, con discreta precisione, l’incredibile numero di soggetti di riccio di mare (Paracentrotus lividus) prelevabili nel periodo consentito….. ovvero dal 1° novembre 2019 al 15 aprile 20120.

Si tenga a mente che sono necessari dai 295 ai 1.212 ricci, in base alle dimensioni, per ricavare un chilo di polpa e in 10 anni risultano prelevati dai pescatori professionisti ben 25.320.776 ricci (Fonte GriG).
Hanno avuto immediatamente corso, petizioni, articoli e raccolte di firme, per la moratoria della pesca del riccio per un triennio, che hanno riscosso notevole successo, come quella lanciata dal Gruppo di Intervento Giuridico (GriG) che in pochi giorni ha raggiunto la considerevole cifra di 7500 firme (al 26.11.2019).

L’Assessore della Regione Sardegna è immediatamente corsa ai ripari, emanando un successivo decreto con il quale:
– ha ridotto a 2.000 le quantità di ricci pescati dai pescatori marittimi professionali (punto a) e dai pescatori professionali subacquei  (punto b)  ridotti a 1.000 se privi di accompagnatore;
– ha contraddittoriamente consentito, nella prima parte e successivamente inibito la pesca del riccio di mare  ai soggetti elencati al punto c) ovvero a coloro che esercitano la pesca sportiva o ricreativa, in apnea e in immersione – senza l’uso di apparecchi ausiliari per la respirazione – e che solo manualmente potevano raccogliere un numero massimo di 50 ricci al giorno ed esclusivamente per consumo personale per un giorno su sette.

Ogni commento apparirebbe superfluo!!!

Fortunatamente si va diffondendo nei gestori dei ristoranti una coscienza ecologica, per cui sempre più spesso si legge nei loro locali il cartello:download-1

IN QUESTO ESERCIZIO NON SI CONSUMANO RICCI DI MARE PER CONSENTIRE LA SALVAGUARDIA DELLA SPECIE.

 

 

Concludiamo mestamente  l’articolo con lo stemma della Regione Autonoma della Sardegna, opportunamente modificato per l’abbisogna, con quattro ricci al posto dei quattro mori…

Lo stemma R.A.S. modificato

Lo stemma R.A.S. modificato

 

ATTENZIONE ATTENZIONE ATTENZIONE

E’ il 27 ottobre 2021, sui giornali on line locali apprendiamo la notizia che si attendeva da più di un paio d’anni, si tratta del blocco della pesca del riccio il “Paracentrotus lividus” per un lungo periodo di tempo.

TANTO VA’ LA GATTA AL LARDO …….. che ci lascia lo zampino.

Questo è l’incipit del detto popolare.

Non c’è molto da esultare poichè pensiamo che l’introduzione di un divieto difficilmente riescirà ad innescare comportamenti ecologicamente corretti.

Più facilmente è ipotizzabile che si verifichi una impennata del prezzo delle uova di riccio.

Il divieto esteso fino al 2024 vale per il prelievo, la raccolta, il trasporto, la commercializzazione dei ricci di mare.

La ragione di questa misura risiede “nel rischio di estinzione della risorsa, considerato il massiccio prelievo nell’ultimo decennio“.

In assenza di un drastico intervento, facilmente si potrebbe incappare nella estinzione locale.

Per l’entrata in vigore della legge regionale occorreranno i canonici 60 giorni di attesa dalla data della decisone assunta ieri dal Consiglio regionale, che ha approvato un emendamento specifico alla legge omnibus presentato dalla maggioranza.

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ANNO 2023

La Regione Sardegna imposta la sua campagna informativa, speriamo non “A SENSO ALTERNATO”!

Il banner della Regione Sardegna per il 2023

Il banner della Regione Sardegna per il 2023

 

 

 

 

legenda:

(1) Echinoderma: Il nome deriva dal fatto che essi spesso sono ricoperti da piastre calcaree.

carlo hendel

Carlo nasce nei primi mesi del '50 e trascorre la sua infanzia a Roma, nella zona centrale della capitale, a “due minuti a piedi” da Piazza di Spagna. Di padre polacco e con la mamma abruzzese, Carlo aveva un fratello in Polonia, ed ha tre sorelle: una in Polonia e due in Italia. All'età di 22 anni si trasferisce nel paesino abruzzese di Barete e vi svolge attività libero-professionale per circa dieci anni. Consegue la nomina, da parte del Ministero di Grazia e Giustizia, alla Direzione Agrozootecnica della Casa di Reclusione dell'Asinara, evento che lo farà incontrare con l'isola e con la Sardegna. Vive e lavora con passione all’Asinara, per circa cinque anni, dal 1982. Alla vigilia della trasformazione dell’isola in Parco, partecipa come coautore, al volume “ASINARA” Storia, natura, mare e tutela dell’ambiente (Delfino Editore 1993) curato da A. Cossu, V. Gazale, X. Monbaillu e A. Torre, per la parte riguardante la Storia agricola e l’ordinamento carcerario. ------------------------------------------------------------------------------ L'Asinara non sarà più dimenticata. Blogger dal 2000 sotto vari pseudonimi, e con svariati blog. Nel 2007 pubblica una nota "L'Asinara - La storia scritta dai vincitori" con la quale, per la prima volta, rivendica per l'isola il suo "diritto inalienabile alla storia". Nel 2016 pubblica questo portale personale investendo notevoli energie e risorse solo con l'intento divulgativo e per testimoniare la storia dell'isola senza preconcetti o preferenze, per tutti i periodi e le vicissitudini attraversati dall'Asinara. Prosegue la sua attività lavorativa prima a Castelfranco Emilia (MO), poi a Roma (D.A.P.) ed infine a Viterbo ove maturerà il tempo della agognata quiescenza. All'età di 59 anni la sua vita cambia in modo importante, ma non è questa la sede propria di siffatta narrazione. -------------------------------------------------------------------------------------- Si definisce, da sempre, un ecoagricoltore e ancora oggi, produce olio biologico extravergine di oliva per autoconsumo, coltiva il suo orto con metodi esclusivamente naturali ed alleva animali da cortile. Carlo spesso ama dichiarare di aver avuto cinque o sei vite, ora ha due splendidi nipotini ed un diavolo per capello! Il resto lo lasciamo ai posteri......

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